Astolfi (M&G): la scelta di essere flessibili e bilanciati

Dieci anni di presenza italiana nel 2014, la soglia dei 10 miliardi superata e vari progetti per il futuro. Ecco cosa racconta a BLUERATING Matteo Astolfi , director di M&G Investments Italia.

Come sono andati i primi sei mesi del 2014?
Siamo molto soddisfatti di questa prima fase dell’anno, e più in generale di tutto il 2013: il primo semestre è stato il migliore di sempre. È il nostro decimo anno in Italia e intendiamo festeggiare anche perché a fine maggio abbiamo superato gli 11 miliardi di euro. In termini di raccolta netta, aspettiamo l’ok da Prudential. Anche per quanto riguarda la presenza dei nostri fondi sul mercato, quest’anno abbiamo già stretto numerosi nuovi accordi di distribuzione (tra i quali Crédit Suisse, Barclays, Credem, CheBanca!, Bnl-Bnp Paribas Private Banking, Banca Generali, Popolare di Vicenza e Banca Euromobiliare, n.d.r.) che stanno già dando i loro frutti. Qualche anticipazione? Possiamo parlare di una decisa crescita della società in Italia: nel primo trimestre abbiamo registrato oltre 800 milioni di raccolta netta, di cui oltre 200 sul nuovo fondo M&G Income Allocation. Oggi siamo in 16 nell’ufficio milanese e siamo pronti per un ulteriore salto di qualità attraverso altri accordi distributivi.

Quali sono i temi di investimento su cui state puntando?
Crediamo che in Europa e in Italia ci sia una chiara preferenza verso i fondi income. Questa, al di là delle mode del momento, è una tendenza che ci accompagnerà per molti anni a venire in conseguenza del forte cambiamento demografico in atto in quasi tutti i Paesi europei, tra cui l’Italia. Se nel 1961 in Italia l’età media per un uomo era di 67 anni, oggi questa si attesta a 79. Per le donne, si è passati da 72 a 85 anni. Al tempo stesso, in Italia si registra una diminuita natalità: il tasso di nascite ogni 1.000 persone è praticamente dimezzato rispetto agli anni ‘60 (da 18 a 9) e, conseguentemente, il tasso di dipendenza (ovvero la proporzione di ultra 64enni ogni 100 persone in età lavorativa, n.d.r.) è in continuo aumento (dal 15% al 31%), per cui c’è una forte pressione sulla capacità delle persone di riuscire a integrare il reddito lavorativo o da pensione con guadagni extra regolari e potenzialmente in crescita.

E le vostre strategie a riguardo?
Una delle nostre priorità è offrire ai nostri partner distributori prodotti semplici che ben possano adattarsi alle esigenze degli investitori come la necessità di incrementare il proprio capitale e avere un flusso cedolare crescente. In linea con questo obiettivo, abbiamo ideato un fondo ad hoc per gli investitori europei e italiani, l’M&G Income Allocation, che abbiamo lanciato in Italia a fine 2013: punta a un 4% di cedola variabile non garantita, perché non intendiamo intaccare il capitale. Ha già superato i 200 milioni di asset in gestione, è un fondo clone di uno in sterline che ha già quattro anni di storia e cinque stelle Morningstar. È già a +8% come performance da inizio anno. Insisteremo molto con la pubblicità su questo comparto, che nasce per integrare le pensioni. Investe in bond governativi, corporate, high yield e azioni, per noi è il fondo dei prossimi tre anni. Il secondo semestre, poi, sarà molto focalizzato sugli emergenti, bond e equity. Storicamente siamo stati sottopesati su quest’area geografica, ma pensiamo che ora si possa cominciare a guardare agli emergenti seppure adottando una certa prudenza, con un approccio analitico che vada a sondare le singole emissioni sia per i titoli di Stato sia per i corporate bond. Crediamo infatti che la “fuga” indistinta dagli emergenti abbia creato opportunità di investimento perché in molti Paesi è possibile individuare delle aziende di qualità che stanno migliorando la governance e la politica nei confronti degli azionisti di minoranza. Non abbiamo novità in pipeline ma lanceremo un governativo globale anche in Italia che già esiste in Inghilterra.

Qual è il vostro approccio sulla strategia di allocazione?
Flessibile e bilanciato. Crediamo nell’azionario Usa e Uk, dove cerchiamo aziende che fanno crescere i dividendi. Poi siamo positivi sui Treasury a 30 anni, che hanno già scontato un po’ dei movimenti al rialzo dei tassi. Ci sembra che in un fondo bilanciato flessibile avere questi contrappesi rappresenti un porto sicuro, soprattutto se il sovrappeso equity dovesse fare male. È nell’ottica di protezione del rischio. Quanto agli emergenti, occorre essere molto selettivi. Siamo positivi su bond Messico, Indonesia, Filippine e Sudafrica. La situazione in quei mercati va valutata mese per mese e in generale gli emergenti non si devono considerare un unicum. Sul fronte azionario, alcuni emergenti sono a buon mercato, come per esempio la Corea ma anche i vecchi Bric, e ci sembra che la maggior parte delle possibili notizie negative siano già scontate, mentre il mercato non prezza in alcun modo le possibili sorprese positive. Per esempio, se in Corea distribuire dividendi diventasse un’abitudine positiva, il mercato potrebbe apprezzarsi facilmente di un buon 20-30%.

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