Bnp Paribas Ip: si avvicina un nuovo rialzo dei tassi Usa

FED PROPENSA A INNALZARE I TASSI – “È possibile che i mercati si stiano abituando all’idea di una stretta sui tassi d’interesse USA in tempi brevi. Per quanto riguarda la Federal Reserve, dai verbali della riunione di aprile dedicata alla politica monetaria traspare una maggiore propensione a innalzare i tassi; un segnale ribadito dalle numerose dichiarazioni dai toni restrittivi rilasciate dai vertici della banca centrale”, sottolinea Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Ip. “I mercati azionari in generale sono comunque riusciti a registrare un rialzo favorito dai dati positivi in arrivo dal mercato immobiliare USA e dai probabili vantaggi per il settore bancario in caso di rialzo dei tassi. Tuttavia, le cifre del settore manifatturiero sono rimaste complessivamente modeste: una crescita mediocre a livello mondiale e le prospettive fosche per gli utili societari depongono a favore di un’allocazione degli attivi prudente”.

RIALZO DEI TASSI USA IN GIUGNO: SALGONO LE PROBABILITÀ – “I toni degli ultimi verbali della riunione di politica monetaria della Federal Reserve ‒ pubblicati il 18 maggio ‒ sono parsi più restrittivi del previsto. Il miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari ha però favorito una schiarita per le prospettive dell’economia USA e i membri del FOMC sono stati rassicurati anche dall’ulteriore miglioramento dell’occupazione, mentre – secondo gran parte degli osservatori – si sono attenuati i rischi legati all’economia globale ed agli andamenti finanziari”, aggiunge van Leenders. “Il miglioramento delle prospettive congiunturali, unito all’inversione di tendenza dei prezzi dei beni energetici, ha indotto gli economisti della banca centrale a prevedere un rialzo dell’inflazione verso l’obiettivo del 2% nel medio periodo. E dato che anche l’altro obiettivo della Federal Reserve – ovvero la diminuzione del tasso di disoccupazione – pare sempre più a portata di mano, i responsabili delle politiche monetarie USA si sono convinti a lasciare aperta la possibilità di un rialzo dei tassi già a giugno. In realtà, è stata abbassata l’asticella per varare un nuovo giro di vite. Le autorità monetarie USA temevano persino che gli operatori di mercato non avessero valutato correttamente la probabilità di un rialzo a giugno. Una comunicazione chiara sulla possibilità di un rialzo in tempi brevi e di due rialzi nel corso di quest’anno è perciò stata divulgata dai funzionari della Federal Reserve. I titolari delle politiche monetarie USA hanno espresso qualche valutazione anche a proposito del referendum sulla permanenza nell’UE che si terrà in Gran Bretagna poco dopo la riunione di giugno del FOMC, rilevando che i mercati finanziari mondiali potrebbero risentire dell’uscita di Londra dall’Unione europea, ma non dando l’impressione che la politica della Federal Reserve potesse restare in attesa dell’esito del voto. In definitiva, le probabilità di un rialzo in giugno stimate dai mercati sono schizzate verso l’alto: dopo le dichiarazioni restrittive da parte dei funzionari della Federal Reserve sono salite dal 4% al 12% e dopo la pubblicazione degli ultimi verbali del FOMC sono balzate al 32%. In base ai prezzi dei future sui Federal Funds le probabilità di un rialzo a giugno si attestano attualmente su un livello superiore al 50% e adesso tutta l’attenzione dei mercati si concentrerà sul discorso del presidente della banca centrale Janet Yellen, previsto per il 27 maggio”.

RIALZO DEI TASSI USA: I MERCATI SI ABITUANO ALL’IDEA – “I mercati finanziari hanno reagito all’aumento delle probabilità di un giro di vite sui tassi, ma non hanno registrato shock di rilievo. In effetti, la curva dei rendimenti dei titoli USA si è appiattita dopo l’ultimo rialzo del dicembre scorso. Tale andamento potrebbe implicare che i mercati riscontrano ancora il rischio di un errore di politica monetaria e non sono convinti che la Federal Reserve abbia avviato un ciclo di rialzo. Tuttavia non bisogna dimenticare che l’allentamento quantitativo nell’area euro e in Giappone sta frenando i rendimenti decennali”, nota van Leenders. “Il dollaro USA ha fatto segnare un leggero apprezzamento, mentre i mercati azionari hanno registrato una lieve flessione ‒ che è stata rapidamente recuperata ‒ e, dopo che gli ultimi dati relativi alle vendite delle case di nuova costruzione hanno mostrato un rialzo di transazioni e prezzi, i listini USA sono balzati verso l’alto. Le banche hanno trainato i rialzi grazie alla prospettiva di incassare margini più elevati sugli interessi e alla tenuta del mercato immobiliare residenziale. I mercati azionari e le banche in particolare si sono comportati bene anche in Europa, forse grazie alla notizia che il governo italiano avrebbe accettato delle azioni come pagamento degli interessi per gli aiuti finanziari concessi agli istituti in difficoltà”.

REMISSIONE DEL DEBITO GRECO: SIAMO PIÙ VICINI – Per van Leenders “la Grecia e i suoi creditori hanno raggiunto un accordo che apre la strada a una nuova tranche di aiuti per 7,5 miliardi di euro – parte dell’attuale programma di salvataggio di 86 miliardi di euro – ma la notizia vera è l’ammissione del principio della remissione del debito. Facendo un’importante concessione, il FMI – che inizialmente chiedeva di decidere le misure di alleggerimento del debito all’inizio del programma – ha accettato che i tagli sul debito saranno decisi alla fine dell’attuale programma di sostegno, consentendo di rimandare i negoziati sino al 2018, cioè dopo le elezioni tedesche dell’anno prossimo. Il fatto più importante da notare è che il Fondo Monetario continuerà a partecipare al salvataggio della Grecia e che i rischi legati al suo debito scivolano nuovamente in secondo piano”.

IL PUNTO DEBOLE: IL SETTORE MANIFATTURIERO – “Il settore manifatturiero resta il punto debole dell’economia mondiale. Gli indici regionali della fiducia dei consumatori sono risultati inferiori alle attese e l’indice dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero elaborato da Markit è scivolato ai minimi dal settembre del 2009. L’economia pare ancora in una fase di smaltimento delle scorte di magazzino e le esportazioni sono in difficoltà a causa dell’apprezzamento del dollaro. Anche in Giappone negli ultimi tempi il settore manifatturiero ha dovuto fare i conti con un rafforzamento della valuta”, fa notare van Leenders. “Il Pmi manifatturiero è salito in Francia e Germania, ma è peggiorato in altri importanti Stati membri dell’UE. Rispetto alla media degli ultimi anni, l’euro è ancora debole rispetto al dollaro, ma gli effetti positivi del deprezzamento dovrebbero attenuarsi. Inoltre, il tasso di cambio dell’euro (ponderato per l’interscambio commerciale) è ancora relativamente elevato, in parte a causa della debolezza della sterlina”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: L’ESPOSIZIONE ALLA DURATION TRASFERITA DALL’EUROZONA AGLI USA – “Nel comparto dei titoli di Stato abbiamo trasferito parte dell’esposizione verso gli Stati Uniti. Secondo le nostre stime, la remunerazione offerta nel lungo periodo dai titoli USA sarà infatti più elevata. Il rischio di un rialzo dei rendimenti è probabilmente più alto negli USA che in Germania, poiché la Federal Reserve pare intenzionata a innalzare i tassi d’interesse, anche se i mercati sono più scettici, mentre il programma di acquisto di attivi della BCE dovrebbe continuare a frenare i rendimenti in Germania. Tuttavia, persino se i rendimenti USA registrassero un lieve rialzo, riteniamo che il carry (il rendimento cedolare al netto di eventuali costi di finanziamento) e il roll-down (la plusvalenza che si ottiene quando, con il passare del tempo, il prezzo dell’obbligazione aumenta e il rendimento diminuisce) compenseranno tale andamento. Uno dei motivi per allontanarsi dall’area euro è rappresentato dal rischio di ampliamento degli spread sui titoli di Stato delle aree periferiche. Gli spread sui titoli di Spagna e Italia sono relativamente bassi ma entrambi i paesi stanno incontrando delle difficoltà per tagliare i deficit e il debito pubblico. Inoltre, l’esito delle elezioni in Spagna è incerto, mentre in Italia il referendum sulle riforme costituzionali rappresenta un rischio di mercato”, conclude van Leenders.

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