Kairos: bond o equity? Due gestori a confronto

L’INTERVISTA – Equity o bond? Qualunque sia la strada intrapresa, per quest’anno le parole d’ordine sono flessibilità e gestione del rischio. Ma con alcune differenze.  Lo spiegano a BLUERATING Massimo Trabattoni (nella foto a destra) e Rocco Bove (nella foto a sinistra), rispettivamente responsabile azionario Italia e  responsabile obbligazionario di Kairos Partners. Ecco le strategie e i commenti dei due fund manager, che stanno concludendo in questi giorni il primo roadshow del gruppo.

Trabattoni, cosa sta emergendo dal vostro roadshow?
Il messaggio che stiamo dando è che quest’anno bisogna essere assolutamente flessibili, sia sull’equity sia sui bond. Negli ultimi anni il mercato obbligazionario ha performato molto bene, portandoci in un territorio inesplorato che è figlio del QE. Questo ha fatto saltare le correlazioni: prima azionario e obbligazionario avevano un rapporto di correlazione inversa, ora invece se sale uno sale anche l’altro e vice versa. Adesso che i tassi sono così bassi però si registra un flusso in uscita dal mondo obbligazionario e uno switch a favore dell’equity.

Qual è la vostra strategia in campo azionario?
Facendo un parallelismo con il surf, potrei dire che noi cerchiamo di fare performance non prendendo tutte le onde, a volte evitando anche le più alte. Dobbiamo guardare fisso all’obiettivo del cliente. Magari qualcuno farà anche numeri migliori, ma tutto dipende dal rischio preso. Essere flessibili significa anche rischiare di perdere qualche opportunità, ma meglio perdere opportunità che soldi… di opportunità ne capiteranno altre.

Dove investite?

Preferiamo non andare troppo sulle small cap italiane, magari sottovalutate ma poco liquide. Però l’azionario italiano ci piace e i segnali di ripresa si vedono anche se, ovviamente, arrivando da anni di recessione non sarà un processo immediato. Le imprese private hanno bisogno di tempo per veder ripartire il ciclo di investimenti, che anticipa l’uscita dalla crisi, agevolate anche dalla rivalutazione del dollaro, dalle riforme varate dal governo dal calo dei prezzi di petrolio e commodity, che fa bene ai paesi importatori. Va considerato però che i tempi per uscire dalla crisi non sono tempi dei mercati finanziari, ma tempi umani di imprenditori e risparmiatori.

Dove sono le migliori occasioni?

Non ci sono goal facili con azioni “in svendita”, però le opportunità ci sono. Per esempio negli Stati Uniti post QE, senza un rialzo dei tassi, la Borsa ha continuato a salire. In più le aziende hanno dei vantaggi in termini di minori costi del debito e possibilità di operazioni di buy back o di acquisizioni. Questo fa bene agli utili. In questo contesto è più facile creare valore.

E la Grecia fa paura?
Vediamo che quando se ne parla c’è nervosismo sui mercati, ma quando si smette di parlarne torna la fiducia, e questo perché c’è ricerca di rendimento. In conclusione, dato che oggi un po’ di volatilità bisogna accettarla anche nel mondo obbligazionario, tra l’altro ottenendo poco, forse vale la pena andare verso l’equity, dove certo ho volatilità ma almeno ho potenzialmente più rendimento.

Bove, come risponde? Cosa offre il mercato obbligazionario oggi?

Va segnalato innanzitutto che non siamo più di fronte a un mercato direzionale: il party del mercato obbligazionario globale è finito. Ma va anche considerato che un mercato obbligazionario che sale sempre, con spread in restringimento e tassi in crescita – coe quello che abbiamo visto negli ultimi anni – era un’anomalia storica. Il problema è che non siamo più abituati alla volatilità di questa asset class che però per sua natura, è volatile. Ci troviamo dunque in una situazione nuova con maggiori rischi e rendimenti non più così eclatanti. Quello che è certo però, è che l’obbligazionario ci sarà sempre nei portafogli degli italiani, anche se ora è un momento difficile.

Come muoversi in questo nuovo scenario?

Ora ci vogliono flessibilità, diversificazione e timing, per cui una gestione professionale deve metterci il valore aggiunto, guidando attentamente l’investimento del cliente. Andando avanti sarà sempre più importante avere una gestione professionale.

Quindi si tr
atta anche di un’opportunità…
Certo, ogni momento di flesso rappresenta un’opportunità per chi ha le competenze per coglierle, perché si creano disfunzioni di mercato, spazi in cui un gestore professionale può generare alfa. Però si tratta di una asset class da gestire con più cautela, è più cara e meno appetibile, lo sharp ratio è peggiorato. Quello che facciamo noi è cercare di essere il più possibile flessibili, liberarci da dogmi e benchmark, adottando un approccio diversificato e attento al timing con focus sulla gestione del rischio. Noi adesso vediamo interesse nei corporate bond e nell’high yield, sempre con approccio strategico, poi c’è il mondo dei subordinati finanziari, dei periferici e degli inflation linked.

Quali sono i principali rischi?

Ne abbiamo individuati tre: il primo, di tipo tattico, è costituito dalla Grecia: siamo ancora in una fase di evoluzione del problema, tutto quel che sta succedendo in questi giorni fa parte della partita a poker con l’Europa. Il secondo rischio, di tipo strategico, è costituito dalle mosse della Fed che, nei prossimi mesi, dovrà rialzare i tassi e a normalizzare la politica monetaria, un fattore che dovremo prezzare nei prossimi mesi e che avrà un impatto anche in Europa. L’ultimo rischio, forse il più grave, è il rischio di liquidità: il quantitative easing ha iniettato liquidità nel sistema, ma i nuovi regolamenti in ambito bancario hanno imposto vincoli di capitale più stringenti: così le banche hanno dovuto diminuire la capacità di prendere rischio.

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