Quelle norme approvate e mai rese operative per negoziare titoli sospesi

DOMANDA – Ho letto la vostra risposta dello scorso 7 novembre (www.bluerating.com/trading/179-promotori/36633-sportello-advisory-le-soluzioni-poche-per-eliminare-le-azioni-in-default-dal-dossier-titoli.html) a un collega che domandava lumi sulla possibilità di cedere i titoli di società finite in default. Poiché la questione interessa decine di migliaia di persone, e siccome questi scambi sarebbero per forza di cose effettuati tra soggetti consapevoli senza possibilità di sotterfugi, non sarebbe opportuno consentire la negoziazione sul mercato dei titoli in default?
G.A., Bergamo

RISPOSTA – Il lettore ha pienamente ragione, peraltro questa possibilità era stata effettivamente prevista. Quasi undici anni fa, vale a dire il 30 aprile del 2004, l’assemblea degli azionisti di Borsa Italia (oggi Borsa Italiana) aveva approvato una modifica del regolamento di mercato tramite cui si introduceva una distinzione tra strumenti finanziari oggetto di sospensione a tempo indeterminato e a tempo determinato, prevedendo il divieto di negoziazione solo in riferimento a quest’ultima e lasciando quindi libertà negoziale per gli strumenti finanziari oggetto di sospensione a tempo indeterminato. La motivazione era data dal fatto che la sospensione a tempo indeterminato era volta a escludere l’attività di negoziazione su titoli emessi da una società in dissesto economico e finanziario, ed era in genere di lunga durata caratterizzandosi per la generale carenza di informazioni sull’evoluzione e sui futuri piani industriali dell’emittente. Il divieto di negoziazione è volto a tutelare l’integrità del mercato solo nell’ipotesi di sospensioni a tempo determinato in quanto l’esistenza di asimmetrie informative può favorire attività lesive del bene. Nell’ipotesi di sospensione a tempo indeterminato, invece, non si ravvisavano rischi di abuso di informazioni privilegiate e non era quindi necessario impedire la libera attività negoziale degli operatori. La Consob aveva in seguito approvato tali modifiche. Tutto pareva pronto, ma come troppo spesso avviene in Italia non se ne è fatto più niente e ancora oggi gli interessati sono costretti nel migliore dei casi ad assurde trafile burocratiche per cedere i titoli andate in default, o peggio ancora a dover rinunciare.

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