Gli Ucits provano a reagire, ma il 2011 resta un anno da dimenticare

Nonostante i deboli segnali di recupero mostrati negli ultimi due mesi dell’anno, il 2011 non è stato certo un periodo positivo per il settore europeo del risparmio gestito, colpito duramente, soprattutto nel secondo semestre, dalla crisi del debito e dall’elevata volatilità sui mercati, fattori che si sono tradotti in una forte avversione al rischio da parte degli investitori. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Efama – che, raccogliendo i dati di 26 associazioni nazionali, rappresenta il 97% dell’industria europea – quello appena trascorso è stato il peggiore degli ultimi dieci anni in termini di raccolta netta dei fondi Ucits, se si esclude il crollo verticale registrato nel 2008 in concomitanza con lo scoppio della crisi finanziaria.

Complessivamente i fondi armonizzati hanno visto uscire l’anno scorso circa 88 miliardi di euro (+68 miliardi il dato 2010), di cui 55 miliardi sono defluiti dalle casse dei prodotti a lungo termine, e 33 miliardi da quelle dei prodotti monetari. In realtà il 2011 è stato un anno a due facce: il primo semestre si è infatti concluso in territorio positivo per i fondi Ucits, mentre a essere completamente dominata dai deflussi è stata la seconda parte dell’anno. Più nel dettaglio, il momento più drammatico è stato il terzo trimestre 2011 (-83 miliardi la raccolta complessiva), mentre negli ultimi tre mesi il rosso si è progressivamente ridotto, attestandosi tra ottobre e dicembre a -50 miliardi di euro. In particolare nel quarto trimestre 2011 i prodotti monetari hanno registrato una raccolta positiva per la prima volta dal terzo trimestre del 2010, con afflussi per 11 miliardi di euro (-5 miliardi nel periodo luglio-settembre), mentre i prodotti a lungo termine hanno limitato le perdite a -61 miliardi dai precedenti -78 miliardi. All’interno di questa categoria, evidenzia il rapporto di Efama, il miglioramento più consistente è stato quello messo a segno dai fondi azionari, che hanno concluso il periodo con una raccolta negativa per 29 miliardi rispetto ai -43 miliardi del terzo trimestre (-59 miliardi il saldo da inizio anno).

Ma a ridurre le perdite sono stati anche gli obbligazionari, che hanno visto uscire 11 miliardi dai precedenti -22 miliardi (-16 miliardi da inizio 2011) e i bilanciati (-9 miliardi da -15 miliardi). Quest’ultima tipologia di fondi è stata tra l’altro l’unica a concludere il 2011 in terreno positivo, con afflussi per 19 miliardi di euro da inizio anno, complice il desiderio degli investitori di diversificare il portafoglio e di ridurre il rischio in un periodo di elevata incertezza. Complessivamente dunque, segnala Efama, nel quarto trimestre si riscontra un cauto miglioramento del sentiment degli investitori, grazie all’inasprimento della disciplina fiscale e alle misure a supporto delle banche messe in atto dai governi e dalle istituzioni comunitarie, che hanno in parte attenuato le preoccupazioni. Andando poi a suddividere i dati di raccolta dei fondi Ucits relativi al periodo ottobre-dicembre tra i singoli stati dell’area euro, emerge come solo cinque Paesi su 26 abbiano concluso il trimestre con un dato positivo.

Prima tra tutti è stata l’Irlanda, con afflussi per 26 miliardi di euro (+62 miliardi nel 2011), seguita dalla Svezia con 3 miliardi (4 miliardi nel 2011), dalla Danimarca con 600 milioni (1,7 miliardi nel 2011), dal Regno Unito con 525 milioni (13 miliardi nel 2011) e dalla Bulgaria con 6 milioni. Sul fronte dei deflussi invece, tre Paesi hanno registrato un rosso superiore  ai 10 miliardi: la Francia, con -31 miliardi (-90,9 miliardi sull’intero anno), il Lussemburgo con -15 miliardi (-24 miliardi) e l’Italia con -12 miliardi (-30 miliardi). In termini di asset infine, il patrimonio in gestione ai fondi armonizzati ha visto un incremento del 2,9% rispetto al terzo trimestre attestandosi a quota 5.634 miliardi di euro al 31 dicembre 2011 (-6,2% su dicembre 2010). L’incremento più consistente nel periodo ottobre-dicembre si è registrato ancora una volta in Irlanda con un +8,6% su trimestre a quota 820 miliardi, pari al 14,6% del totale, e nel Regno Unito, dove gli asset sono aumentati del 7,6% attestandosi a 648 miliardi (l’11,5% del totale).

 

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