Consultinvest: il fondo sovrano norvegese e i suoi rendimenti enormi

RISULTATI LUSINGHIERI – Nei giorni scorsi il fondo sovrano norvegese ha pubblicato i risultati del secondo trimestre che evidenziano un risultato di 202 miliardi di corone norvegesi (+2.6%), spiega una nota di Consultinvest. Il rendimento da inizio anno arriva a così a +6.5% per un totale di 499 miliardi di corone (circa 54 miliardi di euro). Questi numeri sono stati ripresi da parecchie fonti di informazione perché sono impressionanti. Per dare una idea delle dimensioni corrispondono a circa il 3% del PIL italiano (equivalenti a una manovra finanziaria) e al 17% del PIL norvegese. Questi risultati sono dovuti sia alla politica di investimento del fondo che privilegia l’azionario, ma anche alle sue dimensioni che a fine giugno, secondo i dati pubblicati sul sito, erano di circa 8.000 miliardi di corone, cioè circa 860 miliardi di euro. Il fondo è stato costituito dal governo norvegese per investire il surplus generato dalla estrazione del petrolio in modo che quando le riserve finiranno, continueranno a esserci risorse a disposizione per le generazioni future. Le dimensioni del fondo sono pari a quasi tre volte il PIL norvegese e quasi la metà del PIL italiano. Non male per una nazione con poco più di 5 milioni di abitanti, ma che ha uno dei PIL pro capite più alti al mondo (quasi il doppio dell’Italia). La crescita del fondo è impressionante se pensiamo che è quadruplicato dal 2007. Oggi, sempre secondo i dati pubblicati sul sito, ha investimenti in 77 nazioni, in circa 9.000 società, e detiene circa 1.3% delle azioni quotate mondiali, 2.3% delle azioni quotate europee e poco meno dell’1% delle obbligazioni mondiali.

GESTIONE INTERNA – La gestione finanziaria del fondo è demandata a Norges Bank Investment Management (NBIM), ovvero la società di gestione di Norges Bank, la banca centrale norvegese. NBIM impiega circa 600 dipendenti e quindi ha delle dimensioni paragonabili a quelle di un asset manager internazionale di medie dimensioni. La maggior parte degli investimenti sono gestiti internamente e solo il 5% del fondo è delegato a circa 80 gestori terzi, sui mercati emergenti, di frontiera e su segmenti specialistici, quali le small cap. Tutto questo porta a un costo di gestione di soli 4.8 punti base, secondo i dati del rapporto trimestrale, che diventano 6.4 con le commissioni di performance dei gestori terzi. La politica di investimento è piuttosto semplice e l’allocazione strategica è 62.5% sui mercati azionari e 37.5% sui mercati obbligazionari. Negli ultimi anni il governo ha dato mandato di aggiungere investimenti immobiliari fino a raggiungere una percentuale del 7%. A livello geografico gli investimenti azionari e obbligazionari a fine giugno erano 90% sui mercati sviluppati e 10% su quelli emergenti. Gli investimenti obbligazionari erano divisi tra 70% di titoli governativi e 30% di titoli societari. Circa 12% dei titoli governativi erano denominati nelle valute dei paesi emergenti. Non più del 5% degli investimenti può essere i n titoli non investment grade.

ATTENZIONE AL SOCIALE – Un aspetto importante è l’attenzione alla responsabilità sociale e ambientale delle aziende in cui il fondo investe. Fin dal 2004 il governo ha costituito un comitato etico che, supportato da una società di consulenza specializzata, stabilisce i criteri che devono soddisfare le aziende in cui il fondo può investire. Sono quindi state escluse le aziende del tabacco, le aziende coinvolte nel nucleare e in alcuni tipi di armi, le aziende che non adottano codici rispettosi dei lavoratori e soprattutto del lavoro minorile e le aziende che hanno impatti ambientali negativi. Alcuni nomi di società escluse (reperibili sul sito) sono Philip Morris, British American Tobacco, Rio Tinto, Barrick Gold, ma anche Boeing, Lockheed e Wal-Mart. Inoltre sono stati ridotti sensibilmente gli investimenti in società che estraggono il carbone o che lo utilizzano per produrre energia. Ci sono infine delle società sotto osservazione per una possibile esclusione, tra cui la spagnola Endesa e la portoghese EDP (per l’uso di carbone nella produzione di energia) e Petrobras e Leonardo per seri rischi di corruzione. In tempi più recenti il fondo sta anche iniziando ad avere un ruolo più attivo nella governance delle società in cui investe. Sul sito è riportato che il fondo nel 2016 ha votato in circa 12.000 assemblee societarie e ha fatto circa 4.000 incontri con il management delle società. Un aspetto molto interessante è la trasparenza e il sito (www.nbim.no) è una vera miniera di informazioni. Ad esempio un motore di ricerca consente di vedere come il fondo ha votato in ognuna delle assemblee societarie. I fondi sovrani, viste le dimensioni raggiunte, costituiscono oggi un importante attore sui mercati finanziari. Da un lato ci sono indubbiamente dei vantaggi in quanto sono investitori di lungo termine e sono in grado di portare degli elementi di responsabilità sociale e ambientale nella gestione delle società in cui investono. Dall’altro però in alcuni casi restano poco trasparenti (come alcuni fondi del Medio Oriente o della Cina) e possono perseguire anche scopi politici, come il controllo di società straniere l’acquisizione di tecnologie strategiche, oppure diventare vittime essi stessi di fenomeni di corruzione e distrazione di fondi (Malesia). Questi sono argomenti che meritano considerazioni più approfondite che saranno oggetto di un prossimo contributo, conclude la nota di Consultinvest.

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