Bnp Paribas Ip: le fluttuazioni del greggio e l’altalena sui dati tengono sulla corda i mercati

OTTIMISMO SUI MERCATI – “Questa settimana sui mercati finanziari ha prevalso l’ottimismo: i dati economici arrivati dalla Cina sono stati accolti favorevolmente e gli esperti ritengono che l’economia USA sia destinata a migliorare dopo un primo trimestre caratterizzato da una modesta crescita del Pil”, spiega Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Ip. “Intanto, al vertice di Doha i principali produttori di petrolio non sono riusciti a trovare un accordo su una riduzione della produzione e la notizia del mancato accordo ha spinto al ribasso i prezzi, provocando anche una flessione temporanea sui mercati”.

CINA: PROVE DI RIPRESA – “Nel primo trimestre il PIL della Cina è salito del 6,7% su base annua: questa percentuale si colloca ancora al centro della forchetta fissata dal governo come obiettivo di crescita per quest’anno, ma fa segnare un’ulteriore frenata del ritmo d’espansione dell’attività economica. Inoltre, la decelerazione del tasso di crescita trimestrale annualizzato al 4,5% – il dato più basso dall’inizio di questa serie storica nel 2011 – è stata ampiamente ignorata in numerose analisi. Non mancano, però, alcuni segnali d’inversione di tendenza, come i dati dei PMI o l’incremento degli investimenti fissi delle società. La produzione industriale è cresciuta a un ritmo più rapido, la produzione di elettricità – generalmente considerata un indicatore tempestivo e poco distorto dell’attività economica – ha fatto segnare un incremento e anche la produzione di cemento ha registrato un’impennata favorita dall’aumento delle costruzioni e degli investimenti in infrastrutture. Inoltre, negli ultimi tempi anche vari indicatori, come il PIL elaborato da Bloomberg e l’indice Li Keqiang, hanno svoltato al rialzo”, sottolinea van Leenders. “Tuttavia, persistono ancora dei punti deboli, come la crescita delle vendite al dettaglio, che si è attestata sul ritmo più lento dal 2004. Inoltre, a partire da marzo 2014 la componente composita dell’indice PMI relativa all’occupazione si è collocata al sotto di quota 50 in tutti i mesi – tranne uno – e lo scorso marzo è scesa al minimo storico. Il mercato dell’edilizia residenziale ha imboccato una tendenza al rialzo: le vendite di abitazioni, infatti, hanno segnato un’impennata stimolando l’attività di costruzione. La media degli incrementi delle quotazioni immobiliari (ponderata per la popolazione) rilevati nelle 16 città principali della Cina è salita del 17%, ad un ritmo quasi doppio rispetto ai rialzi registrati nel 2010 e 2014, facendo supporre che si stia formando una nuova bolla speculativa. Riteniamo che le prospettive per la Cina siano certamente positive nel breve periodo grazie al traino rappresentato dalle misure di stimolo fiscali e monetarie in un quadro complessivo caratterizzato però da forti squilibri, con un’economia in rallentamento strutturale a causa della frenata della crescita demografica e della produttività. Rimaniamo pertanto abbastanza scettici a proposito della recente ondata di ottimismo per la crescita in Cina”.

USA: DUBBI SULLA FRENATA DEL MERCATO DEGLI IMMOBILI RESIDENZIALI – “Per quanto riguarda l’economia USA, la nostra attenzione si è concentrata in particolare su due andamenti: negli ultimi tempi la fiducia dei consumatori non ha registrato ulteriori miglioramenti e la spesa è stata modesta. Tuttavia, l’incremento dei redditi e della ricchezza netta delle famiglie dovrebbe favorire una ripresa delle vendite nel secondo trimestre. Inoltre, la tendenza al rialzo registrata da alcuni indicatori del mercato immobiliare si è stabilizzata: il clima di fiducia nel settore delle imprese edili non ha registrato variazioni tra febbraio e aprile, mentre le licenze edilizie e le aperture di nuovi cantieri sembrano essersi assestate sui massimi negli ultimi tempi. In un contesto caratterizzato da disoccupazione bassa, robusti incrementi dei redditi e tassi modesti sui mutui immobiliari, a nostro avviso, il settore dell’edilizia residenziale non dovrebbe subire ulteriori rallentamenti”, aggiunge van Leenders. “Prevediamo che il rilancio della crescita nel secondo trimestre sarà di dimensioni ridotte, ma dovrebbe rivelarsi abbastanza consistente da indurre la Federal Reserve a fare un altro passo – verosimilmente a giugno – verso la normalizzazione dei tassi di interesse”.

GIAPPONE: SI TEME UNA RECESSIONE TECNICA – “Il PIL del Giappone ha registrato una contrazione nel quarto trimestre dell’anno scorso e potrebbe aver subito la stessa sorte anche nel primo trimestre del 2016. Se fosse vero, il Giappone potrebbe scivolare nella quinta recessione tecnica (definita come due trimestri consecutivi di contrazione) dall’inizio del nuovo millennio: zone d’ombra sono emerse nel settore manifatturiero, nei consumi delle famiglie e nell’interscambio commerciale. In un contesto caratterizzato da un potenziale di crescita basso è probabile che le recessioni tecniche si verificheranno più di frequente, poiché un rallentamento di metà ciclo si trasforma più facilmente in una recessione. Tuttavia, una ulteriore recessione rappresenterebbe un duro colpo per la credibilità della Abenomics e della Banca del Giappone. Una nuova tornata di misure di stimolo potrebbe essere approvata già in occasione della riunione dei vertici della banca centrale prevista per il 28 aprile. L’autorità monetaria nipponica potrebbe decidere di spingere ulteriormente i tassi d’interesse in territorio negativo o di espandere l’allentamento quantitativo. È possibile, però, che i mercati reagiscano con scetticismo, ritenendo che la banca centrale stia esaurendo i margini di manovra”, spiega van Leenders. “Ad ogni modo, il Giappone non è il solo Paese ad aver incontrato difficoltà nel commercio con l’estero: in base ai dati preliminari forniti dai sei Paesi emergenti che seguiamo – Brasile, Cile, Cina, Corea del Sud, Taiwan e India – il tasso annuo di crescita dell’export è migliorato – in particolare grazie alla ripresa in Cina – ma senza quest’ultimo recupero il tasso sarebbe rimasto vicino al -8%”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: INVARIATA
– “Sinora gli utili pubblicati dalle imprese USA si sono rivelati in linea con le attese: in effetti, anche se gli utili hanno accusato una netta flessione, numerose aziende hanno registrato risultati superiori alle modeste previsioni degli analisti. Il crollo dei profitti registrato da alcune delle banche più importanti sta facendo scattare un taglio dei costi, anche attraverso delle riduzioni del personale. Nel complesso, dall’inizio dell’anno i titoli bancari hanno registrato un ritardo in termini di performance rispetto all’indice S&P 500, dunque la flessione degli utili era stata prevista. Le banche adesso stanno recuperando parte del distacco ma, nel complesso, non riteniamo che al momento gli utili societari rientrino tra i fattori principali in grado di influenzare il mercato complessivo”, conclude van Leenders. “La reazione delle borse al fallimento delle trattative di Doha è stata interessante: inizialmente, i listini hanno seguito al ribasso i prezzi del greggio secondo un modello osservato da vari mesi a questa parte. È possibile che il ribasso del petrolio abbia fatto presagire una crescita globale debole, oppure che il mercato si sia concentrato sull’impatto negativo sugli investimenti. Tuttavia, la flessione dei prezzi del greggio dopo il fallimento delle trattative era da considerare chiaramente come uno shock negativo dal lato dell’offerta e non è correlato con i timori per la crescita globale. Ad ogni modo, la flessione è stata di breve durata e, sia i mercati sia i prezzi del greggio sono rapidamente saliti di pari passo, mantenendo una correlazione positiva. Crediamo che il miglioramento del clima di mercato sia in ampia parte riconducibile alle attese di un’espansione dell’attività economica sia in Cina sia negli USA. A nostro avviso, l’economia statunitense dovrebbe registrare una ripresa nel secondo trimestre ma tendiamo a escludere che l’attuale trend – che si aggira attorno al 2% – possa registrare variazioni sostanziali, anche se la crescita USA è complessivamente neutra per gli attivi rischiosi. Per quanto riguarda la Cina, riteniamo che i mercati in passato siano stati eccessivamente pessimisti. Tale tendenza adesso è stata corretta, in particolare negli USA, dove l’indice S&P 500 sta salendo verso i massimi storici. Pensiamo che la crescita rimarrà modesta, frenando l’inflazione e l’incremento degli utili; pertanto l’allocazione difensiva degli attivi non è stata modificata”.

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