In questo quadro difficile, il risparmio gestito svolge un importante ruolo per la stabilità e per la crescita dell’economia del Paese. Con queste parole Domenico Siniscalco, presidente di Assogestioni, ha inaugurato il Salone del Risparmio, senza omettere di ribadire, subito dopo, il forte calo registrato dalla propensione al risparmio. Sono passati tre mesi, le cose si fanno più complesse e il concetto politico dell’Europa è sempre più messo in discussione. Eppure il 2011 è stato tutto un susseguirsi di normative europee (che entreranno in vigore tra la fine del 2012 e la metà del 2013) e di nuova tassazione, proprio in nome del tentativo di armonizzare la materia di risparmio e rendere più flessibile un ambito tanto regolamentato.
Sta di fatto che “la propensione al risparmio si è ridotta notevolmente”, continua Siniscalco, “ma sarei stupito se questo non fosse successo. Il fenomeno è stato evidentemente aggravato dalla crisi economica e la situazione del debito dello Stato rende le cose ancora più difficili. In questo contesto non facile il risparmio svolge un triplice ruolo, molto difficile. Il primo di ammortizzatore della crisi, uno di trasferimento al futuro del potere di acquisto delle famiglie e uno precauzionale”, aggiunge, augurandosi un miglioramento del quadro delle economie europee. Sta di fatto che, scorrendo il Fact Book annuale uscito online lo scorso 26 giugno, alla fine del 2011 il mercato italiano del risparmio gestito contava masse complessive per poco meno di 940 miliardi di euro, pari a circa un quarto delle attività finanziarie delle famiglie e al 60% del Pil. Queste masse di risparmio risultavano ripartite tra prodotti di gestione collettiva (fondi comuni aperti e chiusi, rispettivamente il 45% e il 5% del totale) e servizi di gestione di portafoglio su base discrezionale (mandati conferiti da clienti istituzionali e retail, rispettivamente pari al 40% e al 10% del totale). E, rispetto al 2010, lo scorso anno le masse sono scese del 7% circa. Ma a questo punto, con quello che sta succedendo nel mondo e sui mercati, con la disaffezione e la sfiducia degli investitori nei confronti del sistema del risparmio gestito e dell’industria a questo connessa, “il 2012 sarà cruciale per comprendere se le dinamiche che si sono evidenziate (o rafforzate) nel corso della crisi si confermeranno anche nell’ambito di mercati finanziari più normali”.
“Si rivelerà fondamentale, allora, la capacità dell’industria italiana di cogliere le opportunità che verranno a galla con la piena entrata in vigore della Ucits IV (e di quelle a venire) e con l’evoluzione dell’assetto regolamentare in materia di distribuzione dei prodotti finanziari, sulla base dell’esito del dibattito in corso sulla revisione della Mifid”. I prossimi mesi, insomma, saranno densi di novità ma, nonostante le tante iniziative in cantiere, si deve ancora rimanere in attesa di capire modi e tempi del cambiamento. Una cosa, però, è certa ed è ribadita all’interno del documento. “Il 2011 ha allontanato i risparmiatori dal mercato finanziario”, commenta Alessandro Rota di Assogestioni. E tra le priorità, oggi, servirebbe “un’azione di stimolo di lungo termine che possa far fronte alla ridotta capacità delle famiglie di mettere i soldi da parte e alla ritrosia della clientela istituzionale, il cui contributo finora è stato troppo timido sia in confronto ai principali Paesi sviluppati sia alla luce della progressiva riduzione della copertura pubblica del sistema previdenziale.
Scorrendo il testo, si passa alla riforma della tassazione dei fondi italiani. Nel febbraio del 2011, dopo anni di disallineamento è stata approvata la riforma della fiscalità dei fondi comuni d’investimento italiani. L’industria è così passata da un’imposta sui redditi “maturati” direttamente in capo al fondo, a una tassazione applicata all’investitore al momento del riscatto, equiparando il trattamento fiscale dei fondi italiani a quello dei prodotti comunitari. “La riforma”, fanno sapere gli esperti, “ha eliminato le distorsioni fiscali di cui l’industria del risparmio gestito ha sofferto per più di dieci anni”. Dal primo gennaio, poi, è entrata in vigore la nuova disciplina di tassazione delle rendite finanziarie che prevede l’introduzione di un’unica aliquota al 20%. Una modifica che ha riguardato anche i proventi dei fondi comuni di investimento e dei risultati delle gestioni patrimoniali, fatta salva la quota di provento riferibile all’investimento in titoli pubblici. La ritenuta del 12,5% vale ancora e soltanto per le obbligazioni e gli altri titoli per cui è prevista una deroga esplicita all’aliquota unificata del 20%. E dal primo luglio 2011 la tassazione avviene in capo ai partecipanti al momento della percezione dei proventi. L’industria della gestione del risparmio assisterà a un consolidamento della tendenza a una maggiore istituzionalizzazione del mercato, mentre “è molto difficile fare previsioni sulla dinamica di sostituzione tra fondi italiani ed esteri che, nel corso degli anni, ha progressivamente impoverito la nostra piazza finanziaria, sia pure in maniera non irreversibile”, si legge ancora nel Fact Book.