M&G: uno sguardo all’Asia tra fondamentali societari e contrazione del credito

I MERCATI EMERGENTI – “Restiamo preoccupati per i mercati emergenti, a causa di diverse questioni interne sommate a vulnerabilità esterne: con la crescita economica alimentata da un’eccessiva espansione del credito, i saldi delle partite correnti in deterioramento e il potenziale rischio di contagio in caso di cambio di rotta nella politica monetaria da parte della Fed (che farebbe di nuovo rientrare i flussi di capitale verso Stati Uniti ed Europa), non si può escludere con certezza un’altra massiccia ondata di vendite”. Lo scrive in una nota Nicolò Carpaneda, investment specialist di M&G (qui la notizia precedente). “Se a questo aggiungiamo le valutazioni ora tutt’altro che vantaggiose, il quadro macro complessivo dei mercati emergenti continua ad apparire piuttosto scoraggiante”.

UNA SITUAZIONE DIFFICILE – Ma com’è la situazione a livello societario? “La contro-argomentazione alla nostra cautela sulle prospettive macroeconomiche è l’esistenza nei mercati emergenti di diverse aziende con bilanci sani, a dispetto dell’economia spesso stagnante nei rispettivi Paesi. Perché non investire in società multinazionali solide con sede nell’area emergente, se possono vantare bilanci in ordine, flussi di cassa consistenti, quote di mercato significative a livello globale nei rispettivi settori e una buona capacità di diversificazione dei ricavi su scala internazionale? Diamo uno sguardo più da vicino. Osservando l’universo societario asiatico in particolare”, continua Carpaneda, “sembra che quest’ultima ‘roccaforte’ stia crollando sotto il peso del grave deterioramento dei fondamentali delle imprese. Le prospettive economiche in peggioramento, la crescita rallentata e il ridotto accesso al credito dal sistema bancario stanno creando una situazione difficile”.

AZIENDE ASIATICHE IN CONTROLUCE
– “Il debito societario ha ripreso a crescere”, prosegue Carpaneda, “con le imprese che oltre ad assumere più prestiti, stanno anche bruciando liquidità (una tendenza evidente più per gli emittenti high yield che per quelli investment grade). Varie aziende asiatiche si sono indebitate in valute estere (principalmente dollari Usa), ma ricevono i proventi della loro attività in valute locali, il che le rende sempre più vulnerabili (in assenza di coperture valutarie) a un potenziale apprezzamento del biglietto verde. I margini operativi (ebitda) sono piatti, mentre la spesa per investimenti si è ridotta drasticamente. Se un approccio conservativo agli investimenti – data la maggiore disponibilità di risorse per rimborsare il debito – può essere una buona notizia nel breve termine (a parità di altri fattori) per i creditori, tale dinamica non è una base ideale per costruire il futuro di un’azienda: come si fa a sostenere un’attività a lungo termine senza investire? D’altro canto”, conclude Carpaneda, “ridurre la spesa per investimenti almeno testimonia una certa (nuova) disciplina di bilancio dopo anni di credito facile“.

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