Fondi, i migliori amici delle donne

Chi investe in fondi comuni di investimento in Italia? Assogestioni ha provato a rispondere con una ricerca intitolata “I fondi comuni nel portafoglio delle famiglie italiane”, presentata la settimana scorsa al Salone del Risparmio di Milano. Analizzando le informazioni anagrafiche e di portafoglio degli investitori individuali residenti in Italia e che nel 2010 (ultimi dati disponibili) avevano sottoscritto almeno un fondo comune di investimento, lo studio ha rilevato come il loro profilo tenda ultimamente a un lento riequilibrio tra i sessi (oggi le donne rappresentano il 43%), cui si è accompagnato un generale invecchiamento, a un tasso superiore rispetto a quello della popolazione italiana, indicativo di un insufficiente ricambio generazionale (l’età media è passata da 51 a 55 anni).

Quanto alle tipologie di fondi più presenti nei portafogli dei sottoscrittori tra il 2002 e il 2010, dall’indagine emerge che il raggruppamento più rappresentativo (27%) è quello caratterizzato da una chiara dominanza della componente obbligazionaria (>75%). I successivi tre profili, in ordine di numerosità, sono quelli relativi ai prodotti flessibili (17,9%), azionari (16%) e di liquidità (14,3%), mentre il profilo a composizione mista azioni-obbligazioni è rappresentativo del 13% dei portafogli. Ma quanti fondi sono presenti nel portafoglio di un investitore? Alla fine del 2010, rileva Assogestioni, circa un terzo dei sottoscrittori ripartiva il proprio investimento tra due o più fondi (portafoglio di fondi). Tra i sottoscrittori di fondi che si affidano alle reti di promotori finanziari, inoltre, risulta nettamente più elevata la probabilità di possedere almeno un fondo azionario (+10% rispetto ai risparmiatori che si rivolgono agli sportelli bancari).

La consulenza delle reti tende a esprimersi, in media, attraverso l’implementazione di portafogli di fondi con una frequenza superiore rispetto al canale bancario. Questo dimostra, ha osservato il direttore dell’ufficio studi di Assogestioni, Alessandro Rota, che “il livello di consulenza e la qualità del rapporto con il cliente che le reti sono in grado di assicurare consentono la creazione delle opportune premesse alla base della scelta anche di prodotti rischiosi.

Per contro, l’affidamento alla consulenza di un promotore finanziario rende meno probabile la detenzione di un fondo di liquidità”. Infine, la ripartizione per area geografica risulta sostanzialmente stabile nel tempo, con il 60% circa dei sottoscrittori residente nelle regioni del nord e detentore di un’analoga percentuale della ricchezza complessivamente investita in fondi, mentre la distribuzione del patrimonio tra i sottoscrittori mostra un’elevata concentrazione, simile a quella della ricchezza totale delle famiglie italiane: il primo 10% di individui per importo investito detiene più della metà del patrimonio complessivo, e l’investimento medio (24.400 euro) è quasi due volte e mezzo il valore mediano (10.000 euro). Il tempo medio di detenzione di un fondo si colloca intorno ai tre anni, e non si evidenziano grosse differenze tra le diverse macrocategorie; solo il 15% dei fondi viene detenuto per periodi superiori ai sei anni.

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