Raiffeisen, continuano a crescere gli indici azionari dei mercati emergenti

Prosegue il forte aumento degli indici azionari dei mercati emergenti – questa dinamica positiva si è però leggermente indebolita dopo i guadagni molto consistenti del mese precedente. E’ questo il quadro tratteggiato da Raiffeisen Capital Management nel suo ultimo rapporto mensile sul mercato dei capitali nei mercati emergenti. “Il massiccio allentamento della politica monetaria da parte della Bce verso la fine del 2011 e le attese di un’ulteriore misura, simile per dimensioni, poi confermata a fine febbraio, hanno un’altra volta posto in secondo piano le preoccupazioni sulla crisi del debito nell’area euro. Da un lato sembra che si sia instaurato una specie di “effetto snervante” nei confronti dell’argomento Grecia. Molti operatori di mercato sembrano considerare sempre meno le speculazioni e le voci che cambiano quotidianamente – nonostante o proprio perché esiste ancora il pericolo di un default disordinato della Grecia”.

 Dall’altro, la Bce con le sue misure sembra essere riuscita a dare un forte sostegno alle aste di notevoli dimensioni dei titoli di Stato italiani e spagnoli in programma nel primo trimestre. Fino a poche settimane fa queste pendevano sui mercati come una spada di Damocle, hanno però avuto relativamente successo grazie all’abbondante iniezione di liquidità da parte della Bce (la quale ha messo a disposizione delle banche oltre 1.000 miliardi di euro di ulteriore liquidità per i prossimi tre anni).

 I rendimenti dei titoli di Stato italiani decennali sono addirittura scesi “solamente” al 5%. Ovviamente dovrebbe essere solo una questione di tempo prima che la crisi del debito europeo torni nuovamente alla ribalta con notizie negative – in fin dei conti, al di là di ogni retorica politica non si intravede ancora nessuna soluzione. Il nuovo patto di stabilità siglato da 25 paesi dell’UE finora non è altro che una dichiarazione d’intenti – quali effetti avrà nella prassi si dovrà ancora vedere. Bisognerà anche vedere, se le misure della BCE riguardo alla Grecia alla lunga non siano assai controproducenti. Dopotutto la Banca centrale europea ha difatti scambiato i titoli ellenici in suo possesso a condizioni privilegiate con nuovi titoli di Stato prima di tutti gli altri creditori. Effettivamente, in questo modo tutti gli altri creditori sono stati svantaggiati e così si è creato un precedente che potrebbe per molto tempo gravare in modo rilevante sui mercati europei dei titoli di Stato. In futuro, in occasione di altre crisi del debito, gli operatori di mercato dovranno tenere presente simili misure – e farsele possibilmente pagare con premi al rischio superiori.

Il prezzo del petrolio nel frattempo continua la sua ascesa – per alcuni paesi emergenti, quali ad esempio la Russia o il Brasile, una “benedizione” – per la maggior parte degli altri, però, tendenzialmente un peso. Esso viene trainato in alto sia da una politica monetaria estremamente espansiva degli Usa, dell’Ue e del Giappone, sia dalle tensioni in continua crescita tra Iran da un lato e Israele e i suoi alleati occidentali dall’altro. Tuttora, la maggioranza degli operatori di mercato sembra comunque partire dal presupposto che almeno fino alle elezioni presidenziali negli USA non ci sarà nessuna escalation militare. La situazione riguardo all’Iran nei prossimi mesi rimane, nonostante tutto, un potenziale fattore di rischio per l’economia mondiale e i mercati finanziari.

Dal punto di vista della congiuntura nella maggior parte dei paesi emergenti, molto continua a segnalare una stabilizzazione almeno temporanea o addirittura una leggera ripresa economica, mentre quasi ovunque i tassi d’inflazione stanno ulteriormente calando. Se il prezzo del petrolio dovesse salire ancora, potrebbero tuttavia sopraggiungere nuovi rischi dall’inflazione. Questo renderebbe più difficile allentare ulteriormente le proprie politiche monetarie alle Banche centrali dei paesi emergenti.

Di seguito la view della società su alcuni Paesi emergenti:

Cina
La Banca centrale ha tagliato il tasso di riserva obbligatoria per le banche dello 0,50%, cosa che d’altra parte permette loro un – moderato – aumento della concessione di prestiti. Tuttora si temono rischi d’inflazione e anche il mercato immobiliare non sembra essersi ancora sufficientemente raffreddato. Gli indicatori congiunturali mostrano un quadro misto – mentre la domanda interna si è ripresa leggermente, le esportazioni sono calate ulteriormente.

Russia 
Com’era da aspettarsi, a inizio marzo Vladimir Putin è stato eletto presidente della Russia per i prossimi 6 anni. L’esito delle elezioni era scontato sin dall’inizio e finora non ha avuto rilevanti ripercussioni sui mercati dei capitali russi. Un impatto ben superiore sui mercati finanziari e l’economia russa lo ha invece lo sviluppo del prezzo del petrolio. Quest’ultimo è salito notevolmente a febbraio a causa delle preoccupazioni riguardo all’inasprimento della situazione in Iran e di fronte alla politica monetaria estremamente espansiva delle Banche centrali negli Usa, nella zona euro e in Giappone.

Repubblica Ceca
I dati congiunturali cechi pubblicati a febbraio sono stati di nuovo relativamente deboli. Le vendite al dettaglio dall’inizio della crisi non sono mai decollate. Perciò, i driver principali della crescita sono stati finora il commercio con l’estero e la produzione industriale connessa. La produzione industriale su base annua mostra però solo lievi incrementi.

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