Consultinvest: Ch(Q)E trappola! (una storia di crisi, zombie e droga monetaria)

UN BAGNO DI UMILTA‘ – Per tutti coloro – e in primis ci mettiamo i banchieri centrali – che credono che le politiche monetarie superespansive e innovative possano essere il modo più efficiente per alimentare la ripresa economica e spingere i mercati senza dover pagare dazio, le ultime due settimane sono state un necessario bagno di umiltà intellettuale, spiega una nota di Consultinvest. In queste due settimane abbiamo visto un ritorno di fiamma della volatilità, un discreto rialzo dei tassi d’interesse sulle lunghe scadenze, un indebolimento del dollaro e una generalizzata debolezza sui listini mondiali. Per carità, nulla di drammatico, neppure confrontabile con gli scossoni d’inizio 2016 o la tarda primavera del 2013 (il “taper tantrum” di Bernanke), ma abbiamo visto movimenti negativi di mercato che hanno riportato al centro dell’attenzione cosa potrebbe voler dire per i mercati finanziari la normalizzazione monetaria. Le cause ? E’ bastato che la Fed alzasse di altri 25bps i Fed Funds a giugno e soprattutto ribadisse come possibili nuovi rialzi per il 2017 e il 2018 e progettasse le modalità tecniche del suo futuro ritiro dall’acquisto di titoli sul mercato secondario (il cosiddetto tapering del QE) senza peraltro indicarne l’inizio. E’ bastato che la Bce indicasse che l’attuale politica monetaria, alla luce di un miglioramento del ciclo economico europeo, è destinata a rientrare lentamente verso la normalità (anche qui senza indicare alcuna tempistica) partendo presumibilmente da una riduzione ulteriore del QE e non certo dai tassi, destinati a restare negativi a lungo, perché i mercati si siano subito sentiti minacciati e abbiano iniziato a temere che i prossimi anni possano essere altrettanto volatili e difficili.

LE MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI – Da un lato è indubbio che gli investitori si trovino un po’ spaesati nella corretta lettura delle banche centrali: dopo anni in cui i banchieri centrali hanno cavalcato il mito della lotta alla deflazione per giustificare la soppressione dei rendimenti e inondare di liquidità i mercati, pare strano che ora, in assenza di spinte inflattive di rilievo e di tassi di crescita lontani da quelli pre-crisi, si avverta l’urgenza di iniziare a togliere questa benzina ai mercati. Dall’altro lato si dovrebbe riconoscere che gl’investitori si sono ormai abituati a questo sostegno finanziario che ha soppresso i rendimenti, evitato la selezione qualitativa (bastava comprare non importa cosa) e la “distruzione costruttiva” che tipicamente si realizza con i fallimenti. Un sostegno che a lungo ha spinto al rialzo i mercati obbligazionari, quelli azionari e del credito anche nelle fasi in cui la crescita economica e degli utili aziendali soffrivano portandoli su valutazioni elevate. In sintesi: le banche centrali hanno scientemente dopato i mercati.

MALATI E CURE – In effetti post 2008 il malato (economie e mercati) era grave e la terapia farmacologica (il doping monetario) doveva essere molto intensa affinché il paziente evitasse il decesso. Superata abbondantemente la fase di emergenza (siamo intorno al 2013, volendo metterci dentro anche i problemi della UE) sarebbe stato opportuno preparare il malato a una lenta e faticosa riabilitazione. Ma i tremori d’instabilità finanziaria scatenati nel 2013 da questa prospettiva (il “taper tantrum” appunto) hanno però impaurito i banchieri centrali che hanno optato per continuare la terapia, anche aumentandone le dosi (nel caso di BCE e BoJ). Purtroppo queste politiche monetarie super espansive e innovative – la cui valenza nell’evitare il collasso post Lehman nessuno mette in dubbio – hanno solo ritardato ma non risolto i problemi della crescita e il loro utilizzo ha un costo economico e sociale che viene negato o sottaciuto ma che è destinato ad emergere nel futuro (nel caso meno doloroso con una tassa prodotta dall’inflazione). Più si ritarda il momento in cui affrontare il costo e più il costo sarà elevato. Il QE è un po’ come l’Hotel California della mitica canzone degli Eagles: facile entrarvi ma impossibile uscirne. Una bella trappola insomma che ha reso l’azione delle banche centrali non tanto “data dependent”, come ci raccontano nelle loro conferenze stampa, quanto “market dependent”, ovvero condizionata dalle reazioni dei mercati (loro le chiamano “financial conditions”) che possono cozzare con gli obiettivi strategici di lungo termine di una bancacentrale.

BASSA CRESCITA – Il problema della bassa crescita economica e della bassa inflazione – nonostante la forte espansione monetaria – è un problema strutturale che il dopaggio monetario non potrà risolvere. Essa dipende da fattori esogeni come la morte dell’indicizzazione nei contratti, l’invecchiamento della popolazione, il progresso tecnologico che ha ridotto e modificato i consumi di energia sottraendoli al controllo di cartelli energetici ma anche e soprattutto da una distribuzione del reddito iniqua che tiene depressa la domanda finale e rende insicuro il futuro economico della massa della popolazione. Una distribuzione del reddito asimmetrica a cui la stessa politica monetaria ha contribuito come dimostra il fatto che i mercati sono cresciuti ma le economie no. Se poi la ripresa dei mercati aiuterà la riduzione della disoccupazione e la distribuzione del reddito si tratterrà sempre di un’azione di secondo livello e di riflesso indotto – e in quanto tale meno intensa e capillare. Il doping monetario non serve a curare questi mali e la sua continua somministrazione se riesce a ritardare il momento del dolore sui mercati non lo eleminerà; anzi lo renderà ancora più acuto in futuro: stiamo barattando il sollievo attuale con una maggiore sofferenza futura. Ci stiamo indebitando in futura maggiore sofferenza economica. Purtroppo se le banche centrali troveranno finalmente il coraggio di abbandonare il doping monetario, dovremo prenderne atto e prepararci a soffrire finanziariamente di più in futuro. Il che non vuole dire che stiamo anticipando collassi dei mercati finanziari, ma solo aspettarsi una loro minore spinta rialzista e soprattutto una loro maggiore volatilità e selettività. La scelta delle asset class e dei titoli ritornerà centrale e la selettività colpirà chi non avrà approfittato di questi anni facili di vacche grasse per mettere ordine in casa. La selettività colpirà gli “zombie”, ovvero quei soggetti economici meno preparati e meno robusti che sono rimasti in vita solo grazie al doping mnetario, ma anche chi ha attratto valutazioni molto elevate solo per effetto della repressione dei rendimenti: è il caso del mondo delle obbligazioni governative e di gran parte del credito. Per limitare i danni bisognerà tenere conto di questi aspetti nell’asset allocation di portafoglio.

 

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