Merz (Vontobel Am): “Rendimenti e sostenibilità, giusto mix per il portafoglio”

Un numero variabile di azioni tra 30 e 60, che hanno in comune alcune caratteristiche: un notevole potenziale di crescita, appartengono a società dei Paesi emergenti, sono leader nei rispettivi mercati e attente alle tematiche Esg (environment, social, governance) cioè alla sostenibilità ambientale e sociale, oltre che alla trasparenza del business.

Si compone così il portafoglio del fondo Sustainable Emerging Markets Leaders di Vontobel Asset Management. BLUERATING ha intervistato Roger Merz (nella foto), portfolio manager di questo prodotto.

Può descrivere, in sintesi, la strategia d’investimento del fondo?

Cerchiamo di individuare aziende che abbiano una notevole profittabilità misurata in base a diversi elementi. Il primo è il Roic (Return on invested capital, n.d.r) cioè il rendimento del capitale investito. A questo indicatore si aggiungono altri fattori come i vantaggi competitivi acquisiti dall’azienda, le valutazioni a sconto dei suoi titoli sul mercato rispetto al valore intrinseco della stessa società e la qualità del management, che deve possedere la leadership giusta per affrontare efficacemente le questioni legate alla sostenibilità del business.

Qualche esempio?

Quando cerchiamo delle società su cui investire in un determinato Paese, per esempio in Thailandia o in Indonesia, puntiamo a identificare le imprese leader e a capire se sono in grado di avere una crescita duratura nel tempo e sono capaci di reinvestire in maniera intelligente i propri flussi di cassa. Si tratta di qualità importanti che permettono alle aziende di avere una elevata redditività del capitale investito e di espandere la propria offerta di prodotti.

Cosa dobbiamo aspettarci sui mercati emergenti nella seconda parte dell’anno?

Al di là dei rischi legati alle politiche commerciali, all’incertezza politica e a un possibile ritorno al protezionismo negli Stati Uniti, riteniamo che i fondamentali delle economie emergenti stiano migliorando. Un esempio di questo scenario si ha in Russia e Brasile, ma pensiamo che anche in Cina la situazione macroeconomica si stia stabilizzando. In generale sui mercati c’è la tendenza a non considerare abbastanza la capacità delle aziende dei Paesi emergenti di avere una redditività e una crescita dei flussi di cassa sostenibili nel tempo. Il che ci mette di fronte a notevoli opportunità quando acquistiamo titoli di aziende sottovalutate rispetto al loro valore intrinseco.

Ci sono dei settori o Paesi che, secondo voi, sono in questo momento interessanti?

Seguiamo una strategia di investimento bottom-up, che ha lo scopo di individuare azioni che sono sottovalutate e hanno un notevole potenziale di rialzo nel lungo periodo. Di conseguenza la costruzione del portafoglio in base ai settori e ai singoli Paesi è per noi una strategia che possiamo definire residuale. Fatta questa premessa abbiamo comunque un sovrappeso in alcuni comparti e aree geografiche.

Quali?

Per esempio nel settore finanziario e nell’information technology dove vediamo molte opportunità generate da una crescita strutturale di lungo periodo. E abbiamo qualche posizione notevole anche nel comparto dei consumi discrezionali. Il settore tecnologico in particolare in Asia è competitivo e innovativo, visto che il 30% dei profitti aziendali viene mediamente reinvestito nelle attività di ricerca e sviluppo.

A livello geografico invece quali sono le vostre preferenze?

Abbiamo un sovrappeso sulla Cina che ha un mercato abbastanza ampio. Se si escludono le industrie più tradizionali e i settori legati alle materie prime, la profittabilità di alcune selezionate aziende cinesi è abbastanza elevata. Altri Paesi che incontrano le nostre preferenze sono la Corea del Sud e Taiwan.

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