Moneyfarm, ecco perché le “bad bank” faranno ripartire l’economia

+24,6% – Gli ultimi dati sulle sofferenze bancarie in Italia, ovvero i crediti erogati dalle banche e la cui riscossione non è certa, segnano un aumento rispetto allo scorso anno del 24,6% per un totale di 155,8 miliardi di euro. Un dato come questo, osserva Paolo Galvani, presidente e co-fondatore di MoneyFarm, non fa che rendere ancor più problematica l’erogazione di ulteriore credito da parte delle banche (che oltre ad una politica più prudente devono poi considerare gli aspetti patrimoniali, ovvero la quantità di capitale da detenere per poter esercitare l’attività propria della Banca).

QUALI LE SOLUZIONI? – “La costituzione di Bad Bank rientra tra queste. Si tratta in parole semplici di costituire un nuovo veicolo finanziario che acquista i crediti “in difficoltà” a prezzi scontati (una percentuale del valore nominale del prestito). Questo permette alla banca che cede i crediti di chiudere, seppur in perdita, delle posizioni incagliate che potrebbero richiedere tempi molto lunghi per essere risolti oltre al rischio di non incassare nulla dai crediti stessi (come dire “meglio poco e subito”); per chi i crediti li compra si tratta invece di scommettere su processi e competenze diverse da quelle delle banche tradizionali, avendo come obiettivo di recuperare un ammontare maggiore rispetto a quanto pagato all’origine”.

LE BAD BANK
– “La bad bank può avere una partecipazione pubblica o può essere un’iniziativa privata. Nel caso dell’intervento dello stato parte (o tutto) il  denaro che serve ad acquistare queste sofferenze arrivano dalla finanza pubblica (con il contributo dei fondi europei): negli ultimi anni Spagna ed Irlanda hanno costituito veicoli finanziari a supporto delle banche in difficoltà principalmente con i prestiti al settore immobiliare. Iniziative “private” coinvolgono invece fondi di investimento specializzati (“distressed funds”) che hanno reso questo esercizio finanziario una profittevole attività”.

BANCA INTESA – UNICREDIT – KKR – “A questa seconda tipologia sembra appartenga l’iniziativa allo studio sui giornali sull’operazione Banca Intesa – Unicredit – KKR , uno delle più grandi società di fondi di private equity al mondo. Un’operazione com e questa potrebbe permettere alle due principali banche italiane di rafforzare i bilanci e di trovarsi in condizioni migliori per “riaprire” i rubinetti del credito, condizione indispensabile per una vera ripresa economica. Operazioni come queste in generale non possono che essere giudicate positivamente, tanto più se inserite nel periodo economico attuale, dove è indispensabile interrompere la spirale negativa della riduzione del credito in funzione del capitale regolamentare e delle sofferenze. E se da un lato dispiace che le banche si disfino di portafogli di crediti a delle valutazioni veramente da “saldo” (che è il motivo per cui poi c’è qualcuno interessato a comprarli) dall’altro è sicuramente un passo nella direzione corretta per far ripartire le aziende sane e bisognose di credito”.

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