Fondi comuni – Chi vince paga. Chi perde, di più

Di Francesca Vercesi

I fondi comuni come le Sicav. Alla luce del prossimo regime di tassazione in materia di legislazione fiscale sui fondi italiani, il senso va proprio in questa direzione: allineare l’Italia agli standard europei. La riforma in arrivo, però, potrebbe finire per complicare la gestione della fiscalità sui redditi finanziari perché le plusvalenze sui fondi comuni, a differenza di quelle realizzate su altri titoli (come azioni e obbligazioni) sono considerate “redditi da capitale” e non “redditi diversi”. Questo trattamento, da tempo già in vigore per fondi e sicav estere, sarà esteso anche ai fondi di diritto italiano. Cosa accadrà ora? Ci sarà il prelievo del 12,5% sui guadagni realizzati (plusvalenze) e l’attribuzione di un credito di imposta del 12,5% sulle perdite realizzate sui fondi (minusvalenze) utilizzabile entro i quattro anni successivi a quello in cui il credito è attribuito. Ma l’inghippo è dietro l’angolo: l’impossibilità di compensare a livello fiscale i guadagni realizzati sui fondi con precedenti perdite (minusvalenze), dato che si possono usare solamente a compensazione del prelievo sui redditi di diversa natura come titoli azionari, obbligazionari e altri. Non su fondi comuni o sicav.

Come analizzare allora la fase di transizione tra il vecchio e il nuovo regime?
Occorre distinguere tra chi già investe in fondi comuni italiani e chi lo vorrà fare dopo il 1° luglio. Chi attualmente detiene quote di fondi comuni italiani e ha deciso di venderle entro giugno è uscito con un valore delle quote già scontato dagli effetti fiscali: sul controvalore al momento del riscatto non è stata applicata alcuna ritenuta d’imposta, né è stata riconosciuta alcuna “minusvalenza”. Chi ha iniziato un investimento in fondi comuni italiani dopo il 1° luglio 2011 deve invece ricordarsi che i rendimenti espressi dalla variazione delle quote del fondo sconteranno gli effetti fiscali solo al momento del successivo riscatto, con il risultato che se la differenza tra il valore delle quote al momento del riscatto e quello al momento della sottoscrizione sarà positiva (ovvero se l’investimento si chiuderà con un guadagno), questa differenza costituirà “reddito da capitale” e su di essa sarà operata una ritenuta d’imposta del 12,5%, senza possibilità di compensazione con altre eventuali minusvalenze accumulate in passato; se, al contrario, la differenza tra il valore delle quote al riscatto e quello alla sottoscrizione sarà negativa (se l’investimento si chiuderà in perdita), questa differenza sarà una minusvalenza e darà origine a un credito d’imposta del 12,5% che potrà essere utilizzato fino al quarto anno successivo per compensare eventuali “redditi diversi” finanziari, conseguiti su titoli azionari, obbligazionari o altro ma non su eventuali future plusvalenze derivanti da fondi comuni, nemmeno lo stesso fondo da cui era stata originata. Per chi invece detiene già dei fondi italiani e decidesse di venderli ora, le regole che valgono sono quelle di cui sopra, con la sola differenza che la variazione delle quote che determinerà l’applicazione dell’imposta (o il riconoscimento della minusvalenza) va calcolata come differenza tra il valore delle quote al momento del riscatto e quello riferito al 1° luglio 2011.

In arrivo, poi, una novità piuttosto rivoluzionaria: una nuova tassa per le operazioni di switch.
Nel mirino dell’Agenzia delle entrate ci sono le operazioni di trasferimento quote da un fondo all’altro. La grande novità della normativa di prossima entrata in vigore riguarda il fatto che tra le operazioni imponibili saranno compresi anche le conversioni o switch tra fondi e comparti. Questo aspetto riguarda sia i fondi italiani sia quelli di diritto estero. Infatti gli switch sono la combinazione di un’operazione di rimborso e una di sottoscrizione; in caso di switch l’eventuale apprezzamento del valore delle quote cedute rispetto al costo medio ponderato alla data di sottoscrizione (reddito di capitale) sarà assoggettato alla ritenuta del 12,50% mentre l’eventuale deprezzamento determinerà una minusvalenza (reddito diverso negativo.) Rispetto al regime precedente, inoltre, come già rilevato per i fondi di diritto italiano, a decorrere dal 1° luglio 2011 il regime naturale dei fondi esteri è diventato il regime del risparmio amministrato (prima si trattava di un regime di natura opzionale). Quest’ultima modalità comporta da un punto di vista operativo, rispetto al passato, l’obbligo da parte della sim collocatrice, di rilasciare una certificazione all’atto di ciascun rimborso, seppure parziale, dove c’è stata una minusvalenza. Il reddito diverso, una volta certificato dal collocatore, potrà essere compensato dal cliente con i capital gain realizzati all’interno di altri rapporti soggetti al regime amministrato (depositi amministrazione e custodia titoli, gestioni patrimoniali in regime amministrato) o con altri redditi diversi da rendite finanziarie conseguiti in regime dichiarativo. Il soggetto tenuto all’applicazione e versamento allo Stato della ritenuta è la sgr di diritto italiano in qualità di sostituto d’imposta. Dal 1° luglio 2011, il regime naturale di detenzione dei fondi italiani (come del resto anche dei fondi esteri) risulta il regime del risparmio amministrato (al quale eventualmente i clienti potranno derogare con apposita richiesta scritta). Pertanto i fondi devono considerarsi virtualmente depositati presso il collocatore (es. la Sim). Questo da un punto di vista operativo comporta che all’atto di ciascun disinvestimento (sia parziale sia totale) è rilasciato da parte del collocatore al cliente un certificato di minusvalenza (redditi diversi negativi) con il quale sono comunicate al cliente le spese sostenute e le eventuali perdite derivanti dal disinvestimento. Le minusvalenze certificate possono essere portate dal cliente in compensazione (nei 4 anni successivi all’anno di formazione) di altri redditi diversi positivi (capital gain) conseguiti in un altro rapporto amministrato (dossier titoli) presso altro intermediario o in regime dichiarativo. Nessuna novità, invece, sulle aliquote fiscali (che rimangono al 12,5%), non ci sono nuovi obblighi dichiarativi per i redditi finanziari. Allora, a cosa deve prestare attenzione il risparmiatore? Deve sapere che vanno considerate lorde le quote che prima erano nette e a gestire le minusvalenze. I fondi comuni italiani, però, nonostante auspichino da parecchi anni l’arrivo della riforma appena passata, non faranno crescere i propri rendimenti, su cui pesano come un macigno i costi che per una grande parte, oltre due terzi (un record a livello europeo), finiscono per andare diretti alle reti di vendita, si leggano gli sportelli bancari e i promotori finanziari.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!