Bnp Paribas IP: per gli attivi rischiosi all’orizzonte fattori sfavorevoli di varia natura

LA FRENATA – “Gli ultimi PMI pubblicati hanno in generale confermato il rallentamento del settore manifatturiero. Negli USA tale andamento è stato compensato dall’accelerazione dei consumi, ma in molti altri paesi non è andata così. L’indice azionario S&P 500 è salito sino a sfiorare i massimi storici, mostrando che gli investitori ritengono l’economia ancora abbastanza robusta da poter reggere il prossimo rialzo dei tassi della Federal Reserve, mentre il mercato obbligazionario pare meno fiducioso”, sottolinea Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Ip. “Le piazze azionarie dei paesi emergenti sono state meno vivaci, poiché gli ultimi dati pubblicati non segnalano un forte rilancio della crescita in Cina, mentre il dollaro USA si è rafforzato ulteriormente e il renminbi cinese si è deprezzato. I prezzi del greggio sono saliti ancora, ma quelli delle altre materie prime hanno ristagnato sin da fine aprile. Nel complesso, riteniamo che il contesto congiunturale sia ancora difficile per gli attivi finanziari più rischiosi”.

USA: BENE I CONSUMI, MALE IL MANIFATTURIERO – “Negli Stati Uniti, i consumi delle famiglie hanno fatto registrare una solida crescita nel primo trimestre, ma non hanno tenuto il passo dell’impennata del reddito reale disponibile, prolungando l’andamento registrato negli ultimi trimestri. Il conseguente aumento del tasso di risparmio dovrebbe rivelarsi dunque più consistente di quanto potrebbero suggerire i tassi d’interesse modesti e il miglioramento del patrimonio netto delle famiglie e ciò indica, comunque, che i consumatori spendono con più prudenza”, aggiunge van Leenders. “In media, la solidità finanziaria delle famiglie è notevolmente migliorata e – alla luce del divario tra i consumi e l’aumento dei redditi – è verosimile prevedere un balzo delle vendite nel corso dell’attuale trimestre. In effetti, già in aprile le spese al dettaglio sono cresciute più rapidamente rispetto al reddito reale disponibile, ponendo le basi per un miglioramento nel corso del trimestre. Sconsigliamo di abbandonarsi a eccessivi entusiasmi, ma continuiamo a pensare che il rilancio del PIL sia partito. La situazione nel settore manifatturiero pare meno favorevole, come indicano le rilevazioni a livello regionale della fiducia delle imprese e del PMI nazionale elaborato da Markit relativo a questo settore. Gli ordinativi di beni durevoli sono rimasti su livelli sostanzialmente invariati dalla metà del 2013 e le commesse di beni strumentali – che al netto dei settori della difesa e dell’aerospaziale sono un buon indicatore degli investimenti societari – sono ormai in calo da sei mesi consecutivi. Tra i fattori avversi, spiccano il livello elevato delle scorte, la debolezza delle vendite e l’apprezzamento del dollaro. Inoltre, i fornitori del settore energetico si stanno ancora adeguando al calo della produzione e alla flessione degli investimenti”.

FEDERAL RESERVE: PROBABILE UN RIALZO DEI TASSI IN GIUGNO – “La Federal Reserve ha continuato a preparare il terreno per un giro di vite sui tassi: il presidente della banca centrale, Janet Yellen, ha dichiarato che un rialzo potrebbe essere appropriato nei prossimi mesi e tale affermazione è stata ribadita da Jerome Powell, membro del Federal Open Market Committee, mentre secondo il presidente della Federal Reserve di St. Louis – anch’egli membro del comitato di politica monetaria – i mercati adesso sono stati adeguatamente preparati”, rimarca van Leenders. “Gli osservatori si chiedono dunque quali sono i fattori che potrebbero fermare il rialzo dei tassi. È possibile, infatti, che la Federal Reserve possa puntare solo ad avere le mani libere per inasprire la politica monetaria senza provocare troppe turbolenze sui mercati. Tuttavia, non intervenire dopo aver inviato dei segnali tanto chiari potrebbe rendere più difficile per la banca centrale contrastare lo scetticismo dei mercati in futuro. Naturalmente, i dati macroeconomici potrebbero inoltre rivelarsi troppo fiacchi per giustificare un incremento dei tassi e, dopo tutto, la Federal Reserve ha sempre ripetuto che gli interventi di politica monetaria dipendono dai flussi congiunturali. Il rapporto sul mercato del lavoro per il mese di maggio, che sarà pubblicato venerdì, avrà un’importanza cruciale. Qualora il rallentamento della crescita dell’occupazione fosse accompagnato da un’altra flessione del tasso di disoccupazione, è possibile che ciò possa bastare alla banca centrale per intervenire. Infine, c’è il referendum del 23 giugno sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea, che è stato esplicitamente menzionato come un rischio nei verbali della riunione di aprile del FOMC. Alla luce di questi elementi, riteniamo che la banca centrale innalzerà i tassi in giugno, ma non è escluso che possa rimandare questa decisione a luglio”.

ZONA EURO: MIGLIORA IL CLIMA ECONOMICO – Secondo van Leenders, nell’area euro “la crescita è risultata robusta nel primo trimestre, rivelandosi superiore alle attese dei nostri analisti. La settimana scorsa avevamo accennato al PMI manifatturiero dell’area – lievemente inferiore alle stime – e questa settimana il PMI relativo ai servizi è rimasto invariato, attestandosi però su un livello un po’ più basso rispetto all’anno scorso. Nel complesso, dunque, i dati riconducibili a questi indicatori davano un’impressione alquanto sfavorevole. Il miglioramento dell’Economic Sentiment Indicator è stato accolto favorevolmente dai mercati e, ai livelli attuali, questo indice segnala una crescita superiore al tasso tendenziale grazie ad una svolta nella fiducia dei consumatori, che pare in linea con una crescita maggiormente legata all’economia interna. Tuttavia, non manca qualche turbolenza, come mostra il recente ristagno della ripresa del ciclo del credito. Tale andamento non è in linea con le attese se si considera il massiccio stimolo monetario erogato dalla BCE, la convergenza dei tassi bancari sui prestiti nell’ambito dell’area euro e l’allentamento dei criteri applicati per la concessione dei crediti. Inoltre, la disoccupazione scende solo a rilento e desta particolare preoccupazione che tale indicatore in Italia sia rimasto sostanzialmente invariato dallo scorso luglio. Gli indicatori prospettici delineano un quadro contrastante e – se si considera la debolezza della crescita – sarà difficile per l’Italia ridurre il deficit e il rapporto tra debito pubblico e PIL”.

BCE: LE PROSPETTIVE PER I TASSI – “Per il momento tendiamo ad escludere ogni modifica: la BCE sta ampliando il programma di acquisto di attivi alle obbligazioni societarie e la crescita del PIL pare abbastanza robusta. Inoltre, la BCE sta approntando un nuovo programma di prestiti a lunga scadenza destinato alle banche, che consente in alcune circostanze di prendere denaro in prestito a tassi d’interesse negativi. Ad ogni modo, l’inflazione resta troppo bassa e alimenta il timore che le attese dei mercati possano sganciarsi dall’obiettivo del 2% fissato dalla banca centrale: in prospettiva potrebbero dunque arrivare nuove misure di stimolo”, ricorda van Leenders.

TURBOLENZE IN ASIA: I GIAPPONESI EVITANO UNA NUOVA STANGATA – “Gli ultimi dati pubblicati hanno innervosito i mercati finanziari. Dopo aver sovrastimato il rischio di una brusca frenata dell’economia cinese, adesso gli operatori nutrono troppa fiducia in una ripresa trainata da misure di stimolo. I dati negativi rilevati dagli indici PMI manifatturiero (ristagno del dato ufficiale e flessione della versione Markit) e dei servizi (calo del dato ufficiale) non lasciano prevedere una ripresa”, spiega van Leenders. “In Giappone, i PMI – sia manifatturiero che per i servizi – si attestano sotto quota 50 e la fiducia delle piccole imprese è scesa vicino ai minimi dal lancio delle “Abenomics” all’inizio del 2013. Inoltre, l’indice generale dei prezzi al consumo è precipitato ulteriormente in territorio negativo a causa del ribasso del greggio e del rafforzamento dello yen, che ha fatto scendere il prezzo dei beni importati, mentre l’inflazione core è molto lontana dall’obiettivo del 2% fissato da lungo tempo dalla banca centrale. Questa settimana, il ministro delle finanze Aso ha cambiato rotta, annunciando un rinvio dell’aumento dell’imposta sui consumi previsto per l’aprile dell’anno prossimo e questo rinvio dovrebbe stimolare la crescita nel corso del 2017. Tuttavia, qualora il governo – come dichiarato – intendesse ottenere un avanzo primario (al momento il deficit si attesta a circa il 5% del PIL) entro il 2020, le inevitabili misure di austerità frenerebbero comunque l’espansione dell’economia. Per il momento, il rinvio dell’aumento dell’IVA potrebbe consentire alla Banca del Giappone di non intervenire”.

ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: NUBI ALL’ORIZZONTE PER GLI ATTIVI RISCHIOSI – “La crescita modesta e l’inflazione bassa riescono difficilmente a giustificare gli attuali multipli dei mercati azionari e gli spread su alcune obbligazioni, in particolare sui titoli dei paesi emergenti denominati in valuta forte. Inoltre, la crescita nominale ostacola l’incremento dei profitti societari: nell’area euro, in Giappone e nei paesi emergenti le stime sui profitti sono state corrette al ribasso, mentre si sono stabilizzate negli USA, dove però i margini potrebbero finire sotto pressione a causa degli aumenti salariali. Inoltre, i timori per la Cina potrebbero penalizzare le azioni sia a livello globale che, più in particolare, nei paesi emergenti. Crediamo infatti che l’attività economica in Cina dovrebbe gradualmente rallentare ancora e una nuova flessione del renminbi potrebbe innescare delle turbolenze sui mercati. Inoltre, a nostro avviso anche la divergenza tra le politiche monetarie rappresenta un rischio e i mercati azionari nutrono ancora qualche dubbio su un rialzo dei tassi USA in giugno. Profitti e margini elevati comportano il rischio di nuovi ribassi anche dopo i recenti cali. D’altro canto, è probabile che la Federal Reserve innalzi i tassi in modo graduale ed anche i mercati obbligazionari dubitano che la banca centrale USA sia sulla buona strada”, commenta van Leenders.

IN PROSPETTIVA – “In prospettiva, è possibile che i mercati obbligazionari invertano la tendenza attuale, scontando un nuovo inasprimento monetario, spingendo al rialzo i rendimenti a lungo termine ed eventualmente accentuando l’inclinazione della curva dei tassi. Tale andamento potrebbe essere negativo per le azioni, ma, qualora fosse determinato da un miglioramento dei dati congiunturali, la flessione degli indici dovrebbe rivelarsi modesta. Un altro scenario possibile prevede la permanenza della crescita su livelli bassi e una curva dei tassi che rimane piatta o si appiattisce ulteriormente. Anche in questo caso, qualora l’economia peggiorasse, i benefici per i listini azionari sarebbero contenuti. Fatta questa premessa, bisogna ricordare che l’allentamento quantitativo su ampia scala ha distorto la capacità degli investitori di comprendere correttamente la struttura dei mercati obbligazionari di molti paesi. In effetti, su molti mercati i rendimenti sono artificialmente bassi a causa degli ingenti programmi di acquisto di attivi. L’allocazione degli attivi non è stata modificata, mantenendo il sovrappeso nelle azioni di USA e Giappone rispetto all’Europa. Negli ultimi tempi, questa posizione si è rivelata favorevole in un contesto caratterizzato dai rischi per la situazione politica, che rappresentano una delle cause del sottopeso dei titoli europei. Temiamo anche per la sostenibilità dei dividendi in Europa e riteniamo che il mercato USA presenti caratteristiche maggiormente difensive. Infine, deteniamo un sovrappeso nelle azioni nipponiche, poiché pensiamo che la Banca del Giappone potrebbe annunciare a breve nuove misure di stimolo. Tale intervento potrebbe favorire un deprezzamento dello yen e pertanto abbiamo coperto il rischio valutario”, conclude van Leenders.

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