Bnp Paribas Am: azioni ancora più in alto, ma il rialzo è in frenata

NOVITA’ IN GB – Le elezioni parlamentari nel Regno Unito hanno fatto registrare un risultato inatteso, mentre la situazione politica resta turbolenta negli USA e le banche centrali stanno gradualmente inasprendo la politica monetaria malgrado la frenata dell’inflazione e alcuni dati macroeconomici divergenti, spiega Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Asset Management. A dispetto di queste difficoltà, i mercati azionari sono riusciti a salire ancora dopo il nostro ultimo aggiornamento settimanale. Tuttavia, il livello elevato delle quotazioni ha indebolito la dinamica del rialzo, sinora sorretta da un calo dei rendimenti obbligazionari che ha determinato l’appiattimento delle curve dei tassi.

ELEZIONI IN GRAN BRETAGNA: RISULTATO INATTESO – Il Partito conservatore non è riuscito a mantenere la maggioranza assoluta in parlamento, e tale risultato ha avuto gli effetti più evidenti sulla sterlina. La valuta britannica si era già indebolita nelle settimane precedenti l’appuntamento elettorale – man mano che i sondaggi registravano una lenta erosione del vantaggio dei Tory rispetto ai Laburisti – ma dopo il voto ha perso l’1,7%. Invece, con un andamento tutt’altro che raro negli ultimi tempi, il principale indice azionario FTSE 100 è salito sulla scia del deprezzamento della sterlina. Nel comparto obbligazionario, i rendimenti del debito del Regno Unito hanno registrato una breve impennata, ma il mercato si è calmato rapidamente. I dubbi degli analisti adesso riguardano la composizione del nuovo governo di Londra e gli effetti del voto sui negoziati per la Brexit. Theresa May potrebbe restare alla guida del paese, ma ha bisogno del sostegno del Democratic Unionist Party, che ha posizioni più conservatrici sui temi etici ed è particolarmente sensibile alle conseguenze di una Hard Brexit per il confine tra l’Irlanda del Nord – la sua roccaforte elettorale – e il Regno Unito. Nel complesso, la probabilità di una Hard Brexit – ovvero di uno strappo con l’UE senza compromessi – è diminuita e dunque, a nostro avviso, il deprezzamento della sterlina sembra lievemente eccessivo. Ad ogni modo non abbiamo modificato le nostre posizioni: manteniamo un sottopeso sul mercato azionario britannico rispetto alla zona euro, ritenendo che le stime degli analisti riguardo agli utili delle imprese britanniche siano troppo elevate. Inoltre, un eventuale recupero della sterlina dovrebbe indebolire le quotazioni a vantaggio della nostra strategia azionaria, sottolinea van Leenders.

FRANCIA & ITALIA: SI ALLONTANANO I RISCHI – Dopo aver vinto le elezioni presidenziali, adesso Emmanuel Macron pare avviarsi a una vittoria nel secondo turno delle elezioni legislative, che si terrà la settimana prossima. Inoltre, la probabile affermazione del MoDem (centro-destra) come secondo partito fa ben sperare per le prospettive delle riforme strutturali e dovrebbe ridurre significativamente i rischi legati alla politica, fa sapere van Leenders. La settimana scorsa è parso che i partiti politici in Italia avessero trovato un accordo sulla legge elettorale. Tale accordo avrebbe aperto la strada alle elezioni legislative, probabilmente già a settembre. Le intenzioni di voto favorevoli ad alcuni partiti euroscettici rilevate dai sondaggi hanno trascinato al ribasso gli indici azionari e favorito un ampliamento degli spread. Tuttavia, alla fine l’accordo elettorale è saltato mentre i risultati delle elezioni locali hanno registrato un indebolimento del principale partito euroscettico, facendo scemare anche in Italia i rischi legati ad un voto anticipato. Sui mercati obbligazionari i rendimenti decennali italiani sono tornati vicino al 2% e il differenziale rispetto ai Bund tedeschi è diminuito.

BANCHE CENTRALI: VERSO UN GRADUALE RIENTRO DALLE POLITICHE ESPANSIVE – In linea con le attese, la BCE non ha modificato né tassi di interesse né il programma di acquisto di attivi. È possibile che le ultime proiezioni degli analisti della banca centrale abbiano deluso i mercati: in effetti, l’inflazione core dovrebbe collocarsi solo all’1,7% nel 2019, chiaramente al di sotto dell’obiettivo fissato “vicino al 2%”. Tuttavia, il Consiglio direttivo ha mandato due segnali chiari del fatto che si sta preparando a riassorbire le politiche non convenzionali. La BCE infatti ha eliminato l’orientamento espansivo dalle indicazioni prospettiche ed ha corretto la bilancia del rischio percepito portandola da negativa a neutra. A nostro avviso, la BCE annuncerà entro fine anno l’avvio della contrazione del programma di acquisto di attivi, e tale decisione dovrebbe prescindere dai dati economici reali visto che la banca centrale si è imposta dei vincoli riguardo ai titoli acquistabili nel quadro del programma. Infatti, qualora la BCE non avviasse una riduzione degli acquisti l’anno prossimo, l’efficacia del programma risulterebbe limitata dai suoi stessi vincoli. Ad ogni modo, la BCE potrebbe giustificare questa decisione con varie motivazioni. Anzitutto, la banca centrale ha dichiarato che l’attuale dinamica ciclica positiva ha fatto salire le probabilità di una ripresa economica superiore alle attese, mentre si sono dissolti i rischi di deflazione. Inoltre, è probabile che la BCE rimarrà sul mercato obbligazionario ancora a lungo poiché reinvestirà i proventi del rimborso dei titoli arrivati a scadenza. Resta da vedere se ciò basterà a calmare eventuali timori del mercato per l’inasprimento delle condizioni monetarie. Se la crescita tiene, è probabile che i mercati restino calmi, anche qualora la BCE avviasse la contrazione degli acquisti in un contesto di bassa inflazione. Per il momento questo è lo scenario più probabile prospettato dai nostri esperti. Per quanto riguarda gli USA,  aggiunge van Leenders, in base ai prezzi dei future sui federal fund, il mercato accorda una probabilità del 95,7% ad un aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve questa settimana. Al momento, però, la banca centrale statunitense pare maggiormente interessata a orientare la propria politica monetaria verso una posizione neutra, per diversi motivi: il mercato del lavoro presenta scarsi margini di calo della disoccupazione (almeno questa era la situazione a inizio anno), mentre l’inflazione sembrava in accelerazione; sinora le condizioni finanziarie non si sono inasprite malgrado i rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve mentre la crescita globale si è rafforzata; infine, la politica fiscale statunitense presenta ancora potenzialità per stimolare la crescita e l’inflazione. Tuttavia, bisogna ammettere che l’espansione dell’attività economica è risultata fiacca nel primo trimestre, mentre di recente l’inflazione ha frenato attestandosi sul ritmo più lento dal dicembre del 2015. Tali andamenti sono stati accompagnati da un calo dei rendimenti obbligazionari e delle attese d’inflazione. In effetti, piuttosto che focalizzarsi sui rialzi dei tassi, vari funzionari della Federal Reserve hanno mostrato di preferire una contrazione del bilancio della banca – gonfiato dal QE – da avviare verso la fine dell’anno. L’impatto di questa misura sui rendimenti è incerto ma pare probabile che possano emergere delle pressioni al rialzo, in particolare se la BCE comincia a ridurre i propri acquisti. Pertanto manteniamo una posizione strutturalmente short in termini di duration. I mercati azionari potrebbero tenere nel breve termine, ma la maturazione del ciclo economico in presenza di condizioni finanziarie più severe rappresenta un rischio da monitorare.

DATI MACROECONOMICI: MERCATO DEL LAVORO USA, CRESCITA IN GIAPPONE… In maggio l’economia statunitense ha creato solo 138mila nuovi posti di lavoro e la crescita dei due mesi precedenti ha subito una notevole correzione al ribasso. Tuttavia, alcuni indicatori come il numero degli impieghi disponibili, i licenziamenti volontari e le nuove richieste di sussidio di disoccupazione indicano che il mercato del lavoro è ancora vivace. Ad ogni modo, le indicazioni per le prospettive degli investimenti societari desunte da ordinativi e spedizioni di beni capitali – come anche l’espansione del credito che ha notevolmente rallentato – rappresentano un buon motivo per restare cauti, rimarca van Leenders. In Giappone, la crescita del PIL nel primo trimestre ha subito una sostanziale correzione al ribasso passando dal 2,2% ad appena l’1% su base trimestrale annualizzata. Tuttavia questo dato appare più negativo di quanto sia in realtà. Infatti, la maggior parte della revisione al ribasso è riconducibile all’andamento delle scorte. La crescita dei consumi privati ha subito una lievissima flessione e gli investimenti societari sono stati rivisti al rialzo. Pertanto l’economia nipponica pare ancora ragionevolmente robusta, e in effetti l’Economy Watchers Survey e la fiducia e i consumatori negli ultimi tempi si sono rafforzatiIn Cina, i dati di maggio relativi all’interscambio commerciale sono risultati migliori del previsto, con le esportazioni in crescita dell’8,7% e le importazioni del 14,8% su base annua, anche se il trend complessivo dell’import/export non pare particolarmente dinamico. Inoltre, le autorità monetarie stanno inasprendo le politiche correnti, in particolare per quanto riguarda il sistema bancario ombra, facendo salire i tassi di interesse interbancari, con effetti negativi sulla crescita del credito e, probabilmente, per le banche più piccole. Il rallentamento dell’attività creditizia potrebbe essere positivo nel lungo periodo, ma trovare il giusto equilibrio tra crescita economica ed espansione del credito a breve termine è a dir poco difficile. Per quanto riguarda gli altri paesi asiatici, la crescita dell’interscambio commerciale sembra aver toccato il punto di svolta in Corea del Sud e a Taiwan. Stiamo tenendo d’occhio questi paesi in particolare poiché rappresentano delle economie cicliche con una forte esposizione alla crescita sia a livello locale sia a livello globale. Secondo i nostri esperti, il rallentamento della crescita delle esportazioni è legato alla frenata dell’inflazione in diversi paesi asiatici che sta gettando forti dubbi sulle prospettive di reflazione a livello globale.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: FINE DEL SOTTOPESO AZIONARIO E ROTAZIONE NELL’IMMOBILIARE QUOTATO – Il sottopeso nel comparto azionario – che ormai perdura da tempo – ha penalizzato la performance malgrado la copertura di vari rischi direzionali attraverso strategie basate su opzioni. Ad ogni modo, le nostre valutazioni di fondo sulle azioni non sono cambiate: i titoli sono troppo cari, soprattutto negli Stati Uniti in base ai multipli attuali che si collocano su un livello superiore ad una deviazione standard rispetto alla media quinquennale o di lungo periodo. In realtà, le quotazioni azionarie integrano prospettive di crescita e inflazione molto positive, e i mercati hanno ignorato i multipli e sono saliti ancora. Gli indici sono stati sorretti anche dalle revisioni al rialzo delle stime sugli utili, ma a nostro avviso le tali aspettative sono eccessivamente elevate, in particolare per quanto riguarda il Regno Unito. Pertanto abbiamo mantenuto una posizione sottopesata nel mercato azionario britannico rispetto a quello dell’area dell’euro e al momento deteniamo posizioni neutre negli Stati Uniti e in Giappone e un sovrappeso nell’eurozona. Nel settore immobiliare abbiamo realizzato i profitti maturati sulla posizione sovrappesata in Europa poiché le quote dei fondi immobiliari dell’eurozona al momento paiono care rispetto al valore patrimoniale netto. Negli Stati Uniti, le valutazioni sembrano interessanti e la domanda dovrebbe continuare a migliorare grazie alla vivacità del mercato del lavoro e di altri indicatori della domanda, mentre questi attivi dovrebbero beneficiare anche dell’offerta limitata di nuovi immobili. Il rialzo dei tassi di interesse rappresenta un pericolo, ma alla luce dei fattori positivi appena menzionati, siamo disposti a correre questo rischio, conclude van Leenders.

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