Amundi, generare rendimento tutelando i portafogli

LOIC BECUE – In un contesto di tassi bassi e senza una chiara direzione di mercato, un obiettivo di investimento che punta a generare performance deve identificare le fonti potenziali di rendimento a medio-lungo termine cercando di evitare le aree più rischiose o caratterizzate da poca visibilità. Questa è la strategia di Loïc Becue, fund manager di Amundi Funds Patrimoine. Il gruppo ha appena lanciato Amundi Funds Patrimoine, nuovo comparto della sicav lussemburghese Amundi Funds.

Qual è il vostro obiettivo?

Il fondo Amundi Funds Patrimoine è un comparto feeder dell’Amundi Patrimoine che ha un doppio obiettivo di gestione. Il primo punta a una performance annualizzata del 5% oltre l’indice Eonia – il benchmark di riferimento per il tasso del mercato monetario nella zona euro, previa detrazione delle spese correnti – e capitalizzata su un orizzonte temporale minimo raccomandato di cinque anni. Il secondo è offrire un profilo di investimento asimmetrico beneficiando delle positive condizioni di mercato per generare rendimento e preservando il più possibile il portafoglio dei clienti nelle fasi ribassiste.

Il comparto si propone di investire l’85-100% del suo patrimonio nel fondo master Amundi Patrimoine (OR class), lanciato a febbraio 2012. Quali sono gli obiettivi?
In un contesto di tassi bassi e senza una chiara direzione di mercato, un obiettivo di investimento che mira a generare performance deve identificare le fonti potenziali di rendimento a medio-lungo termine cercando di evitare le aree di investimento più rischiose o caratterizzate da poca visibilità. Anche se lo scenario di mercato rimane ancora complesso e incerto, crediamo che ci saranno sempre asset class, settori e paesi che potranno andare bene. Attraverso il fondo master, lo stile di gestione è flessibile e ha l’obiettivo di ottimizzare il rapporto rischio/rendimento. Il fondo investe in un universo ampio e ben diversificato, senza limitazione in termini di classi di attivo, settori e aree geografiche.

Quale asset allocation vi sentite di suggerire, oggi?
Da inizio ottobre assistiamo a un calo diffuso su bond ed equity. Nel frattempo, i beni rifugio stanno guadagnando in termini di valore. Questo brusco calo è il risultato delle preoccupazioni degli investitori sulle prospettive economiche e sulla persistente bassissima inflazione. In questo contesto, abbiamo deciso di abbassare la nostra esposizione su attività rischiose, riducendo al 5% le azioni europee e al 3% quelle giapponesi, e abbiamo venduto le emergenti. Abbiamo inoltre ridotto le posizioni obbligazionarie volatili su high yield (3%). Siamo dunque esposti agli asset rischiosi per un 33%, contro il precedente 42%. Ma, in un’ottica di lungo periodo, siamo ancora positivi sulle azioni europee, che beneficeranno di fattori favorevoli: politica della Bce, bassi tassi di interesse e debolezza dell’euro. Restiamo positivi sulle azioni dell’eurozona, con diversificazione su small cap, azioni immobiliari quotate e oro. Preferiamo Usa e Giappone alle azioni emergenti. Sui bond, bene il debito dei paesi periferici della zona euro, quello emergente, l’high yield e le obbligazioni societarie. Anche in questo caso, ci piace l’area euro.

Che cosa vi aspettate, ora?

I mercati sono sotto pressione e la volatilità sta tornando, ma dobbiamo distinguere quella a breve da quella a lungo termine. Infatti durante gli stress di mercato crescono entrambe, ma quella a lungo termine resta comunque bassa in confronto alla media. Per esempio, la volatilità implicita sui titoli europei a un mese è aumentata dal 15% al 27% mentre quella a lungo (un anno) è passata dal 17% al 20%. Se, come ci aspettiamo, la crescita globale rimane al di sopra del 3%, con bilanci aziendali in buona forma e abbondante liquidità, le condizioni resteranno favorevoli alle attività rischiose.

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