Iggo (Axa IM): il destino della Grecia è nelle mani della Bce

I mercati hanno reagito negativamente ai recenti eventi politici in Europa che hanno riacceso le incertezze riguardo alle modalità di risoluzione della crisi del debito sovrano nel Vecchio Continente. Ne parla Chris Iggo, cio global fixed income di Axa Investment Managers, nel suo commento settimanale dedicato al mercato obbligazionario.

“Negli ultimi mesi, il cambio di governo in Spagna, la vittoria del candidato socialista François Hollande in Francia e le inconcludenti elezioni generali in Grecia hanno creato dei dubbi sul fatto che l’austerità fiscale prevista dall’accordo di “fiscal compact” raggiunto nel dicembre 2011 sia la strada giusta da intraprendere per risolvere la crisi del debito. E’ diventato meno chiaro se gli obiettivi di riduzione del deficit dei governi saranno raggiunti in tempo, se verranno eseguite le pianificate riforme strutturali e se l’“unità” politica creata a dicembre riuscirà a resistere a fronte della crescente domanda di allentamento delle misure di austerity e di nuove politiche di crescita economica”.

“La crescente incertezza ha comportato un incremento dei premi di rischio del credito sovrano in Europa. Lo spread tra i titoli di Stato tedeschi e quelli spagnoli è salito a quasi 500bp dopo i soli 300bp del 1° trimestre, quando i mercati avevano beneficiato della massiccia operazione repo di lungo termine della Bce. Lo spread sui titoli di Stato italiani ha seguito un percorso analogo mentre si sono ampliati gli spread sul debito delle banche europee, le azioni europee hanno sottoperformato e l’Euro ha perso terreno contro il Dollaro Usa, la Sterlina e lo Yen giapponese sui mercati di cambio. Anche se le banche hanno cercato di ridurre i propri debiti, restano comunque significativamente esposte al debito sovrano e al deterioramento della qualità degli asset in molte parti d’Europa nel caso in cui il clima economico dovesse peggiorare. Mentre i valori dei Tier 1 Capital ratio sono saliti, il pricing del debito bancario indica che, in extremis, le azioni e gli utili trattenuti potrebbero non essere sufficienti a coprire eventuali perdite derivanti da un’importante crisi dei pagamenti sovrani o bancari”.

“La Grecia è ritornata al centro delle preoccupazioni sia dei mercati sia delle autorità politiche. Il risultato inconcludente delle elezioni greche il 6 maggio ha reso più realistico lo scenario di un’interruzione o sospensione del programma di salvataggio del Paese. La mancanza di un governo credibile o l’elezione di un governo anti Ue in seguito ad un secondo ritorno alle urne potrebbe implicare l’incapacità di Atene di proseguire con le riforme strutturali e fiscali e indurre la Troika (Ue, Fmi e Bce) a sospendere i pagamenti alla Grecia. Il governo si troverebbe quindi a dover coprire rapidamente il deficit di bilancio con drastici tagli alla spesa pubblica – il che comporterebbe la possibile interruzione dei pagamenti ai dipendenti pubblici, ai pensionati e ad altri destinatari della previdenza sociale, oltre che ai fornitori del settore pubblico. In Grecia l’attività economica crollerebbe”.

“Tuttavia, se la Grecia resterà o meno nell’Ue dipenderà da ciò che la Bce è disposta a fare in merito. Potrebbe continuare a fornire liquidità alle banche elleniche, consentendo così un minimo funzionamento dell’economia. Ma in definitiva la decisione sarà soprattutto politica e, forse, i leader dell’Unione decideranno – spazientiti – d’impedire che la Bce fornisca altra liquidità. L’uscita della Grecia quindi ha maggiori probabilità di verificarsi oggi rispetto a prima delle elezioni. Le conseguenze di un simile evento sono difficili da quantificare. E’ possibile che si verifichi un default sui debiti nei confronti dell’UE e della BCE e delle rimanenti obbligazioni greche ancora detenute dal settore privato (principalmente banche greche). Inoltre altri paesi periferici potrebbero subire il contagio, in particolare Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia. Nel breve termine, infine, i recenti trend di spread, rischio bancario e ed Euro potrebbero accelerare”.

 “Tuttavia, bisogna evidenziare che l’eventuale uscita della Grecia dall’Euro è una decisione che dipende essenzialmente dalle autorità politiche del Paese e da come queste ultime riterranno di dover rispondere alle necessità e alle aspirazioni della popolazione locale. L’UE sanzionerà un’uscita ellenica unicamente se dovesse apparire evidente che la Grecia non è pronta a rispettare i termini del programma. Tuttavia, un simile evento potrebbe scatenare l’inizio di una nuova fase della crisi, a seconda della reazione dei governi di altri Paesi. Nel caso in cui i governi di altri Paesi periferici dovessero ribadire il proprio impegno verso le riforme – e si sono tutti dimostrati più volenterosi in termini di sforzi per raggiungere gli obiettivi fiscali – allora la Troika potrebbe in realtà mobilitare ancora il suo firewall per finanziare governi e sistemi bancari in quel che rimane dell’Area euro”.

 “La Bce potrebbe ancora fornire finanziamenti di lungo periodo alle banche, ripristinare gli acquisti di titoli di Stato europei sul mercato secondario e tagliare i tassi d’interesse. Un tale scenario potrebbe inoltre porre una maggiore enfasi sulle politiche orientate alla crescita e sull’uso di alcuni dei fondi strutturali dell’UE per finanziare la creazione di posti di lavoro e progetti d’infrastrutture. In conseguenza, gli spread di rischio si ridurrebbero drasticamente. Le azioni europee migliorerebbero e i rendimenti sui titoli di Stato core salirebbero. Un’altra considerazione è che i Paesi creditori potrebbero essere meno motivati a fornire ulteriore sostegno ai restanti membri dell’UE, a causa delle pressioni derivanti dai loro stessi elettori. Questa è un’altra eventualità”.

“E’ probabile che i mercati rispondano positivamente ad una variazione del policy mix austerity/crescita se questo riduce il “rischio d’implementazione” della correzione fiscale. Il problema al momento è che per alcuni Paesi sarà praticamente impossibile raggiungere gli obiettivi concordati di riduzione del deficit, quando la crescita del PIL è così fiacca e la BCE è ancora più “falco” della Fed o della Banca d’Inghilterra. Pertanto, un’estensione del periodo temporale entro il quale consentire ai Governi di ridurre il deficit potrebbe in realtà comportare una riduzione dei rendimenti sul debito sovrano – in un certo senso contro-intuitivamente – poiché gli investitori considererebbero maggiori le probabilità di un ripristino della stabilità fiscale in presenza di una certa crescita e di tabelle di marcia meno draconiane per l’irrigidimento fiscale”.

“Dal punto di vista del mercato obbligazionario, tali questioni prevalgono su qualunque altra. I Treasury Usa, i Bund tedeschi, i rendimenti obbligazionari di Giappone e Regno Unito hanno toccato minimi storici, che gli indici csd hanno ampliato (non aiutati dalle perdite di trading di JP Morgan). Le valorizzazioni sono estreme ma sarà necessario che si verifichino alcuni eventi per invertire i recenti trend. Sul fronte macro, lo scenario già fragile per la debole crescita globale, con divergenze regionali significative, è a rischio a causa della costante reticenza di consumatori, investitori e imprese ad abbandonare un atteggiamento di estrema cautela. Oggi è stato incoraggiante osservare una crescita del pil tedesco all’1,7%, mentre la crescita del pil dell’intera Area Euro nel 1°T è stata pari a zero. La Germania può fare molto per sostenere la crescita nella regione ma non può portare avanti l’Europa da sola, dovendosi inoltre preoccupare della forza delle economie cinese e statunitense; anche la crescita tedesca è a rischio fino a quando non ci sarà un miglioramento della fiducia”.

  “E’ difficile credere che il resto dell’Europa starà a guardare mentre la Grecia collassa, considerati i potenziali rischi sociali e politici associati ad una simile eventualità. E’ tuttavia altrettanto difficile prevedere che la Grecia possa continuare a ricevere finanziamenti senza tenere fede ai propri obblighi verso il resto dell’Unione. E’ ancora possibile che la Grecia riesca in qualche modo a cavarsela ma per fare ciò è necessario che venga eletto un governo il prima possibile. I mercati hanno bisogno di maggiore chiarezza”.

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