Anima, Italia ok ma la crisi bancaria va risolta subito

 QUADRO GLOBALE INCERTO – Panorama macro economico sempre più incerto e peggioramento nella percezione dei rischi da parte dei mercati. Le politiche monetarie divergenti tra Bce e Fed, le difficoltà delle autorità cinesi di conciliare liberalizzazione e regolamentazione e di attuare una politica monetaria non contraddittoria, il prezzo del petrolio che continuerà a essere basso per l’eccesso di offerta. E’ il quadro a tinte fosche ma con qualche spiraglio che emerge dalla intervista che Miriam Berizzi (nella foto), responsabile del servizio specialisti di mercato di Anima Sgr, ha concesso a Bluerating.com, nella pausa di “Anima Première 2016” (nella foto in basso a sinistra) la due giorni milanese organizzata dalla Sgr all’Hotel Gallia per incontrare i professionisti di banche e reti e confrontarsi con loro sui mercati del 2016. Spiragli attinenti alla situazione italiana, che è promettente a patto che si risolvi presto e bene la crisi bancaria scoppiata nei giorni scorsi.  

Berizzi, quanto incidono nell’attuale situazione di incertezze le politiche monetarie divergenti portate avanti da Bce e Fed?
Le banche centrali sono state protagoniste nel 2015 di una azione caratterizzata da una forte discontinuità e con decisioni di politica monetaria poco accomodanti: nel meeting del 3 dicembre la Bce aveva deluso le aspettative degli investimenti con un potenziamento del Qe più debole del previsto, poi il 16 dicembre lo storico aumento dei tassi da parte della Fed. Due eventi apparentemente contraddittori: da una parte una scelta di politica monetaria espansiva dall’altra una restrittiva. In realtà in entrambi casi l’effetto è stato quello di deludere gli investitori che nel caso della Bce si aspettavano un supporto maggiore in linea con le decisioni prese in passato da Draghi. Il mercato ha iniziato a riflettere sul fatto che il coordinamento degli stimoli monetari su scala globale è stato uno dei motivi più importanti dell’apprezzamento dei mercati monetari negli anni scorsi e ha cominciato a chiedersi se il quadro macro e fondamentali aziendali siano sufficientemente solidi da consentire al mercato di sostenersi da soli. Da inizio anno il deterioramento del quadro macro globale e il flusso delle notizie relativi alle materie prime e dalla Cina spinge a dare una risposta negativa. E anche oggi ci si chiede se le banche centrali dovessero fare un passo indietro, tornando a dare un supporto al mercato, quanto sarebbero credibili ed efficaci eventuali ulteriori stimoli.

Nel quadro macroesconomico generale quanto possono pesare i timori legati all’andamento dell’economia cinese?
Penso che in questo momento il grosso problema del mercato più che sulla tenuta del quadro macro in sé sia il dubbio che le autorità politiche e monetarie cinesi non abbiano saldo il controllo della situazione. Dopo la gestione dilettantesca collegata allo scoppio della bolla sul mercato azionario del gigante asiatico in estate, abbiamo 

riscontrato a inizio anno anche le difficoltà delle autorità cinesi di conciliare liberalizzazione e regolamentazione del mercato mediante i cosiddetti circuit breaker, cioè i meccanismi di stabilizzazione del mercato che sono durati appena tre giorni, dal 4 al 7 gennaio, perché hanno alimentato anziché evitare il crollo delle quotazioni. Aggiungo che è stata anche incoerente la comunicazione da parte delle autorità cinesi relativamente al regime valutario, perché ad agosto ci hanno detto che avrebbero modificato il sistema di quotazione del renminbi rispetto al dollaro per renderlo più sensibile ai movimenti di mercato, salvo poi a dicembre cambiare rotta affermando che l’obiettivo è la stabilità del cambio rispetto al paniere di divise dei partner commerciale. La sensazione è che sia in corso un processo di apprendimento da parte delle autorità cinesi che di volta in vota correggono le reazioni e ciò non è particolarmente rassicurante per gli investitori. La possibilità che prima o poi possa esserci un incidente di percorso più serio a questo punto non si può escludere.

In tema di materie prime, tiene banco il continuo calo del prezzo del petrolio. Ci sono segnali di una inversione di tendenza?
Direi di no anzi le notizie recenti fanno ritenere che l’assorbimento dell’eccesso di offerta sarà più lento e difficile del previsto: l’Iran dopo la rimozione delle sanzioni è tornata sul mercato e questo concorrerà ad aumentare l’offerta e gli Usa hanno raggiunto il picco di produzione di sempre. Questo eccesso di offerta che non si riassorbe accresce il rischio che si produca il famigerato credit event cioè che un paese produttore o una società petrolifera di dimensioni ragguardevoli entrino in crisi e creino turbolenze tali sui mercati finanziari da impattare sulle economie reali. 
Che valutazione date della situazione italiana alla luce della crisi improvvisa che ha interessato il sistema bancario?
L’Italia è finita nelle ultimissime giornate nell’occhio del ciclone per la situazione del sistema bancario. Le richieste standard della Bce sui meccanismi di valutazione e gestione dei non performing loan ad alcune banche ha riacceso le preoccupazioni sulla solidità del sistema bancario nel suo insieme: è stata adombrata la necessità di nuovi aumenti di capitale, sottolineati i ritardi nella costituzione della sospirata bad bank e il mancato consolidamento del settore attraverso operazioni straordinarie di fusione e acquisizione. A nostro avviso, invece, è in primis un tema di fiducia, di percezione del rischio perché in realtà la solidità del sistema bancario non è in discussione, dopo gli stress test e i rafforzamenti di capitale che sono stati varati nel 2014. Da questo punto di vista una comunicazione più chiara della Bce relativamente alle sue modalità operative delle funzioni di vigilanza e soprattutto un accordo con l’Ue per la costituzione della bad bank di sistema metterebbe a posto le cose. Il quadro macroeconomico italiano è uno dei più solidi su scala europea, le indagini sulla fiducia degli imprenditori operanti nel settore industriale, manifatturiero e dei servizi, si attestano ai livelli più alti dell’intera Europa e anche le indagini trimestrali sul settore creditizio ha fotografato un ulteriore forte miglioramento per le concessioni di offerta di credito che dovrebbero ulteriormente supportare la ripresa di consumi e investimenti. In definitiva, sull’Italia siamo costruttivi ma è importante che il problema delle banche scoppiato con grande impatto vada risolto in fretta altrimenti è possibile un peggioramento del quadro generale anche nel nostro Paese.

Dal 2016 è diventato operativa la normativa comunitaria che impone il Bail in. Ci sono rischi concreti per i risparmiatori italiani a vostro avviso?
Noi siamo convinti della solidità delle banche e conseguentemente il coinvolgimento dei risparmiatori, in particolare se concentrati su strumenti sicuri come depositi e obbligazioni senior, è una prospettiva che appare lontana. 
 

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