Greenwood (Invesco) Il QE negli Usa si concluderà nel 2015

USA 2014, PIL REALE AL 2,5% E INFLAZIONE ALL’1,5% – Per il terzo anno consecutivo, la crescita del Pil reale negli Usa è risultata di gran lunga inferiore alle previsioni iniziali per l’anno in questione. Rispetto alla previsione iniziale per il 2013 (2,5% per l’intero anno), il dato effettivo relativo alla crescita nei primi tre trimestri si è attestato solamente all’1,7% su base annua. Questo risultato può essere interpretato al tempo stesso come una buona e una cattiva notizia, fa sapere John Greenwood, capo economista di Invesco che precisa: “La buona notizia è che negli Usa il settore privato sta compiendo buoni progressi in termini di riduzione dell’indebitamento e risanamento dei bilanci, gettando al contempo solide basi per l’avvio di una prolungata espansione del ciclo economico nei prossimi anni. La cattiva notizia è che la disoccupazione resta al 7% (o a un valore superiore in rapporto all’accezione più o meno ampia di disoccupazione a cui si fa riferimento) e il tasso di attività è limitato al 63% (il minimo dai primi anni ‘80), mentre molti settori devono ancora tornare ai massimi di attività economica a cui ci avevano abituati antecedentemente alla crisi”.

UNO SGUARDO ALLE IMPOSTE – Da una lettura superficiale della situazione, quest’accelerazione della crescita nel corso dell’anno è stata limitata da alcuni fondamentali ostacoli, vale a dire la conclusione a inizio anno delle agevolazioni fiscali introdotte da George W. Bush (che hanno in sostanza comportato un aumento delle imposte sui salari e un aumento dell’imposta sul reddito federale per i contribuenti con un reddito superiore a 400mila dollari l’anno) e i tagli generalizzati alla spesa del governo federale, il cosiddetto “sequester”. L’aumento delle imposte ha inciso direttamente sulla spesa al consumo, mentre il sequester del Congresso ha limitato la spesa federale, riducendo il contributo al Pil reale fornito dalla spesa pubblica. Ne è risultata quindi una contrazione del deficit strutturale a livello federale che è passato dal 6,3% del Pil al 3,9% nel corso dell’anno, vale a dire una stretta fiscale di 2,4 punti percentuali, sottolinea John Greenwood.

LA SPESA E’ STATA LIMITATA DAL PROCESSO DI RISANAMENTO – Ma analizzando la situazione in maniera più approfondita emerge che la spesa generale è stata ancora una volta limitata dal continuo processo di risanamento della situazione patrimoniale di famiglie e imprese finanziarie. Ad esempio, le famiglie hanno continuato a ridurre il proprio indebitamento nella prima parte dell’anno (a 1.290 miliardi di dollari), mantenendo al contempo un tasso di risparmio prossimo al 4,5%; gli istituti finanziari invece hanno mantenuto un atteggiamento prudente risentendo del crescente impatto degli obblighi normativi e delle penali, mentre nell’universo creditizio il debito si è stabilizzato a 1.390 miliardi. Anche la crescita del credito e della massa monetaria è rimasta modesta, in parte a causa del rallentamento dei prestiti bancari (dal 5,4% nel luglio 2012 al ridotto 2% di novembre 2013) e di una riduzione delle partecipazioni delle banche in titoli nel corso dell’anno. Passando al settore corporate non finanziario, la costante prudenza manifestata dai consumatori si è riflessa sulle società che hanno limitato le spese in conto capitale in attesa di una ripresa più sostenuta della spesa al consumo. Di conseguenza, gli investimenti in immobilizzazioni non residenziali sono rimasti fermi al 12% del Pil nel corso dell’anno rispetto al 13-15% a cui eravamo abituati negli anni antecedenti la crisi.

UN NUOVO SHUTDOWN E’ PREVISTO? – Per il futuro, l’accordo sul Bilancio raggiunto nel mese di dicembre dovrebbe consentire di evitare un nuovo shutdown delle attività federali statunitensi all’inizio del 2014. L’accordo prevede un taglio del deficit di 20-23 miliardi di dollari che sarà realizzato tramite un aumento della spesa per programmi domestici e difesa in cambio della promessa di futuri tagli alla spesa (dal 2015 in poi) ma non affronta il problema della spesa per l’assistenza sociale che rappresenta l’area con il più rapido tasso di crescita all’interno del bilancio federale. Inoltre l’accordo non scongiura un ulteriore shutdown nel corso del 2014 o 2015.

IL QE SI CONCLUDERA’ NEL 2015 – Conclude l’economista: “Per il 2014 ci attendiamo un miglioramento della crescita del Pil reale che dovrebbe arrivare al 2,5%. Al contempo riteniamo che, sotto la guida di Janet Yellen, la Fed continuerà il tapering degli acquisti di asset nel corso del 2014, ma probabilmente a un ritmo più lento, tanto che prevedo una conclusione del QE intorno alla metà del 2015. Anche se attualmente il rafforzamento dei dati relativi al mercato del lavoro e il miglioramento del Pil suggeriscono un’accelerazione del tapering, il fatto che la crescita del credito resti molto modesta dovrebbe indurre la Fed a rimandarlo fino a quando le banche non saranno in grado di sostituirsi alla Fed e aumentare il credito in circolazione. L’altro problema che attanaglia la Fed è che l’inflazione dei prezzi al consumo, il cui livello dipende in ultima istanza dalla crescita generale della massa monetaria e del credito e non dalle dimensioni del bilancio della Fed, resta ben al di sotto del target fissato dalla Fed pari al 2%. Per il 2014 prevedo ancora un tasso di inflazione favorevole intorno all’1,5%.

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