Bnp Paribas IP: Federal Reserve,verosimile un rinvio del rialzo dei tassi

DATI INFERIORI ALLE ATTESE – “Il rapporto sul mercato del lavoro Usa per il mese di maggio è risultato inferiore alle attese per molti aspetti e, secondo gli osservatori, ha praticamente escluso la possibilità di un rialzo dei tassi della Federal Reserve in giugno, dato che il presidente della banca centrale USA, Janet Yellen, non ha fatto nulla per cambiare questa percezione”, sottolinea Joost van Leenders, chief economist del team Multi asset solutions di Bnp Paribas Ip. “I dati relativi al Pil per l’area dell’euro hanno mostrato che l’espansione nel primo trimestre è stata trainata dal mercato interno, ma i dati del secondo trimestre per ora indicano un ritorno a tassi più modesti, vicini al tasso tendenziale. Le ultime cifre arrivate dal Giappone hanno riservato molte sorprese positive, mentre i dati relativi all’interscambio commerciale della Cina sono rimasti fiacchi. In un contesto caratterizzato dalla prospettiva di un graduale incremento dei tassi, gli indici azionari USA sono riusciti ad issarsi sino ai massimi storici, con performance superiori a Europa e Giappone, mentre i rendimenti dei titoli di Stato sono rimasti bassi. Alla luce dei rischi per la crescita e i profitti delle società, la prudente allocazione degli attivi non è stata modificata”.

FEDERAL RESERVE: VANIFICATO IL LAVORO DI PREPARAZIONE – “Nelle ultime settimane, i funzionari della Federal Reserve hanno lavorato per preparare i mercati finanziari a un rialzo dei tassi in giugno o luglio, ribadendo le considerazioni riportate nei verbali della riunione del FOMC del 26 e 27 aprile. Tuttavia, i dati rilevati dal rapporto sul mercato del lavoro di maggio gli hanno messo i bastoni tra le ruote. La crescita dei costi per il personale è stata sorprendentemente bassa, anche tenendo conto dello sciopero dei lavoratori di Verizon, e i dati reali sull’incremento dell’occupazione in marzo e aprile sono stati corretti al ribasso. Inoltre, il tasso di disoccupazione è arretrato per le ragioni sbagliate: la forza lavoro si è contratta e il tasso di partecipazione è sceso. Infine, il numero delle ore lavorate è rimasto invariato e gli straordinari sono lievemente diminuiti”, aggiunge van Leenders. “In un discorso tenuto questa settimana, il presidente della Federal Reserve Yellen ha esortato a non dare troppa importanza ai dati rilevati da un solo rapporto sul mercato del lavoro e, in effetti, il numero esiguo di nuove richieste di sussidio di disoccupazione e l’incremento della spesa per i consumi non fanno pensare ad un’inversione improvvisa e duratura delle tendenze prevalenti. Tuttavia, l’economia USA presenta altri punti deboli, come la debolezza del settore manifatturiero e la notevole flessione dell’indicatore ISM relativo al settore dei servizi, mentre anche la bassa crescita degli investimenti e della produttività depongono a sfavore di una forte crescita dell’occupazione. In effetti, l’indice elaborato dalla Federal Reserve per misurare le condizioni del mercato del lavoro è in calo sin dall’inizio dell’anno e tale trend merita di essere seguito da vicino”.

USA: PROSPETTIVE INCERTE PER IL RIALZO DEI TASSI – “Eravamo da tempo convinti che la Federal Reserve avrebbe inasprito la politica monetaria in giugno, ma adesso è chiaro che non vi sarà alcun giro di vite: i dati relativi al mercato del lavoro sono troppo fiacchi. Yellen ha segnalato alcuni rischi e incertezze che pesano sulla situazione economica: secondo Yellen, infatti, le politiche monetarie probabilmente non sono tanto espansive come potrebbe sembrare ed è possibile che la Federal Reserve abbia l’intenzione di attendere un calo ulteriore del tasso di disoccupazione che aiuterebbe l’inflazione ad avvicinarsi all’obiettivo del 2%, prima di innalzare ancora i tassi sui Federal funds. In prospettiva, un intervento in luglio potrebbe arrivare troppo presto, a meno che i dati sul mercato del lavoro di maggio non si rivelino un episodio casuale. Dopo luglio, la prossima riunione del FOMC è prevista per settembre. Tale incontro ― a differenza della riunione di luglio ― sarà seguito da una conferenza stampa che potrebbe fornire alla Federal Reserve l’opportunità di spiegare le ragioni del rialzo, sebbene ciò non rappresenti un presupposto indispensabile. Ad ogni modo, il probabile rilancio dell’attività economica nel secondo trimestre seguito da una crescita solida ― seppur non straordinaria – nel secondo semestre, un graduale rialzo dell’inflazione e la determinazione della banca centrale a normalizzare i tassi potrebbero delineare un quadro compatibile con un nuovo rialzo entro fine anno”, spiega van Leenders.

EUROZONA: PROBABILE INDEBOLIMENTO DELLA CRESCITA AL TRAINO DEL MERCATO INTERNO – “La seconda stima della crescita del PIL dell’area dell’euro (0,6% su base trimestrale) si è attestata su un livello lievemente più elevato rispetto alla prima grazie all’andamento di consumi e spesa pubblica, mentre gli investimenti societari hanno frenato. Inoltre, dato che le importazioni hanno superato il volume dell’export, il commercio con l’estero ha frenato la crescita per il terzo trimestre consecutivo. In prospettiva, è probabile che la crescita si attesti a un ritmo più lento dopo un primo trimestre eccezionalmente positivo, a causa dell’indebolimento di fattori favorevoli come il ribasso del greggio e il deprezzamento dell’euro. L’incremento delle vendite al dettaglio ha rallentato, tuttavia i miglioramenti dell’occupazione e il graduale aumento degli investimenti societari dovrebbero mantenere l’espansione del PIL vicina al potenziale di lungo periodo. Resta da vedere se tale andamento sarà sufficiente a determinare un miglioramento significativo delle prospettive per l’inflazione. La scorsa settimana, in linea con le attese, la BCE ha lasciato invariata la politica monetaria. La banca centrale ha leggermente innalzato le previsioni in materia d’inflazione per quest’anno, ma le proiezioni per il 2017 e il 2018 sono rimaste invariate, ancora su livelli inferiori all’obiettivo fissato dalla BCE. Il notevole output gap (evidenziato anche dalla disoccupazione elevata), l’inflazione debole e le basse attese al riguardo potrebbero deporre a favore di un ampliamento del programma di allentamento quantitativo, ma crediamo che la BCE intenda prima riscontrare gli effetti dell’acquisto di obbligazioni societarie che prenderà il via questa settimana”, fa notare van Leenders. “Dopo che la BCE ha annunciato l’acquisto delle obbligazioni societarie, i rendimenti dei titoli investment grade europei sono scesi solo dell’1,3%, mentre gli spread sono ancora più alti rispetto agli inizi del 2015 e presentano dei margini per un’eventuale contrazione. Tuttavia, a nostro avviso tali andamenti saranno limitati: gli investitori potrebbero essere restii a comprare obbligazioni investment grade con rendimenti tanto bassi, ricordando l’ondata di vendite dell’anno scorso su Bund tedeschi e titoli societari. Inoltre, la possibilità di finanziarsi a costi bassissimi potrebbe favorire un’ondata di emissioni obbligazionarie destinata a finanziare i riacquisti azionari e dividendi, deteriorando così la qualità dei bilanci delle imprese. In aggiunta, l’aumento dell’offerta di obbligazioni societarie potrebbe compensare in certa misura l’impatto della domanda da parte della BCE. Infine – come è accaduto per la maggior parte dei programmi di acquisto di attivi parte delle banche centrali negli ultimi anni – gli investitori hanno spinto verso l’alto i prezzi sulla scia delle anticipazioni per poi vendere in base agli andamenti reali”.

GIAPPONE: LE SORPRESE POSITIVE NON PAIONO DESTINATE A DURARE – Secondo van Leenders “gli indici delle sorprese economiche, che misurano lo scarto tra le attese e i dati reali, si sono impennati ai massimi dal 2003, ma ciò non significa che l’economia sia sul punto di dare il via a un boom. Per quanto ci riguarda, gli ultimi dati non paiono particolarmente positivi: l’indice PMI manifatturiero è sceso ai minimi da quasi tre anni a questa parte e il PMI dei servizi si colloca oltre un punto sotto la media del 2015. Inoltre, la produzione industriale deve ancora recuperare rispetto alla netta flessione accusata a febbraio, la crescita dell’export è fiacca e quella delle importazioni è ancora più debole. Malgrado un mercato del lavoro caratterizzato dalla difficoltà delle imprese ad assumere, i salari hanno registrato solo lievi incrementi, probabilmente poiché i dipendenti a tempo indeterminato sono stati rimpiazzati solo da lavoratori interinali. I vertici della Banca del Giappone si riuniranno la prossima settimana per far il punto sulla politica monetaria, ma al momento pare poco probabile il varo di nuove misure di stimolo. Una mossa a sorpresa non può essere esclusa, in particolare dopo il recente calo dell’inflazione core, ma la banca centrale potrebbe anche decidere di rinviare ogni intervento sino alle elezioni della camera alta in luglio e all’annuncio di un pacchetto di incentivi fiscali. Paradossalmente, tali incentivi potrebbero favorire un apprezzamento dello yen, penalizzando le esportazioni e di conseguenza la crescita e la performance dei mercati azionari. Per quanto riguarda gli altri paesi asiatici, spicca la debolezza dell’interscambio commerciale della Cina. L’avanzo commerciale si è ampliato, ma le riserve di valuta estera sono diminuite, segnalando un’accentuazione del deflusso di capitali, sebbene più modesto rispetto alla fine dell’anno passato. Continuiamo a prevedere un graduale rallentamento della crescita, anche perché l’ipotesi di un allentamento monetario è divenuta meno probabile dopo che le autorità di Pechino hanno ammesso il rischio di un’espansione del credito eccessivamente forte”.

ASSET ALLOCATION: PERMANE LA PRUDENZA – “I mercati azionari hanno beneficiato della prospettiva di un rinvio, ed eventualmente di una riduzione dei rialzi dei tassi USA nel corso dell’anno, e degli imminenti acquisti di obbligazioni societarie da parte della BCE. Gli indici azionari internazionali sono vicini ai massimi del 2016, e in particolare negli USA sfiorano i massimi storici. Il livello modesto dei rendimenti obbligazionari ha contributo a questo andamento e al momento non riscontriamo fattori in grado di favorire un rialzo dei tassi: nel comparto obbligazionario manteniamo una posizione neutra in termini di duration e un sovrappeso nei titoli di Stato USA rispetto all’eurozona, poiché le obbligazioni statunitensi offrono un rendimento migliore in termini di carry e di roll-down e sono meno esposte ai rischi politici. A nostro avviso, i mercati azionari nel complesso stanno sottovalutando le prospettive generalmente fosche per i profitti delle società. Pensiamo che i titoli azionari internazionali siano complessivamente sopravvalutati, mentre in Europa preoccupa la sostenibilità nel lungo periodo dei dividendi versati dalle imprese. Nel comparto internazionale, abbiamo mantenuto la posizione sottopesata a livello globale e il sottopeso in Europa rispetto a Stati Uniti e Giappone”, conclude van Leenders.

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