Invesco, portafogli alla prova di un rilancio

Gli ultimi anni, e questo in particolare, non sono dei più semplici, eppure c’è chi sta mettendo a segno buoni risultati. Nel caso di Invesco, per esempio, il 2012 è cominciato in modo piuttosto incoraggiante. Infatti, se si dà uno sguardo ai dati diffusi da Assogestioni, la raccolta netta è stata positiva (superiore a 790 milioni di euro a fine marzo 2012) e il gruppo si posiziona come una delle case terze al top di classifica. A spiegare gli obiettivi del gruppo che è impegnato in un roadshow per l’Italia è Giuliano D’Acunti, responsabile della distribuzione retail di Invesco in Italia. Il titolo dell’evento è: “Alla ricerca del giusto equilibrio nel portafoglio. Tre asset class a confronto”. Gli appuntamenti nazionali sono due: il 12 giugno a Mestre presso il B4 Hotels Venezia Mestre in via Don Luigi Peron 4 e il 13 giugno a Bologna al Royal Hotel Carlton in Via Montebello 8.

Cosa sta succedendo sul fronte degli investimenti?

Il panorama economico che si sta delineando segue delle logiche molto differenti rispetto al passato e i risultati che gli investitori si aspettano dai loro investimenti sono da ricercarsi su orizzonti temporali più ampi e con un portafoglio sempre più diversificato, correttamente adeguato al rischio.

Qual è il vostro obiettivo oggi e, nella fattispecie, in Italia?

Il nostro obiettivo è continuare a crescere, consolidare la nostra presenza in Italia e trarre vantaggio dall’essere uno dei principali gestori globali e indipendenti in termini di risorse, qualità dei prodotti e rapporto diretto con i nostri clienti e distributori. Con specifico riferimento alla clientela italiana, credo che sia sempre più evidente quanto gli investitori siano oggi più consapevoli rispetto al passato delle loro reali esigenze finanziarie e di come sia cresciuta la loro propensione nel richiedere informazioni e servizi di elevata qualità.

Quindi c’è un nuovo modo di fare il prodotto?

Questa maggiore consapevolezza ha modificato lo scenario di riferimento: prima il prodotto veniva semplicemente offerto al cliente, oggi è necessario che “l’atto” di vendita venga supportato da informazioni specifiche, comunicazione di prodotto e soprattutto consulenza postvendita. Questo non è un dettaglio da poco poiché implica investire sulla comunicazione, sulle reti di vendita e soprattutto sui prodotti.

Parliamo di asset allocation…

Per noi di Invesco ogni asset allocation deve tenere in considerazione variabili importanti, quali la propensione al rischio e l’orizzonte temporale di ogni singolo cliente. L’attuale contesto economico ci porta a ritenere che le maggiori opportunità sul fronte obbligazionario siano ancora concentrate sulle obbligazioni corporate europee, in particolare all’interno del settore finanziario. In aggiunta, ritengo che l’investimento su obbligazioni societarie debba essere considerata un’asset class strategica all’interno dei portafogli degli investitori, visto che l’investimento sui titoli governativi dei paesi sviluppati ha perso la sua connotazione di investimento privo di rischio. Tra l’altro, i flussi in entrata sul nostro comparto Invesco euro corporate bond (soprattutto nella versione con stacco cedola mensile) dimostrano questo trend. Sul fronte azionario, Invesco ribadisce la necessità di considerare le azioni asiatiche come un investimento imprescindibile, alla luce dei macro trend sociali di questa area geografica. Infine, emerge sempre più chiaramente in Italia, come già accaduto sul mercato statunitense, la necessità di avvalersi di prodotti multi-asset in grado di ponderare correttamente il rischio legato alle diverse asset class (azioni, obbligazioni e materie prime). Su questo fronte, un’importante risposta dal mercato si è evidenziata nel successo in termini di raccolta ottenuto dal fondo Invesco balanced risk allocation.

Qual è la vostra visione macro?

Il problema principale dell’uscita dall’euro e del fallimento è rappresentato dalla possibilità di contagio di altre economie. Se la Grecia dovesse uscire dall’euro e introdurre una nuova dracma permettendone il successivo deprezzamento e accettando il fallimento su tutti i debiti detenuti dall’esterno, i risultati sarebbero positivi: nel giro di qualche mese la competitività sarebbe ristabilita e l’economia tornerebbe a crescere. Per evitare il rischio di contagio, le autorità europee dovranno prevedere opportuni meccanismi di protezione. L’uscita dall’euro e il fallimento porterebbero a gravi conseguenze per i mercati finanziari e alti costi in termini di perdite in conto capitale per i detentori delle obbligazioni greche, maggiori rispetto a un anno fa, anche dopo la revisione del debito greco di marzo. Ma qual è l’alternativa?

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