Fidelity, l’economia Usa non è ancora pronta per un rialzo dei tassi

NESSUN AUMENTO ATTESO NEL BREVISSIMO TERMINE – Oggi la Federal Reserve non annuncerà alcun aumento dei tassi. Ne è convinto David Buckle, head of quantitative research di Fidelity Worldwide Investment. “Non credo che l’economia sia già abbastanza stabile da poter rischiare una simile mossa”, ha spiegato il manager, ricordando che l’inflazione è ancora eccezionalmente bassa. “Che la Fed segnali al mercato che si stia avvicinando il rialzo dei tassi è normale ed è sempre accaduto, ma la storia dice anche che i rialzi non sono mai avvenuti senza che ciò fosse atteso dai mercati, i quali invece in questo momento lo ritengono improbabile”. Non solo. La numero uno della Fed, Janet Yellen “si era lasciata scappare nel question time di giugno che il rialzo dei tassi sarebbe potuto avvenire a settembre, dicembre o marzo. Non ha mai invece nemmeno citato le riunioni di ottobre e gennaio, che non sono accompagnate da una conferenza stampa”.

INTERPRETARE LA RETORICA DELLA FED – Quanto al possibile impatto sull’economia, Buckle spiega che “non farebbe molta differenza se il primo rialzo avvenisse a settembre o a dicembre: a fare la differenza sarà il ritmo degli aumenti successivi”. Il manager evidenzia poi che “la retorica della dichiarazione della Fed dovrebbe in qualche modo segnalare l’alta probabilità di un rialzo nel mese di dicembre per non sorprendere il mercato. In caso contrario, se la Fed fosse incline ad una posizione dovish, menzionando ad esempio il rafforzamento del dollaro o il rallentamento dei mercati esteri, ciò indicherebbe un probabile posticipo del rialzo al 2016”.

MARGINI DI RAFFORZAMENTO – Anche secondo Anna Stupnytska, global economist di Fidelity Worldwide Investment, “la combinazione dei fattori interni e di quelli internazionali non favorisce un aumento dei tassi nel brevissimo termine”. Anche se sul fronte interno i fondamentali economici degli Stati Uniti si confermano relativamente solidi, “la crescita dei salari è ancora piuttosto contenuta, indicando che il mercato del lavoro ha margini di rafforzamento. Non va poi dimenticato che l’inflazione, sia primaria che core, è ancora molto bassa. Il calo dei prezzi del petrolio e il rafforzamento del dollaro dovrebbero tener a freno l’inflazione ancora a lungo. In un simile contesto, è piuttosto difficile pensare che la Fed possa essere ragionevolmente convinta che le pressioni inflazionistiche riemergeranno nel breve termine. Data l’incertezza, ritengo che una banca centrale attenta all’inflazione non possa in un tale panorama decidere di alzare i tassi. Oltretutto, vi sono ancora delle aree di attenzione a livello internazionale e in particolare i mercati emergenti nel loro complesso sono impattati negativamente dal rallentamento della Cina, dal calo dei prezzi delle materie prime e da condizioni finanziarie meno accomodanti negli Stati Uniti”.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!