Lue-Fong (Pictet AM): il debito emergente è un’opportunità

Il debito dei mercati emergenti darà grandi soddisfazioni nel 2014. Ne è convinto Simon Lue-Fong (nella foto), head of emerging market debt di Pictet Asset Management.

Quali sono le ragioni della “fuga” dagli emergenti?
Negli ultimi due o tre anni è stato “di moda” dire che i mercati emergenti erano pericolosi. In realtà, dal punto di vista del bilancio, questi Paesi non hanno niente che non vada: il catalizzatore del recente sell-off è piuttosto da ascrivere al tapering avviato dalla Fed allora guidata da Ben Bernanke. Io ho iniziato a occuparmi di debito emergente nel 1996-1997 e a quel tempo c’era effettivamente una grande crisi del settore, con diversi Paesi che avevano problemi fiscali o di debito. Ma questa volta il contesto è davvero diverso: il debito pubblico è in media abbastanza basso, al contrario di quello che succede nel mondo sviluppato, mentre dal punto di vista fiscale questi Paesi operano in una “cornice” di stretta sorveglianza, messa in atto negli anni ‘90 a seguito di una crisi che aveva richiesto l’intervento del Fondo monetario. Nemmeno l’inflazione desta particolari preoccupazioni.

Allora cos’è successo?

È esplosa quella che io chiamo la “t-bomb”, ovvero la “bomba tapering”: sto parlando della progressiva riduzione degli stimoli all’economia annunciata il 22 maggio 2013 dall’allora governatore della Fed, Ben Bernanke, e avviata a dicembre dello stesso anno. I Treasury decennali Usa sono saliti di quasi un punto percentuale nei quattro mesi successivi al primo accenno al tapering e hanno iniziato a calare da quando la riduzione degli stimoli è effettivamente partita. In questa occasione, l’indice dei bond emergenti in valuta locale ha mostrato una stretta correlazione ai rendimenti dei Treasury Usa: quando questi hanno iniziato a scendere, è partito il grande sell-off degli asset dei mercati emergenti. Occorre però fare delle distinzioni: se dividiamo i Paesi emergenti in due categorie – i più “fragili” e i più “forti”, quelli senza deficit – possiamo osservare che in una prima fase si è registrato un crollo generalizzato, mentre da un certo punto in poi solo le valute dei Paesi più fragili hanno continuato a essere interessate dal sell-off. Sintomo positivo del fatto che i mercati abbiano iniziato a differenziare i rischi.

Quale tipo di investitore è stato protagonista della vendita di debito emergente?
Noi distinguiamo fra tre tipi di investitori: istituzionali, wholesale e retail. La maggior parte dei deflussi è arrivata dagli investitori wholesale e retail, mentre gli istituzionali, che solitamente hanno un orizzonte temporale più lungo, non hanno venduto. Si è trattato solo di una reazione emotiva all’andamento dei mercati, che però ha innescato un circolo vizioso. Ma non sarebbe corretto additare il tapering come unico responsabile: se guardiamo alle valute emergenti, ci accorgiamo infatti che le vendite sono iniziate già nel 2011, ben prima del discorso di Bernanke. Nei Paesi emergenti le esportazioni hanno iniziato a rallentare nel 2011 e c’è una forte correlazione tra esportazioni e valute e tra valute e crescita del Pil: nessuna sorpresa, dunque, se al calo delle esportazioni anche valute e crescita hanno visto un rallentamento. In effetti, uno dei problemi dei Paesi emergenti è che oggi non hanno più lo stesso tipo di crescita di cinque anni fa.

Dove siamo oggi?
I Treasury hanno ricominciato a correre da gennaio e con loro anche il debito dei Paesi emergenti ha visto un ritorno dei flussi positivi. A innescare il cambio di marcia sono stati dunque di nuovo i Treasury. Inoltre, l’evoluzione delle esportazioni continua ad avere un impatto importante sul debito emergente. Se l’export riprenderà, anche la crescita del Pil tornerà su ritmi più sostenuti e le valute dei Paesi emergenti ne beneficeranno. Resta il fatto che ad oggi i Paesi emergenti stanno crescendo al di sotto delle loro potenzialità.

Cosa pensa dei bond emergenti, in conclusione?
Il contesto attuale appare favorevole al debito emergente. Dopo i deflussi di capitali innescati dall’ex presidente della Fed Ben Bernanke, l’asset class sta tornando lentamente in auge, soprattutto grazie alla massiccia presenza degli investitori istituzionali. Con i rendimenti che offrono il 5-8% in diversi mercati obbligazionari dei Paesi emergenti, l’asset class in generale offre un reddito molto attraente in termini sia assoluti sia relativi. In un quadro globale che risulta sempre più difficile per gli investimenti obbligazionari, riteniamo quindi che il debito emergente, sia in dollari che in valuta locale, rappresenti oggi un’eccellente opportunità per gli investitori.

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