OPINIONE
Il governo della Cina, nonostante l’accelerazione dell’economia e i
timori di focolari inflazionistici, ha deciso di aumentare da gennaio
i salari minimi mensili nell’area di Pechino del 21% (a 175 dollari),
facendo seguito ad un analogo aumento di 6 mesi fa, per diminuire
squilibri sociali e supportare la domanda interna. Tale cambiamento
impatterà 3 milioni di persone e il suo effetto sui prezzi verrà in
parte compensato da un aumento della produttività.
Sempre al fine di un contenimento dell’inflazione importata il governo
cinese sembra più incline a tollerare una rivalutazione moderata dello
yuan che ha già guadagnato poco più del 3% dopo l’abbandono del peg
col dollaro a metà giugno. Nel 2011 inoltre la Cina aumenterà il
dividendo ( dal 10 di prima al 15% dei profitti post tasse) richiesto
alle maggiori imprese controllate dallo stato per sostenere i servizi
pubblici meno finanziati come salute, educazione, case pubbliche e
sicurezza sociale. Le 122 maggiori imprese statali cinesi, dopo esser
state soggette a un decennio di ristrutturazioni che avevano portato a
decine di milioni di licenziamenti sono diventate profittevoli e dal
2007 hanno iniziato a pagare dividendo allo stato, negli ultimi 5 anni
hanno raddoppiato i profitti e dovrebbero raggiungere il prossimo anno
profitti per oltre 150 miliardi di dollari, di cui -secondo fonti
cinesi – un terzo generato all’estero .
Dati contrastanti sui consumi USA, dove l’indice di confidenza martedì
é sceso dal 54.3 di novembre al 52.5, sotto le aspettative mentre
invece, secondo dati Mastercard, lo shopping natalizio é aumentato del
5.5% rispetto all’anno scorso, incentrandosi su abbigliamento e
settore del lusso. Gli americani, il cui risparmio era stato basso per
più di 10 anni ed è, con la crisi, leggermente aumentato (da 200 a 666
miliardi), continuano ad essere indebitati per il 118% del loro
reddito disponibile, tanto anche se meno del 132%, livello cui erano a
fine del 2007. Il Chicago PMI, indice della forza del manifatturiero
nel Midwest, è invece salito da 62.5 a 68: addirittura il livello più
alto dagli anni ’80 e le richieste di sussidi sono scese ai minimi da
2 anni.
Il 2011 si appresta ad essere un anno impegnativo non solo per
l’Europa, ma anche per il cancelliere tedesco Merkel, visto che 7
regioni tedesche su 16 rinnoveranno i parlamenti locali e il loro
voto, anche dopo la sconfitta di maggio scorso in Renania Vestfalia,
potrebbe essere vitale alla sopravvivenza del governo. Intanto lunedì
l’indice dei direttori agli acquisti (PMI) dell’Eurozona è salito di
quasi due punti a 57.1 indicando fiducia nella crescita della
produzione non solo per la Germania, ma anche per i paesi periferici
che iniziano a migliorare. Complessivamente comunque l’ultimo decennio
da quando la commissione europea nel 2000 aveva definito l’agenda di
Lisbona ha visto l’Europa essere la lumaca del mondo: con una crescita
del 14% contro il 18% di Nord America, il 39% dell’America Latina, il
52% di Singapore, Corea del Sud, Indonesia e Taiwan, circa il 60% di
Africa, Medio Oriente, Russia, il 104% dell’India e il 171% della
Cina. Certo i paesi già più avanzati partono da basi più elevate da
cui è difficile migliorare, ma questo fa pensare a quanto i buoni
propositi europei di 10 anni fa (coesione sociale, protezione
ambientale, rispetto di regole comuni di bilancio..) ben poco abbiano
contato come propulsore di crescita e probabilmente il peggio deve
ancora venire..
Inflazione e materie prime. In Germania i prezzi a dicembre sono
saliti dell’1.2% innalzando consistentemente l’inflazione annua. Se si
guarda più nel dettaglio, le componenti che ne sono state responsabili
sono cibo ed energia, proprio quelle che risentono maggiormente delle
pressioni delle economie emergenti, stimolate dalle politiche super
espansive delle banche centrali occidentali. In Europa siamo al
paradosso di un rischio di una crescita bassissima con tensioni
inflazionistiche indotte: nell’economia globalizzata questo é un
rischio sempre piu frequente. Il prezzo di cereali, ferro e petrolio,
le tre materie prime che alimentano la crescita/il processo produttivo
mondiale e costituiscono fattori critici in termini non solo economici
ma anche politici, sono saliti dal 40% al 150% negli ultimi 2 anni,
portando nei paesi emergenti spinte inflazionistiche che, come nel
caso dei recenti rialzi della Cina, potranno portare a politiche
monetarie riduttive e peggiorando nelle “vecchie” economie (Europa e
USA) la spesa dei privati, diminuita per l’inflazione importata. Non
vi è un credo comune nell’attribuire questi rialzi a fattori legati
alla domanda o all’offerta: se gli aumenti dei prezzi fossero legati
principalmente alla limitatezza dell’offerta (come in parte
sicuramente è) ciò comporterebbe un problema per l’economia reale
perchè la crescita verrebbe smorzata sul nascere da aumenti di
inflazione e tassi. Gli ultimi dati confermano una forte crescita
delle economie asiatiche in seguito alla ripresa del 2010: con
Singapore che è cresciuta al tasso record del 14.7% e le pressioni
inflazionistiche stanno aumentando: per Singapore il dato di dicembre
è atteso al 4.8%, in India sopra all’8%, in Indonesia era 6.9% in
dicembre e anche la Corea del Sud è salita al 3.5%. La Cina (che ha
gia alzato i tassi 2 volte negli ultimi mesi ) ha toccato il record di
5.1% in Novembre e teme in particolare i pericoli di destabilizzazione
sociale da inflazione che nel passato (1989) furono causa di sommosse
popolari di particolare vigore (Tiananmen).
Carry trade. Lo abbiamo visto nel 2009, anno del grande rebound
azionario dove le orse da marzo a settembre erano salite dal 40 ad
oltre il 100% e lo stiamo rivedendo ora: i bassi tassi nell’area euro
e dollaro (in particolare) spingono gli investitori ad indebitarsi a
basso costo in valute deboli (appunto dollaro ed euro) per investire
in attività a rischio (tipicamente equity) in regioni ad alti tassi di
crescita (asia ed EM in generale), fino a che la prossima bolla non
scoppierà queste attività sono destinate a crescere anche se oggi,
rispetto a 2 anni fa, sono state frenate da una serie di barriere
(misure di controllo sui capitali, tasse sui capital gains, interventi
sui tassi di cambio, dazi, etc..) erette dai paesi emergenti.
MERCATI
Settimana natalizia è stata piatta per le borse americane (S&P 500
+0.07%), tanto per cambiare negativa per l’europa (DJ EUROSTOXX 600
-2.00%), con emergenti in tirata (MSCI EM +2.18%): un quadro che ben
sintetizza l’andamento mondiale delle diverse aree economiche e le
prospettive per l’anno appena iniziato.
Grande divergenza tra i settori dove materiali, industriali ed
energetici hanno fatto la differenza con performances dallo 0.80%
all’1.50%.
Il dollaro ha ripreso il suo indebolimento sull’euro scivolando di
quasi un 2% sulla scia del varo del pacchetto di “compromesso sul
budget” varato dall’amministrazione americana per sostenere
l’economia, che, sommato al secondo QE deciso un mese fa porta ad
oltre 1 trilione di USD (1’000 miliardi) le misure di stimolo
all’economia USA.
Il gruppo Vontobel, in questo contesto di bassi tassi e forti stimoli
US, ribadisce il sovrappeso azionario con preferenza su EM ed America
(a discapito dell’Europa) e l’utilizzo di strumenti obbligazionari
flessibili come duration per compensare possibili aumenti dei tassi.
L’unica nuvola sull’equity è l’eccessivo ottimismo (fattore
contrarian) che fa sottendere alla possibilità di una correzione a
breve.
A livello gestionale abbiamo ridotto sulle linee a ritorno totale la
duration della parte obbligazionaria mentre abbiamo aumentato il peso
dell’azionario.
Nel 2010 i mercati azionari si sono mossi in linea con le nostre
previsioni (che erano dal +8 dei paesi sviluppati al +12/15% degli
emergenti) eccedendole sul fine anno. Nel 2011 potremmo assistere ad
un andamento in due fasi, quasi “conico” in cui nella prima parte
dell’anno l’azionario potrebbe continuare a tirare e poi a metà anno,
con l’approssimarsi delle valutazioni economiche sul 2013 ( i mercati
guardano circa un anno in avanti), potrebbe proseguire il rally o
stornare buona parte di quello guadagnato. Da prezzarsi sono le
incognite come uno spostamento dell’attenzione mondiale sulla
sostenibilità del debito americano (che si appresta a sfondare il 100%
senza piani di rientro in vista), bolle in Asia su immobiliare o
materie prime, disordini sociali in Cina legati a questi..
E’ raccomandata una gestione con strumenti attivi degli investimenti
sia azionari che obbligazionari che il mix tra i due.
..Buon Anno!