Peetz (Bny Mellon): per il settore del risparmio gestito si apre l’era del Global Reset

GLOBAL RESET – Il mondo del risparmio gestito sta vivendo una fase di “Global Reset”. Ne è convinta Karen Peetz, presidente di Bny Mellon, secondo cui l’innovazione sarà fondamentale per la sopravvivenza delle società di servizi finanziari a livello globale. “Il mondo non è più quello che era prima della crisi finanziaria”, ha osservato Peetz. “Una parte dei cambiamenti derivano dalle conseguenze della crisi stessa, ma ci sono forze ancora più importanti al lavoro per rimodellare i mercati: dall’eccesso di debito negli Stati Uniti e in Europa, all’ascesa della classe media di consumatori in Cina e in altre economie emergenti, dalla crescita dei nuovi mercati ai cambiamenti nelle convenzioni commerciali, dall’invecchiamento della popolazione alle nuove tecnologie che trasformano la velocità e la trasparenza dei dati finanziari”.

NUOVE NORMATIVE – Le nuove normative che sono state introdotte in tutto il mondo, continua Peetz, “sono utili e possono portare a una maggiore trasparenza, ma al tempo stesso incrementano i tempi e i costi cui è sottoposta l’industria finanziaria e in alcuni casi rallentano la crescita dei mercati, costringendo tutti noi a trovare nuove strade per sviluppare il business. Dopo la crisi i cambiamenti nei comportamenti dei clienti, nelle politiche monetarie e in altri fattori ancora possono inibire la crescita organica del settore”.

CAMBIAMENTO
– Insomma, cotinua la presidente di Bny Mellon: “le organizzazioni finanziarie devono cambiare. Le strategie tradizionali a gestione attiva continuano a perdere terreno, mentre gli approcci alternativi, passivi, specializzati e di investimenti liability-driven continuano a crescere. Ciò detto, nonostante il calo di quote di mercato dall’inizio della crisi, gli asset under management delle principali strategie attive stanno in realtà crescendo in termini assoluti. Inoltre, proprio questi asset centrali rappresentano ancora il grosso degli utili, il che riduce l’urgenza per le società finanziarie di introdurre cambiamenti”. C’è quindi ancora una certa resistenza all’innovazione. I gestori tradizionali si chiedono se sono in grado di sviluppare nuove offerte e se avrebbero la credibilità richiesta sul mercato per attrarre gli investitori. “Qualcuno ritiene che spostare i riflettori dall’offerta tradizionale ai nuovi prodotti non farà altro che accelerare la fuga degli investitori verso altre categorie di strumenti, forse meno proficue”, ha detto ancora Peetz.

LA PAURA DEL FALLIMENTO – “Sospetto che i gestori tradizionali siano in realtà trattenuti da un’emozione più primordiale: la paura. La paura dell’ignoto. La paura del cambiamento – sia da parte delle organizzazioni, che temono di non avere gli strumenti per adattarsi, sia da parte dei singoli professionisti, che si chiedono quale sarà il loro ruolo nel nuovo ordine globale, se mai ne avranno uno. E forse c’è anche una paura più grande, la paura del fallimento. Questo è il vero ostacolo per l’industria dei servizi di gestione e finanziari, al cui interno vi è una vera e propria avversione istituzionale al fallimento. Sia che siamo gestori di fondi o fornitori di servizi, tutti noi nel business facciamo sempre tutto il possibile per prevenire e minimizzare i rischi, grandi e piccoli, dato il loro costo finanziario. Ma se si elimina la paura dall’equazione, le società riescono a vedere gli errori di giudizio in maniera molto più analitica. E chi riesce a essere oggettivo e a considerare il potenziale di successo, e non solo il rischio di fallimento, può allora imparare dagli errori per usarli come trampolino di lancio verso l’innovazione. Questo sembra un atteggiamento incredibilmente positivo, che può portare a una cultura in cui le persone saranno sempre più disposte a proporre e sperimentare nuove idee. La vera domanda è: cosa stiamo aspettando?”

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