Threadneedle, da rendimento privo di rischio a rischio privo di rendimento

Dopo che Threadneedle aveva ridotto l’esposizione ai titoli azionari europei e asiatici nella fase di ripresa del primo trimestre, i mercati azionari si sono indeboliti nel mese di aprile, quando le borse dell’Europa continentale hanno registrato forti ribassi. I premi al rischio, osserva Mark Burgess , ceo della società di gestione, “sono estremamente elevati nella maggior parte dei mercati. Le obbligazioni high yield scontano molte notizie negative, mentre i bassi rapporti prezzo/utili (previsti e storici) e i rapporti dividendo/prezzo (che in molti paesi superano i rendimenti dei titoli di Stato) rendono attraenti le valutazioni dei titoli azionari rispetto ai dati storici più recenti. I rendimenti dei titoli di Stato sembrano oggi ai minimi assoluti: le obbligazioni inflation-linked offrono agli investitori la possibilità di acquisire tassi di rendimento reali negativi per i prossimi 15 anni. E i contanti non rendono nulla, o quasi”.

“Per la prima volta nell’arco di una generazione, il ‘rendimento privo di rischio’ si è trasformato in ‘rischio privo di rendimento’ e gli investitori che desiderano semplicemente conservare il valore reale dei loro patrimoni sono costretti ad acquistare attivi tradizionalmente molto volatili, come i titoli azionari. In questo contesto, ci siamo sentiti di poter acquisire una piccola parte dei forti premi al rischio, in cambio dei grandi rischi che si profilano all’orizzonte, e mantenere una posizione sovrappesata sui mercati azionari al di fuori della zona euro, concentrando sulla Germania la nostra esigua esposizione a Eurolandia”.

“Le previsioni economiche dei mercati si sono gradualmente allineate alle nostre posizioni più conservative; abbiamo comunque colto l’opportunità di rivedere al rialzo (da 1,5% a 2%) le stime sulla crescita economica statunitense per il 2012, dopo i dati molto positivi del primo trimestre. Malgrado questo innalzamento, restiamo convinti che l’economia statunitense registrerà un rallentamento nella seconda metà dell’anno, in quanto le incertezze in merito alla situazione fiscale alla fine del 2012 ostacoleranno le spese in conto capitale e impediranno un significativo incremento dell’occupazione”.

“La previsione è quella di un abisso di bilancio, il cosiddetto Fiscal Cliff, che vedrà tagli draconiani della spesa pubblica e l’aumento della pressione fiscale sui cittadini, erodendo circa 3,5% del PIL statunitense. Secondo il nostro gruppo di previsione economica, Democratici e Repubblicani giungeranno a una qualche forma di accordo per “smussare” i piani di austerità fiscale previsti dal governo, ma non prima delle elezioni di novembre. Gli incontri con i dirigenti di alcune grosse società statunitensi hanno finora riconfermato ciò che temevamo, ovvero che le decisioni di investimento verranno rinviate fino a che non sarà chiaro in quale contesto fiscale queste aziende si troveranno ad operare. Inoltre, con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre – e in mancanza di una forte dislocazione di mercato causata, ad esempio, dall’Europa – sarà sempre più difficile per la Federal Reserve introdurre nuovi stimoli monetari non convenzionali, il che rischia di mettere a repentaglio la stabilità del mercato obbligazionario”.

“Tornando all’Europa, il neoeletto governo greco dovrà introdurre nuove misure di rigore, che comporteranno un’ulteriore contrazione di 5% del PIL, in un periodo caratterizzato dal continuo incremento della disoccupazione (quella giovanile è arrivata al 50%). Le ripercussioni sociali del sesto anno di recessione in Grecia sono chiare e, in un periodo di rigore estremo, sarà profondamente difficile mantenere la coesione all’interno del paese. Lo stesso vale, anche se in misura minore, per la Spagna, l’Italia e la Francia, ed è probabilmente uno dei motivi per cui fra i leader politici e le autorità europee si comincia oggi a parlare di un “patto per la crescita”. Una situazione che vede la Germania sempre più isolata e che potrebbe essere esacerbata dall’elezione di Francois Hollande in Francia. L’accentuazione delle tensioni potrebbe creare difficoltà sui mercati finanziari. Nell’ambito della nostra allocazione al reddito fisso europeo, laddove abbiamo necessità di esporci a questo mercato, restiamo posizionati in modo estremamente difensivo”.

“A livello economico, le prospettive del Regno Unito non suscitano particolare entusiasmo. I principali partner commerciali d’oltremanica sono immobilizzati in un pantano economico-finanziario-monetario-politico, le ripercussioni dei piani di austerità varati dal governo di coalizione sono solo all’inizio e il quantitative easing è stato almeno temporaneamente sospeso: confermiamo pertanto la nostra stima di crescita zero nel 2012 e abbiamo previsto un rialzo estremamente anemico del PIL, a 1%, nel 2013. Manteniamo una posizione sottopesata nel settore immobiliare del Regno Unito, in quanto riteniamo che le prospettive di diminuzione dei canoni di locazione e di erosione dei capitali derivanti dal contesto economico poco brillante vanificheranno l’attrattiva dei considerevoli rendimenti disponibili in quest’area. D’altro canto, riusciamo a identificare anche numerose aziende di buona qualità e restiamo sovrappesati sui titoli azionari del Regno Unito, grazie alle valutazioni interessanti degli utili generati sui mercati internazionali. I gilt, invece, offrono scarse opportunità di valore e nelle allocazioni di reddito fisso stiamo cercando di ridurre l’esposizione al rischio dei tassi di interesse del Regno Unito”.

“Malgrado le cupe prospettive economiche per i paesi sviluppati, crediamo vi siano moltissimi altri motivi di entusiasmo in quel 50% del pil mondiale rappresentato dai mercati emergenti. L’incremento reale dei consumi è solido e, al contrario di quanto avviene nei paesi sviluppati, sono molti gli strumenti di politica monetaria e fiscale ancora a disposizione delle autorità per sostenere la crescita. Le sfide legate alla prevista transizione politica cinese e al ribilanciamento dell’economia a scapito degli investimenti in attività fisse non vanno certo sminuite, ma siamo convinti che i mercati continuino a sottovalutare il potenziale di creazione degli utili di molte aziende, sia dei paesi sviluppati che dei paesi in via di sviluppo, derivante dalla crescita dei mercati emergenti”.

“All’inizio del 2012 abbiamo visto riconfermate le divergenze che avevano caratterizzato lo slancio della crescita verso la fine dell’anno scorso. Le economie di USA e Giappone hanno aperto l’anno all’insegna di una certa forza, incuranti dei timori legati alla situazione europea. Di conseguenza, abbiamo rivisto al rialzo le stime di crescita in questi paesi per il 2012. L’attività economica è rimasta invece in grande affanno nel Regno Unito e nella zona euro, quest’ultima penalizzata da una periferia bloccata dal peso dell’austerità. I mercati emergenti sembrano avere superato la fase di debolezza della domanda mondiale di fine 2011/inizio 2012 e dovrebbero continuare a sovraperformare”.

“In prospettiva futura, crediamo che l’euforia suscitata dalla ripresa statunitense vada ridimensionata, dal momento che i dati economici di inizio 2012 sono stati condizionati in positivo dalle condizioni climatiche favorevoli, e in previsione delle crescenti incertezze derivanti dall’approssimarsi delle elezioni presidenziali nel secondo semestre. In Europa, la debolezza dei paesi periferici continua a rappresentare un rischio negativo per la regione e, nello scenario peggiore, anche per il resto del mondo. In linea generale, restiamo convinti che le economie sviluppate tenderanno a sottoperformare le aspettative di consenso, con una crescita decisamente sottotono. Al contrario, siamo sostanzialmente d’accordo con le aspettative più ottimistiche relative alle economie emergenti”.

“In questo contesto, sarà interessante osservare le dinamiche di reazione delle diverse banche centrali. Quelle principali sembrano restie a incrementare gli stimoli nel breve termine, anche se, tradizionalmente, le fasi di non interventismo di queste autorità, in cui mercati ed economie sono stati lasciati al proprio destino, hanno sempre avuto vita breve. L’inflazione disciplinata dei paesi emergenti lascia buoni margini di manovra per un eventuale allentamento della politica monetaria, a ulteriore sostegno delle previsioni di sovraperformance per questi mercati”.

 

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!