Rendite finanziarie, la corsa contro il tempo per evitare l’aliquota al 26%

OPZIONE DI AFFRANCAMENTO – La scadenza è ormai prossima e si tratta di una vera e propria corsa all’ultimo minuto per risparmiare a livello fiscale sulle plusvalenze di un investimento. Entro il 30 settembre, ricorda infatti Il Sole 24 Ore, si può comunicare alla banca o all’intermediario finanziario l’intenzione di esercitare l’opzione di affrancamento, che permette di sfruttare un’imposta sostitutiva del 20% (pari quindi alla precedente aliquota sulle rendite finanziarie, ora portata al 26%) per pagare al Fisco le imposte sulle plusvalenze maturate e non realizzate al 30 giugno scorso.

COME FARE – In sostanza, l’affrancamento è una sorta di “cessione fittizia” che consente di pagare l’imposta sui capital gain di azioni, obbligazioni e derivati con l’aliquota più bassa (20%), come se questi titoli fossero stati venduti il 30 giugno 2014. In caso di risparmio amministrato, se possiede più rapporti titoli, il risparmiatore deve indicare nella comunicazione alla banca per quale rapporto sta richiedendo l’affrancamento. Non vanno indicati i singoli titoli, dato che non è possibile scegliere per quali titoli affrancare la plusvalenza: tutti i titoli contenuti nel rapporto saranno soggetti allo stesso trattamento impositivo, tranne quelli esclusi da tale procedura, come i titoli di Stato. Una volta comunicata l’opzione alla banca, sarà quest’ultima a occuparsi del versamento dell’imposta sostitutiva (da effettuare entro il 17 novembre perché la scadenza del 16 cade di domenica). Nel caso del regime dichiarativo, invece, la sequenza è diversa: il contribuente-risparmiatore deve versare l’imposta sostitutiva entro il 17 novembre e dovrà poi ricordarsi di indicare la scelta nel modello Unico 2015. La strada, invece, resta preclusa nel caso del risparmio gestito perché i redditi vengono tassati in base al momento in cui maturano e non a quelli del realizzo.

IL RISPARMIO
– L’opzione non riguarda tutti i contribuenti. Il risparmio fiscale, continua il quotidiano finanziario, è connesso a una serie di variabili: minusvalenze realizzate già presenti nel dossier titoli, la loro data di scadenza, l’intenzione del risparmiatore di cedere o meno i titoli plusvalenti in un futuro più o meno prossimo. Molto dipende anche dall’andamento dei titoli in portafoglio. Un eventuale rialzo dei prezzi potrebbe indurre ad “aggiornare” il valore fiscale in vista di una futura cessione degli stessi. Al contrario, l’aspettativa di una discesa dei prezzi dei titoli potrebbe indurre a non effettuare l’affrancamento, in quanto l’imposta sarebbe pagata su una ricchezza al momento solo virtuale.

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