Bnp Paribas IP: I mercati tirano un sospiro di sollievo ma il rialzo potrebbe finire presto

RIDURRE L’ESPOSIZIONE AGLI ATTIVI RISCHIOSI – “Nelle ultime due settimane, gli attivi a maggior rischio hanno registrato un rialzo significativo”, spiega Joost van Leenders, chief economist del team Multi Asset Solutions di Bnp Paribas Ip. “Crediamo però che tale andamento sia in ampia parte riconducibile all’attenuazione dei timori sui mercati dopo una fase appesantita da un eccessivo pessimismo. Ad ogni modo, gli ultimi dati economici non sono stati particolarmente positivi e nell’area dell’euro, in Giappone e nei paesi emergenti alcune cifre si sono rivelate inferiori alle attese. Pertanto, abbiamo ridotto ulteriormente l’esposizione verso gli attivi rischiosi”.

OCSE: SEGNALI DI RALLENTAMENTO DELLA CRESCITA – “Gli ultimi indicatori prospettici pubblicati dall’OCSE hanno segnalato un rallentamento della crescita in tutti i paesi che fanno parte di questa organizzazione – in particolare negli USA, in Giappone e in Canada – e, sempre secondo l’OCSE, segnali di frenata stanno emergendo anche in Germania. Il CLI (un indicatore anticipatore composito) elaborato dall’OCSE segnala una solida espansione per l’insieme dell’area dell’euro, con una crescita stabile in Francia e Italia, mentre a livello mondiale anche l’India continua a crescere”, aggiunge van Leenders. “Per quanto riguarda la Cina, il CLI rileva dei timidi segnali di stabilizzazione – secondo l’OCSE – ma, a nostro parere, questi segnali sono davvero molto incerti. Infine, negli ultimi mesi il CLI ha segnalato una flessione dell’economia del Brasile inferiore a quella della Cina e una contrazione più rapida dell’economia russa. Considerando l’andamento complessivo di questo indicatore, si nota che il CLI è salito solo in 11 dei 39 paesi oggetto di rilevazione: una percentuale pari al 28%, che rappresenta il dato più basso dal luglio del 2012. Gli ultimi indici PMI pubblicati hanno confermato queste previsioni negative e, infatti, il PMI globale relativo ai servizi ha cominciato a convergere verso il basso insieme al PMI manifatturiero. Inoltre, il PMI manifatturiero globale ponderato per il PIL che abbiamo elaborato supera di poco la soglia della crescita, mentre la componente relativa ai servizi è crollata. Di conseguenza, il PMI composito globale indica una crescita sostanzialmente nulla, con dati negativi per i mercati emergenti e in netto peggioramento per i paesi avanzati”.

BRUTTE NOTIZIE PER IL BRASILE – “Nelle aree in via di sviluppo rileviamo che la serie di notizie negative per il Brasile sembra non avere fine: tensioni politiche, inflazione elevata, impennata dell’indebitamento privato e ingente deficit di bilancio, senza contare che la contrazione dell’attività economica si è accentuata nel quarto trimestre dell’anno passato. L’unico raggio di sole è rappresentato dal miglioramento delle esportazioni, grazie al deprezzamento della valuta che, tuttavia, non pare in grado di compensare la debolezza dell’economia interna”, spiega van Leenders. “A livello internazionale spicca la flessione del PMI del settore dei servizi USA ma per il momento non riteniamo che tale andamento fornisca particolari indicazioni. Questo calo inatteso, infatti, trova conferma solo in parte nell’indebolimento dell’ISM non manifatturiero. Fatte queste premesse, bisogna però dire che la fiducia nel settore delle piccole imprese è scesa per il secondo mese consecutivo mettendo in evidenza il trend ribassista che ha preso avvio alla fine dell’anno scorso. Gli indicatori prospettici stanno segnalando una frenata dell’economia globale. Tuttavia, numerosi indici dei mercati finanziari sono migliorati: infatti, assieme al recente rialzo azionario, anche i prezzi del petrolio e del rame sono migliorati nelle ultime settimane. Inoltre, le attese di inflazione sono salite e il Baltic Freight Index – che rileva i costi di spedizione delle merci – è sceso vicino ai minimi storici”.

USA: OCCUPAZIONE IN RIPRESA – “Dopo la flessione registrata a gennaio (comunque attenuata da una correzione al rialzo che ha interessato anche il dato di dicembre) negli USA la crescita dell’occupazione è ripartita. La riduzione della settimana lavorativa media e delle retribuzioni orarie medie ha influenzato sfavorevolmente l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro che, tuttavia, non consideriamo come un rapporto negativo, in particolare poiché il forte incremento della forza lavoro si è protratto per il terzo mese consecutivo. La crescita degli impieghi rilevata dall’indagine condotta presso le famiglie è stata abbastanza robusta da mantenere il tasso di disoccupazione invariato al 4,9%, mentre il tasso che include i lavoratori saltuari e quelli a tempo parziale (per ragioni economiche) è sceso dello 0,2%, attestandosi ai minimi dal 2008″, fa notare van Leenders. “Anche altri indicatori hanno segnalato una certa vivacità del mercato del lavoro: le nuove richieste di sussidio di disoccupazione sono rimaste relativamente basse, mentre il numero di posti vacanti e i licenziamenti volontari sono elevati. Tuttavia, il Labour Market Conditions Index – che viene seguito con attenzione dal presidente della Federal Reserve, Janet Yellen – ha fatto segnare la flessione più netta dal giugno del 2009, in particolare a causa del calo delle ore lavorate in media e delle retribuzioni orarie, e anche i consumatori hanno espresso meno ottimismo sulle prospettive del mercato del lavoro. In questo quadro tendiamo a escludere che la Federal Reserve possa decidere un nuovo giro di vite sui tassi in occasione della riunione di marzo dei vertici della banca. Tuttavia – contrariamente all’opinione di numerosi economisti – riteniamo che sia prematuro escludere l’eventualità di una nuova stretta a giugno: in effetti, le probabilità di un rialzo attese dai mercati sono salite dallo 0% di metà febbraio all’attuale 40%. Infine, segnaliamo che se la crescita delle retribuzioni orarie è modesta, l’inflazione si è issata su valori non lontani dall’obiettivo del 2% fissato dalla Federal Reserve”.

CINA: IN DUBBIO L’OBIETTIVO DI CRESCITA PER IL 2016 – “Le autorità di Pechino hanno fissato un obiettivo di crescita del PIL compreso tra il 6,5% e il 7% per il 2016, e questa fascia di oscillazione potrebbe consentire al governo di disporre di maggiore flessibilità nel contrastare un’eventuale frenata dell’economia. In effetti, pare già che le misure monetarie e fiscali di tipo tradizionale stiano avendo la priorità rispetto alle riforme strutturali, considerata l’evanescenza dei provvedimenti destinati a ridurre l’eccesso di capacità produttiva e a istituire dei fondi a sostegno dei lavoratori che perderanno il posto”, spiega van Leenders. “Noi dubitiamo che l’obiettivo di crescita possa essere raggiunto, in particolare alla luce della recente flessione dei PMI (sia manifatturiero sia relativo ai servizi). I dati dell’economia cinese in questo periodo dell’anno devono essere analizzati con cautela prima di giungere a una qualsiasi conclusione poiché le festività per il capodanno in genere distorcono le statistiche. Tuttavia – malgrado la dovuta prudenza – il crollo delle esportazioni ai minimi degli ultimi due anni e il calo delle importazioni ai minimi dall’inizio del 2010 non lasciano ben sperare. Un nuovo stimolo monetario potrebbe concretizzarsi attraverso una riduzione degli obblighi di riserva delle banche – in particolare nel momento in cui il deflusso di capitali continua a drenare liquidità dall’economia interna – anche se tale tendenza ha rallentato a febbraio, probabilmente grazie all’entrata in vigore di controlli sui movimenti di capitale. Inoltre, con un’inflazione complessiva inferiore al 2% e i prezzi alla produzione in calo, la banca centrale potrebbe anche tagliare i tassi di riferimento”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: SOTTOPESO AZIONARIO – “Siamo passati al sottopeso nei mercati azionari rispetto alla posizione detenuta in liquidità. Agli investitori che non possono detenere liquidi oltre certi livelli consigliamo di puntare sui titoli di Stato a breve piuttosto che sulle obbligazioni con scadenze più lunghe. In effetti, l’economia globale non pare solida e numerosi indicatori prospettici segnalano una perdita di slancio. Pertanto, prevediamo un aumento della volatilità sui mercati degli attivi rischiosi. Secondo i nostri indicatori il posizionamento degli investitori è ancora prevalentemente short e tale configurazione di mercato è positiva per operare in controtendenza. Tuttavia, negli ultimi tempi il recupero delle azioni ha dissolto in gran parte il pessimismo”, nota van Leenders. “A nostro avviso, i titoli azionari sono leggermente troppo cari, soprattutto negli Stati Uniti, e riteniamo che le prospettive reddituali delle imprese – penalizzate da recenti correzioni al ribasso – siano prevalentemente negative a livello globale. Parte dell’interesse delle azioni è rappresentato dai dividendi che assicurano un rendimento elevato, in particolare rispetto alla maggior parte dei titoli obbligazionari. Tuttavia, negli ultimi anni la percentuale di utili versata agli azionisti è aumentata, sia negli USA che in Europa, e, in particolare nel Vecchio Continente, non pare più sostenibile. Al momento preferiamo mantenere una posizione sottopesata nel segmento delle large-cap europee, poiché in un contesto caratterizzato da un’inflazione bassa pare poco probabile che le grandi imprese riescano ad aumentare i margini di profitto. Inoltre, le large-cap europee in genere sono fortemente esposte alla crescita globale (e a quella dei mercati emergenti) e ciò potrebbe rivelarsi un fattore sfavorevole. I tassi d’interesse bassi, in generale, dovrebbero essere positivi per le azioni ma per un approfondimento gli effetti delle nuove misure di politica monetaria della BCE rimandiamo alla flash note “BCE: si prova la terapia shock”1. Inoltre, un ulteriore slittamento delle attese di rialzo dei tassi USA fino al mese di giugno potrebbe rivelarsi negativo per le azioni nel prossimo futuro”.

STRATEGIE TOTAL RETURN: RIDOTTA L’ESPOSIZIONE AL BETA E AL RIALZO DEI TASSI – “Abbiamo liquidato la posizione lunga nel segmento dei titoli societari high-yield USA per ridurre l’esposizione al beta nei portafogli obbligazionari. Inoltre, nell’ambito dell’operazione basata sul sovrappeso in REIT USA rispetto ai servizi di pubblica utilità, abbiamo liquidato la posizione lunga, mantenendo solo il sottopeso nelle utilities, e abbiamo poi costituito una nuova posizione short in REIT dopo l’ottima performance del settore immobiliare negli Stati Uniti. Infatti, questo segmento di mercato è particolarmente sensibile alle oscillazioni dei tassi d’interesse e, dunque, potrebbe risentire negativamente dello slittamento delle attese di rialzo del tasso sui federal fund”, conclude van Leenders.

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