Bnp Paribas IP: La BCE ha scoperto le carte, adesso tocca alla Federal Reserve

DELUSIONE DALLA BCE – “Le decisioni assunte la settimana scorsa dalla BCE hanno nettamente deluso le attese dei mercati finanziari, ma molto probabilmente non impediranno alla Federal Reserve degli Stati Uniti di innalzare i tassi di riferimento la settimana prossima”, spiegano Joost van Leenders, chief economist del team Multi Asset Strategy, e Colin Graham, responsabile TAA, Multi Asset Solutions di Bnp Paribas Ip. “In effetti, gli ottimi dati rilevati dall’ultimo rapporto sul mercato del lavoro negli USA hanno rafforzato gli argomenti a sostegno del rialzo dei tassi, che segnerebbe l’avvio di un nuovo ciclo di inasprimento. In questo quadro, caratterizzato dalla prospettiva di una lieve riduzione degli stimoli monetari, le obbligazioni non sono state in grado di beneficiare della debolezza dei mercati azionari”.

USA: LA CRESCITA DELL’OCCUPAZIONE APRE LA STRADA AL RIALZO DEI TASSI – “Alla vigilia del primo rialzo dei tassi della Federal Reserve da quasi dieci anni a questa parte, tutti i dati economici vengono interpretati sotto questa luce. Le cifre del rapporto sul mercato del lavoro hanno nettamente rafforzato gli argomenti a favore del rialzo, anche se la disoccupazione è rimasta stabile al 5%, a causa dell’incremento del tasso di partecipazione alla forza lavoro. Ad ogni modo, le ore lavorative settimanali si collocano attualmente ai massimi storici e dunque le imprese dovrebbero continuare ad assumere. A nostro parere le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate al punto da poter creare delle pressioni inflative sui salari”, spiegano i gestori. “L’indice ISM non manifatturiero è sceso in misura superiore alle attese, ma molto probabilmente questo indicatore si è collocato su livelli eccessivamente elevati negli ultimi mesi. Ad ogni modo, lascia ben sperare l’ultima inchiesta ISM che ha rilevato un orientamento favorevole alle assunzioni da parte delle imprese manifatturiere e dei servizi. Le piccole imprese si sono dichiarate meno ottimiste, lasciando l’indice di fiducia ristagnare sui livelli più bassi di quelli registrati di solito nel corso delle fasi di espansione economica. Le intenzioni di assunzione sono positive e sono sempre più numerose le imprese che intendono aumentare i salari, ma la debolezza dell’indice di fiducia deve essere tenuta d’occhio”.

SEGNALI DI RALLENTAMENTO – “A fine novembre, l’indice elaborato dai nostri esperti per le previsioni a brevissima scadenza per seguire l’evoluzione del PIL segnalava un +1,2% su base annua nel quarto trimestre. Questo livello è più basso rispetto a fine ottobre ed è anche inferiore in confronto alla crescita registrata nel terzo trimestre. Un indice simile elaborato dalla Federal Reserve Bank di Atlanta segnala una crescita dell’1,5%, e dunque a quanto pare i dati non annunciano una ripresa, mentre stanno emergendo alcuni segnali di rallentamento”, notano i gestori. “In effetti, è probabile che i consumi risultino fiacchi nel quarto trimestre e che verosimilmente le scorte accumulate frenino ancora la crescita, mentre il disavanzo commerciale riflette il vigore del dollaro. Ad ogni modo, gli effetti negativi del ciclo delle scorte dovrebbero attenuarsi e gli incrementi salariali dovrebbero stimolare i consumi. È necessario restare con gli occhi aperti, rimanendo ottimisti riguardo all’economia USA”.

ZONA EURO: L’ECONOMIA AL TRAINO DEI CONSUMI – “Nel terzo trimestre, la crescita dell’economia nell’area dell’eurozona è stata trainata di consumi e dalla spesa pubblica. Gli investimenti societari sono rimasti invariati, mentre l’interscambio netto ha avuto effetti sfavorevoli – malgrado il deprezzamento dell’euro – poiché le importazioni sono salite ad un ritmo più rapido rispetto all’export. Tuttavia tale penalizzazione è stata compensata dal contributo positivo della ricostituzione delle scorte di magazzino”, spiegano Graham e van Leenders. “Il PMI relativo al settore dei servizi è migliorato, arrampicandosi oltre la media di lungo periodo, in particolare grazie agli andamenti positivi in Germania e Spagna, mentre è rimasto invariato in Italia. Al momento, dunque i PMI compositi (manifattura & servizi) segnalano una crescita nell’area dell’euro superiore al dato tendenziale. Secondo le nostre previsioni i consumi dovrebbero continuare a salire, la spesa pubblica dovrebbe contribuire positivamente dopo anni di austerità ed anche gli investimenti societari dovrebbero crescere”.

BCE, LE POLITICHE DOVREBBERO RESTARE INVARIATE – “Per quanto riguarda le misure di stimolo della BCE, che si sono rivelate inferiori alle attese, a nostro parere è possibile che i membri del Consiglio direttivo favorevoli a nuove misure espansive si fossero esposti troppo”, sottolineano i gestori. “Non è la prima volta che il presidente Draghi si scopre in maniera eccessiva, ma in questa occasione l’economia reale è risultata in condizioni migliori, offendo ai membri più conservatori del Consiglio la possibilità di aggiustare il tiro. Draghi potrebbe essere più cauto la prossima volta o assicurarsi di avere maggiore sostegno nell’ambito del Consiglio quando riterrà necessario comunicare il varo imminente di nuove misure di stimolo. Dopo l’ultimo pacchetto di riforme, le politiche monetarie della BCE dovrebbero restare invariate per qualche mese a meno che naturalmente l’inflazione non resti su livelli troppo bassi per rassicurare gli economisti della banca centrale”.

ASIA: DATI IN CHIAROSCURO – “La recessione tecnica del Giappone – definita da due trimestri consecutivi di contrazione del PIL – è stata scongiurata dopo la correzione dei dati, in particolare grazie alla revisione al rialzo degli investimenti societari. Ad ogni modo, le prospettive per gli investimenti restano fosche, mentre il mercato del lavoro di recente ha inviato segnali positivi. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da indici prospettici solo in lieve miglioramento e dalle flessioni del PMI dei servizi e dell’Economy Watchers’ Survey è difficile delineare un quadro economico positivo”, commentano i gestori. “Il PMI relativo ai servizi è arretrato in India e in Cina, facendo precipitare la media per i quattro paesi BRIC sotto la soglia dei 50 punti. Questo indice prospettico, invece, è migliorato in Brasile e in Russia, ma soprattutto nei paesi latinoamericano i dati reali sono stati in generale molto negativi e mostrano che la recessione continua a mordere”.

CINA, CRESCITA DELLE IMPORTAZIONI – Per Graham e van Leenders “i dati relativi all’interscambio commerciale della Cina hanno mostrato un miglioramento del tasso di crescita delle importazioni su base annua, mentre le esportazioni hanno continuato a diminuire come nei mesi precedenti. I livelli attuali indicano che la tendenza delle importazioni è ancora orientata lievemente al ribasso mentre le esportazioni ristagnano. Per quanto riguarda l’inflazione, i prezzi dei beni non alimentari e dei servizi hanno registrato dei rincari, ma le pressioni deflative restano evidenti con l’ulteriore calo dei prezzi dei beni di largo consumo e il ristagno dei prezzi alla produzione. Alcuni segnali lasciano intendere che le autorità di Pechino abbiano fatto lievitare la spesa pubblica per sostenere l’economia, e al momento non sono escluse nuove misure di stimolo monetario. Il renminbi si è deprezzato a partire da fine ottobre e sui mercati vi sono state molte speculazioni sulla svalutazione della valuta cinese: è possibile, infatti, che le autorità stiano tentando di proteggere l’economia dagli effetti del rafforzamento del dollaro legato all’imminente rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve”.

PAESI EMERGENTI: INVESTIRE IN UN CONTESTO DIFFICILE – “Le pressioni deflative, l’indebitamento elevato, il peggioramento dei bilanci e la contrazione degli utili societari nonché la profonda recessione che si registra in Brasile inducono i nostri esperti a mantenere un atteggiamento prudente per quanto riguarda i paesi emergenti e gli strumenti finanziari riconducibili a queste aree in generale. Tuttavia, i multipli di mercato delle azioni emergenti al momento paiono interessanti e i titoli obbligazionari emessi dai paesi in via di sviluppo offrono differenziali di rendimento elevati. Pertanto, nel quadro della distribuzione degli investimenti nel medio periodo deteniamo una posizione sovrappesata negli attivi dei paesi emergenti, mentre siamo più cauti in una prospettiva di breve termine: in effetti, oltre al sottopeso nel comparto azionario siamo passati ad una sottoesposizione anche verso il debito in valuta locale“, notano i gestori.

STRATEGIE FLESSIBILI – “Per quanto riguarda le strategie flessibili total return, abbiamo chiuso la posizione lunga sul peso (Messico) rispetto al won (Corea del Sud) poiché temiamo che i problemi del Brasile possano penalizzare la valuta messicana, che risente degli andamenti in America Latina. Resta invariata la posizione sovrappesata nel segmento dei titoli societari high-yield di USA ed Europa, mentre i titoli di Stato dovrebbero trarre vantaggio dell’instabilità dei mercati azionari. Tuttavia, negli ultimi tempi tale andamento non si è verificato – forse perché tali turbolenze erano riconducibili alle incertezze ed alle attese relative alla politica monetaria – e ciò ci ha convinto a mantenere una posizione neutra in termini di duration”, concludono Graham e van Leenders.

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