La Française: La parola d’ordine adesso è “retail”

Dal nome non si direbbe, ma “La Française non è poi così francese”. Parola di Philippe Lecomte, ceo di La Française AM International, che con questa frase ha voluto dare l’idea della dimensione sempre più internazionale perseguita dalla società che fa parte del gruppo Credit Mutuel. A partire dall’Italia, dove l’obiettivo per i prossimi mesi è l’ingresso nel mercato della distribuzione retail, per arrivare fino agli Stati Uniti, dove la società intende intensificare la sua presenza, e al Giappone, un mercato in cui La Française AM debutterà a breve. Una crescita che passerà attraverso il continuo sviluppo di partnership con operatori locali, dopo quelle già avviate negli ultimi anni anche attraverso la divisione Next AM, che ha come scopo quello di prendere delle partecipazioni di minoranza in boutique di gestione in giro per il mondo. Il chief executive officer – insieme ad Alex Ricchebuono, capo dello sviluppo del business internazionale per l’area Sud Est Europa, e a Marco Peri, responsabile per l’Italia – ha parlato a BLUERATING dei piani del gruppo.

Qual è la strategia di La Française, oggi?

Recentemente il gruppo ha adottato un approccio diverso all’asset management: invece di cercare di offrire tutte le asset class e tutti i prodotti da soli, pretendendo di essere i migliori al mondo, abbiamo costruito una serie di partnership esterne con altri gestori, cercando di trovare i migliori prodotti a prescindere dai manager che vi stavano dietro. Negli ultimi mesi abbiamo siglato numerosi accordi, alcuni con piccole boutique finanziarie, altri con asset manager più grandi, con l’obiettivo di migliorare l’offerta per i nostri clienti. È questo che ci differenzia dagli altri: siamo un asset manager “open architecture”. Ad oggi il gruppo La Française ha asset in gestione per 42 miliardi di euro, e La Française AM ne ha per 28,3 miliardi, con canali distributivi in Asia, Germania, America Latina, Italia, Spagna, Benelux e Scandinavia. Non solo. Le partnership siglate con Forum Partners e Ipcm permettono al gruppo di essere presente anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Voi cosa pensate dell’Italia, in questo momento?
L’Italia, dove oggi gestiamo circa 200 milioni di euro e dove da poco abbiamo siglato una partnership con la società di gestione Tages, sta vivendo un momento positivo. Noi riteniamo il Belpaese un mercato strategico, tanto che vogliamo intensificare la nostra presenza. L’obiettivo è quello di entrare nella distribuzione retail lavorando con un gruppo selezionato di reti, piccole o medio-piccole, che vogliano differenziarsi dalle grosse reti e siano attive nella ricerca della qualità. Stiamo finalizzando il primo accordo per la distribuzione retail e siamo in trattativa con almeno altri cinque importanti network, con cui dovremmo concludere entro la metà dell’anno in corso.

A quali mercati state guardando per crescere?
Vogliamo estendere la nostra presenza negli Stati Uniti, sia sul lato distribuzione sia sul lato asset management. Inoltre, vogliamo entrare nel mercato giapponese, prevedibilmente nella seconda metà del 2014: riteniamo che sia un mercato interessante dal punto di vista culturale e pensiamo di avere i prodotti adatti per approcciarlo. La nostra strategia è molto focalizzata: vogliamo portare i prodotti giusti nei mercati giusti. Per esempio, in Asia abbiamo tre fondi, non di più, e anche in America Latina. Quello che cerchiamo di fare è analizzare la domanda tramite persone presenti sul luogo. Per fare un altro esempio, gli italiani amano molto gli investimenti in bond, per cui gran parte della nostra offerta sul mercato italiano è concentrata su questa asset class.

Quali sono i fondi su cui state puntando di più per quanto riguarda il mercato italiano?

Uno dei nostri prodotti di punta sul mercato italiano è il LFP Libroblig, un fondo obbligazionario che si pone l’obiettivo di ottenere un rendimento annuale superiore al 7% nel periodo di investimento consigliato di oltre 10 anni. Si tratta di un prodotto focalizzato su titoli obbligazionari subordinati bancari, assicurativi e societari, particolarmente interessante per il private banking: solitamente, infatti, se si vuole comprare un’asset class particolare come un’obbligazione subordinata o ibrida, i tagli sono abbastanza importanti, ci vogliono dai 50 ai 100mila euro per poterla sottoscrivere, quindi ci si assume un rischio elevato a caro prezzo. Questo fondo invece permette una diversificazione di 30-50 obbligazioni con tagli minimi più bassi e con una gestione attiva. Quindi si tratta di un prodotto di nicchia che permette di diversificare in modo intelligente un portafoglio obbligazionario, che è comunque ancora l’asset class predominante in Italia.

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