Frame AM: tutti i motivi per restare investiti sull’azionario

IL PUNTO MENSILEFrame Asset Management diffonde Il Punto Mensile, outlook di asset allocation per i prossimi trenta giorni, a cura di Michele De Michelis, responsabile degli investimenti. “Sono estramemente convinto che assisteremo a momenti di ribasso inaspettato”, scrive il manager, “ma è proprio in questi momenti che dovremmo ricordarci le ragioni che sostengono la nostra scelta di investimento. In Europa le imprese hanno raccolto in totale un trilione di dollari di cash (sotto forma di utili, raccolte obbligazionarie, concessioni di linee di credito). Un’ingente liquidità a disposizione che potrebbe rappresentare un enorme potenziale per crescita e operazioni di m&a. Il mercato azionario europeo è salito solo a causa del re-rating, dovuto al venir meno delle paure sull’euro e da un sistema di tassi molto bassi, ma non possiamo certo definirlo sopravvalutato. Anche la Bce, seppure non proattiva come la Fed, sembra decisa a incidere con un nuovo stimolo monetario all’economia. Negli Stati Uniti la percentuale tra la capitalizzazione dell’indice S&P500 e gli asset totali della Fed risulta molto inferiore rispetto alla media del passato”.

ANALISI AREA PER AREA
– Una ricerca Gallup dimostra che la percentuale degli investimenti americani in azioni è la piu bassa da anni, intorno al 52% contro una media del 60% circa dei primi anni 2000 e del 65% del 2007. “Allo stato attuale, i fondi pensione americani detengono mediamente un 60% in obbligazioni (che non rendono poi come negli anni precedenti) e un 40% in azioni, mentre fino a pochi anni fa avveniva l’esatto contrario. In Giappone gli Abenomics stanno funzionando. L’inflazione comincia a riemergere e lo yen prosegue la sua discesa nei confronti del dollaro. Per tale motivo a questo punto non avrebbe alcun senso per il governo e la banca giapponese interrompere lo stimolo monetario. Per tutti questi motivi posso considerarmi cautamente positivo. Non dimentichiamoci dei rischi, che sono quelli soliti esogeni geopolitici, come per esempio l’invasione del Kuwait del ‘90, oppure quelli di repentini cambi di umore degli operatori come nell’ottobre ‘87, ma anche legati al solito eccesso di leva o uso dei derivati come il Ltcm“.

I RISCHI DA CONOSCERE
– “Sappiamo bene quanto sia facile in questo momento, con gli equilibri così precari, incappare in qualche brutto scossone. I nostri clienti sono così avvertiti e sapranno che quei momenti saranno invece ottimali per aumentare la percentuale azionaria, così come fasi di eccessivo ottimismo saranno utilizzati per ridurre l’esposizione, considerando un 50% come un’esposizione neutrale all’equity mondiale. Infine, sempre tornando ai confronti con il passato, non dimentichiamoci che il bull market azionario partì dopo lo shock petrolifero e in un periodo di stagflazione, ovvero bassa crescita con inflazione e tensioni politiche a livello mondiale. Anche oggi viviamo in un mondo di bassa crescita senza inflazione anzi, casomai con i rischi di deflazione. Eppure, nonostante questo, non possiamo che augurarci che riparta l’inflazione”, conclude De Michelis, “per non vedere nel prossimo futuro possibili haircut sui titoli governativi, non solo dei Paesi periferici“.

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