Risparmio gestito – Più spazio ai consulenti con il multi marca

…e se ai grandi e piccoli gruppi in prevalenza nazionale che finora hanno dominato il comparto non si sostituiranno in futuro operatori internazionali, relegando a un ruolo di nicchia quei pochi intermediari italiani che sapranno ricavarsi una propria specializzazione. Per capire come lo scenario potrà evolvere e quali saranno le conseguenze Bluerating ha chiesto un parere a Paolo Sassetti (nella foto), che dopo esperienze come capo analista azionario e gestore di portafoglio per Pasfin e come Coo e Ceo per la società di venture capital Sopaf International, ha poi optato per la professione di analista finanziario indipendente e consulente di alcune società innovative, oltre ad essere tra i soci fondatori di Gandalf Technologies e consigliere d’amministrazione indipendente dio Fintel Energia Group Spa.

Dottor Sassetti, il futuro dell’asset management in Italia è segnato? Ci sarà solo spazio per grandi “supermarket” della finanza, in prevalenza controllati da gruppi finanziari internazionali, salvo qualche “boutique” che si concentrerà sulla fascia alta del mercato, come negli Stati Uniti e come sembrava emergere qualche anno fa da una analisi della società di consulenza McKinsey?

Non necessariamente. In quell’analisi, McKinsey classificava, oltre ai supermercati (che debbono perseguire la massima efficienza di costo abbinata alla più ampia offerta) ed alle boutique (generaliste), anche gli specialisti (o superspecialisti) di singoli prodotti. Per esempio, potrebbe avere ragione di esistere un gestore altamente specializzato sul mercato azionario italiano, o uno specialista di gestione quantitativa (come potrebbe essere il caso di Digital Sicav), ma la clientela di riferimento dovrebbe essere internazionale. Fare gli operatori di prodotti di nicchia richiede un mercato ampio (si pensi anche al caso Carmignac). Un limite della nostra industria del risparmio gestito è che, anche quando emergono idee imprenditoriali innovative, coltivano solo il mercato di sbocco domestico.

Il processo di concentrazione è destinato a proseguire dando vita alla creazione di “campioni nazionali” italiani o si rischia di vedere le nostre principali società finire sotto il controllo di gruppi esteri?
Il processo di concentrazione va e andrà avanti per ragioni economiche. Per fare un esempio, in passato Symphonia è passata sotto Banca Intermobiliare, ma questa non potrà restare “stand alone” ancora per molto: prima o poi verrà a sua volta assorbita. Anima ha avuto la stessa sorte, e così tante altre società. Non riesco a fare previsioni se saranno prevalentemente le case estere a fare shopping in Italia, però la concentrazione andrà avanti.

A mio parere è anche un’opportunità per quei gruppi che vogliano riposizionare l’offerta con un maggior contenuto di consulenza finanziaria tagliata su misura sui clienti. Prendiamo il caso di Mps, la prima grande banca che ha rinunciato definitivamente alla propria Sgr (per essere precisi anche Intesa Sanpaolo vi aveva rinunciato, ma poi è tornata sui suoi passi): in fin dei conti, gran parte del valore dei prodotti finanziari risiede nella distribuzione, quindi perché legarsi le mani con prodotti medi (o a volte mediocri?) della casa? Senza una propria Sgr, una banca è più libera di selezionare i prodotti di terzi e di imbastirci sopra una attività di consulenza basata sul multimarca. Liberarsi della zavorra (anche “culturale”) dei prodotti della casa è una precondizione per riposizionarsi: certo, non è detto che il riposizionamento riesca ma, almeno, si saranno soddisfatte le condizioni necessarie.

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