Commissioni di performance, balzo dell’80% nel solo 2015

CRESCITA VERTIGINOSA – Le commissioni di performance sui fondi? Solo nel 2015 quelle delle prime cinque società di investimento italiane (prodotto e distributrici) sono cresciute in media dell’80% Lo rivela un’analisi dell’ufficio studi di MoneyFarm, che ha preso in esame i dati delle prime 10 realtà per masse gestite sui fondi aperti e ha spiegato cosa sono e come impattano le commissioni di performance: con i fondi italiani domiciliati all’estero il cliente rischia di pagarle anche con rendimenti periodici nulli o addirittura negativi.

COSA SONO LE COMMISSIONI – Le commissioni di performance sono commissioni prelevate dalle società di gestione in base ai risultati conseguiti dal fondo, Queste ultime rappresentano uno dei costi maggiormente variabili, occulti e quindi potenzialmente più lesivi per i rendimenti dei risparmiatori, spiega la nota di MoneyFarm. Sulla base delle analisi svolte risulta che, nonostante il crescente grado di armonizzazione della normativa comunitaria, permangono aree di disomogeneità nei diversi Stati (specialmente in Lussemburgo e Irlanda), in particolare sul tema dei costi applicati dagli OICR (Organismi di investimento collettivo del risparmio). Significative differenze interessano il profilo delle commissioni di performance. Sostanzialmente la normativa italiana risulta più stringente rispetto a quella estera, quindi le società per sfruttare la normativa più “accomodante” tendono a domiciliare i fondi all’estero (Lussemburgo e Irlanda). Per capire l’importanza del fenomeno, basti pensare che già alla fine del 2013 dei 560 miliardi di Euro che costituivano il patrimonio investito in fondi comuni in Italia, ben 235 erano investiti in fondi comuni di società italiane ma domiciliati all’estero.

IL PESO DELLE FEE SUI BILANCI – A supporto di quanto detto sopra, prosegue l’analisi di MoneyFarm, abbiamo raccolto i dati di bilancio dei maggiori protagonisti del mercato italiano del risparmio gestito del 2015. Partendo dalle prime 10 aziende per masse gestite sui fondi aperti (secondo i dati Assogestioni), siamo andati a selezionare quelle italiane che si occupano sia di prodotto che di distribuzione, che sono quotate su Borsa italiana e che applicano commissioni di performance almeno su uno dei propri fondi. Un primo interessante raffronto riguarda sicuramente quello tra le commissioni di performance e gli utili generati dalle società in questione:
1. Mediolanum 326€ Mln in commissioni di performance (74% dell’utile)
2. Azimut 158€ Mln in commissioni di performance (64% dell’utile)
3. Banca Generali 127€ Mln in commissioni di performance (63% dell’utile)
4. Gruppo Ubi Banca 35€ Mln in commissioni di performance (30% dell’utile)

*Si noti che il gruppo Intesa non figura nella lista, in quanto la dimensione del business del risparmio gestito e indirettamente quello legato alle commissioni di performance non è affatto rilevante rispetto ai dati complessivi del gruppo

UNA PARTE SIGNIFICATIVA DEI RICAVI – Un’ulteriore analisi su i bilanci (questa volta su due anni: 2014 e 2015) mette in risalto come i ricavi derivanti da commissioni di performance costituiscano una parte davvero significativa dei ricavi complessivamente prodotti da tutte le commissioni attive (di gestione, sottoscrizione e performance), inoltre si evince come ci sia un aumento più sostanzioso delle commissioni di performance (2015 vs 2014) rispetto all’aumento dei ricavi da commissioni attive (2015 vs 2014) nonostante un mercato azionario dei paesi sviluppati (MSCI World Index EUR) in flessione dal + 20,29% (2014) al +11,06% (2015):
1. Banca Generali vede un aumento delle commissioni di performance del 123%
2. Gruppo Ubi Banca vede un aumento delle commissioni di performance del 106%
3. Mediolanum vede un aumento delle commissioni di performance del 85%
4. Gruppo Intesa Sanpaolo vede un aumento delle commissioni di performance del 50%
5. Azimut vede un aumento delle commissioni di performance del 46% Le commissioni di performance per come sono applicate e calcolate, spiega MoneyFarm, possono dar luogo a comportamenti opportunistici che come spesso accade vanno a danno della clientela, infatti c’è da evidenziare un conflitto d’interesse che esiste sia per il collocatore (banca/promotore) che per il gestore, i primi saranno incentivati a consigliare fondi che prevedono commissioni di performance mentre il gestore potrebbe invece essere incentivato a ricercare rendimenti più elevati a scapito di un’ottimale gestione del rischio, andando anche in questo caso a potenziale danno del cliente. A nostro parere non è giustificabile sovraccaricare di costi l’investitore in quanto pensiamo che la remunerazione delle Sgr e degli intermediari finanziari in genere è già più che adeguata con gli introiti derivanti dai costi di gestione (mediamente 6 volte superiori rispetto a quelli di un Etf), a maggior ragione se sono poco chiari e poco equi, conclude l’analisi.

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