Oggi più che mai puntare sulle strategie multi-asset

L’agosto del 2015 non è stato certo un mese tranquillo. Uno degli eventi più significativi è stata la decisione della Cina di svalutare lo yuan, una mossa interpretata da alcuni come un ulteriore sforzo di liberalizzazione dei mercati finanziari da parte delle autorità del Paese e da altri come un tentativo di sostenere le deboli esportazioni cinesi. A commentare i mercati e le strategie di investimento è Alessandro Aspesi (nella foto), country head di Columbia Threadneedle Investments in Italia.

Come legge questa mossa?

Sebbene si tratti di un intervento di per sé notevole, il deprezzamento dello yuan va contestualizzato: negli ultimi 18 mesi la valuta cinese ha evidenziato un andamento molto vigoroso rispetto ad altre divise asiatiche ed emergenti (la People’s Bank of China, PBoC, ha infatti mantenuto stabile il cambio cny/usd in un contesto di marcato rafforzamento del dollaro). Ciò si è inevitabilmente tradotto in una perdita di competitività dell’export cinese rispetto ad altri mercati, in una fase di netto rallentamento dell’economia del Paese. Un deprezzamento del 10% sarebbe superiore a quanto anticipato dai mercati e avrebbe un effetto positivo di sostegno alla crescita economica e ai mercati azionari cinesi e, probabilmente, agli asset rischiosi in generale. Il vice governatore della banca centrale ha inoltre dichiarato che lo yuan sarà una valuta forte nel lungo periodo e che l’obiettivo della PBoC è un tasso di cambio determinato dal mercato. Vale la pena di ricordare che la Cina ha espresso molto chiaramente l’auspicio che lo yuan conquisti lo status di valuta di riserva (si pensi agli sforzi di apertura compiuti dal Paese per far entrare la moneta nel paniere di valute dello Special Drawing Rights del Fondo monetario internazionale). Visto in questo contesto, il passaggio verso un tasso di cambio più determinato dal mercato acquista più senso.

Quali sono gli effetti della svalutazione a più lungo termine?
Più difficili da prevedere: i deflussi di capitali dalla Cina potrebbero aumentare, il dollaro potrebbe rafforzarsi e, se da un lato la mossa gioverà agli esportatori, dall’altro si tradurrà in costi più elevati per gli importatori del Paese. Le società cinesi con spese in dollari Usa ma proventi in yuan, come per esempio alcuni titoli internet o del settore dei beni di prima necessità, potrebbero subire pressioni. A Hong Kong e in altri Paesi asiatici ed emergenti legati al dollaro statunitense, la competitività di beni e servizi è stata erosa dall’intervento cinese.

Altrove, i mercati sviluppati sono concentrati sulle tempistiche e sull’entità del primo rialzo dei tassi statunitensi.
La Fed sta lasciando aperta ogni opzione, benché la svalutazione cinese (e l’eventualità di un nuovo impulso disinflazionistico a livello globale) abbia aggiunto una nuova variabile. Nel Regno Unito e in Europa i dati economici sono stati nel complesso incoraggianti e il tema della stagione dei risultati del secondo trimestre in Europa è stato il passaggio da “sopravvivenza” a “ripresa”. Le attività di m&a restano abbondanti nel Regno Unito e contribuiscono a sostenere l’indice Ftse nonostante i persistenti timori sui settori legati alle materie prime e sulla Cina.

Su quali fondi state puntando?
Certamente sulle strategie multi-asset ma non solo. Su queste, il nostro team gestisce oltre 60 miliardi di euro. Due i prodotti multi-asset su cui puntiamo: il T(Lux) – Global Multi Asset Income e il T(Lux) Global Asset Allocation. Crediamo molto anche nel T(Lux) – Euro Active Bond, un fondo flessibile obbligazionario. Il primo fondo ha un livello di remunerazione discreto e stabile: è stato concepito per conseguire un rendimento del 5% senza esporre gli investitori a tutta la volatilità di prezzo legata a un approccio puramente azionario. Per chi accetta di prendere un po’ più di rischio e chi ha un orizzonte di medio-lungo una buona scelta è il fondo Global Asset Allocation. È adatto a investitori che cercano la rivalutazione del capitale principalmente in un portafoglio in cui le attività sono distribuite nel mercato globale, con un’esposizione verso titoli azionari, a reddito fisso e contanti, valute e materie prime. Infine, in ottica di diversificazione, è interessante il comparto Euro Active Bond: il fondo, un flessibile obbligazionario, può essere adatto a investitori che cercano di diversificare il loro investimento attraverso un’esposizione al debito europeo, sia corporate, sia governativo.

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