Fidelity, “negli investimenti la parola d’ordine è high yield”

LA CHIAVE È L’HIGH YIELD – C’è ancora spazio di crescita sul fronte high yield. Nella rimodulazione dei portafogli a cui si sta assistendo, sulla scia delle incertezze che oscillando tra la crescita economica globale e una politica monetaria ancora da definire, dopo le ultime decisioni della Fed di allungare i tempi del tapering le obbligazioni societarie ad alto rendimento sono di nuovo col segno più.

DOVE INVESTIRE – Da Londra, Andrew Wells (nella foto) , global chief investment officer del fixed income, investment solution and real estate di Fidelity Worldwide Investment fa sapere che, in un’ottica strategica dal punto di vista dell’investimento, all’interno di un portafoglio diversificato, “l’high yield è una buona soluzione per far crescere l’income&carry dove il valore del credito è ancora evidente”. Segno più anche per i bond inflation linked, “per tutelarsi dall’inflazione e dalla potenziale futura crescita dei tassi di interesse”. Certo, non è questo un contesto in grado di produrre grandi rendimenti (tanto che Fidelity dal punto di vista dell’asset allocation globale si dice allineata nel preferire l’azionario all’obbligazionario) ma il fiex income è tutt’ora in grado di fornire del ritorno sull’investimento, la gestione delle passività e una certa stabilità. “Molte aziende presentano solidi fondamentali, livelli di liquidità elevata e prospettive in costante miglioramento grazie alla crescita economica e non sono da escludere ulteriori operazioni come quella di Verizon. Infatti continuiamo a vedere molto interesse verso le obbligazioni societarie”, aggiunge Wells. Taglia corto il manager: “Anche per questo non si sta assistendo a una rotazione dall’equity al fixed income, anche se il contesto non è dei migliori, tra la grande volatilità a livello di spread dei paesi periferici e un’instabilità politica che, in molti casi, non può che creare incertezza”.

I SETTORI SU CUI SCOMMETTERE – Quanto ai settori, sull’immobiliare il gruppo è passato dal sovrappeso alla neutralità. Sottopeso invece sulle materie prime, metalli preziosi a parte. Il finanziario, infine, offre delle opportunità ma a causa del processo di regolamentazione che sta affrontando il sistema bancario, siamo piuttosto cauti, in particolare sul fronte dei subordinati”, precisa Wells. Sul fronte del debito governativo dei paesi periferici, invece, da Londra il pollice è verso. Paesi come Italia o Spagna stanno affrontando un’incertezza politica che non ci consente di essere positivi. Vogliamo dare stabilità ai nostri investitori. Avevamo preso un pò di debito italiano nei mesi scorsi, quando le cose sembravano più gestibili, ma ora preferiamo la cautela. Lo stesso dicasi dei paesi emergenti, «che hanno sofferto molto della debolezza della Cina. Meglio essere molto selettivi”. Infine il dollaro. Come ovvio, la decisione della Fed di non interrompere l’acquisto di obbligazioni, non ha mancato di avere un impatto anche sul dollaro Usa. Quest’ultimo, nella comparazione con sterlina o euro, è sceso a un livello piuttosto basso. Ma, nonostante questo, la Fed con ogni probabilità, “sarà la prima grande banca centrale a dare avvio a una manovra restrittiva”, conclude il manager di Fidelity. E questo potrebbe portare nel lungo termine alla rivalutazione del dollaro.

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