Consultinvest: euro, un obiettivo fallito

OBIETTIVI FALLITI – “A distanza di 17 anni dal suo lancio sui mercati finanziari, l’euro ha fallito uno dei suoi obiettivi: quello di diventare concreta alternativa valutaria al dollaro”, fa sapere una nota di Consultinvest, società guidata da Maurizio Vitolo. “Il modo migliore per testare il ruolo dell’euro come valuta di riserva è quello di verificarne la progressiva espansione nei portafogli delle riserve valutarie delle banche centrali che tendono a mantenere stock valutari ì coerenti con l’interscambio commerciale e finanziario del Paese che rappresentano”.

LO STUDIO – “Un recente studio della Bce ha analizzato la portata dell’utilizzo dell’euro a livello internazionale”, prosegue la nota. “Dalla ricerca emerge che il peso dell’euro nello stock di attivi valutari detenuti dalle banche centrali è rimasto pressoché invariato rispetto al 2000 (19,9%), facendo venire meno la previsione che l’euro avrebbe raggiunto il dollaro (allora presente in quota 70%) in una convergenza che avrebbe visto le due valute suddividersi circa l’80% dello stock di riserve globali. Infatti dopo una prima fase positiva di espansione (1999-2003) in cui si passò da un iniziale 19% per arrivare al 25%, ne è seguita una di stabilizzazione fino al 2009 a cui ha fatto seguito una lenta ma costante discesa. In questa discesa nelle allocazioni in portafoglio, iniziata nel 2009 post crisi mutui “subprime” ed inizio delle crisi sovrane nell’eurozona, anche il dollaro ha perso rilevanza sostanzialmente con lo stesso ritmo dell’euro, ma i suoi livelli rimangono ben più elevati (oggi al 64.1%). In sostanza l’euro non ha avuto il successo sperato e le banche centrali hanno diversificato marginalmente su altre valute a danno di entrambe. Se si estende l’analisi anche agli altri utilizzi valutari finanziari, come ad esempio la denominazione degli strumenti finanziari o lo scambio sul mercato dei cambi, i dati di utilizzo/composizione dell’euro non differiscono sostanzialmente da quelli presenti per le Riserve ufficiali (curo rimane intorno al 20%). Invece i dati che riguardano la quota dei pagamenti mostrano un ruolo decisamente maggiore dell’euro come valuta di pagamento (29.4% vs 43% di dollaro)”.

LE PROSPETTIVE – “Ma quali prospettive rimangono per la valuta unica? Non vi è dubbio che le recenti crisi sovrane (e non vogliamo neppure prendere in considerazione l’impatto negativo di una Brexit sulle Ue e a cascata sull’area euro), la limitata crescita economica che è rimasta sempre inferiore a quella degli Usa e la difficoltà nell’eurozona nel riuscire a diventare un unicum politico e militare abbiano appannato l’appeal dell’euro come valuta di riserva e reale alternativa al Dollaro e continuino ad appannarne le prospettive. Inoltre non dobbiamo dimenticare che il sistema finanziario dell’eurozona è ancora in una fase di contrazione e di deleverage, con banche che hanno bisogno di ridurre assets e rischi. Queste necessità tipicamente limitano l’internazionalizzazione del sistema finanziario domestico e quindi limitano anche l’espansione dell’utilizzo dell’euro a livello internazionale. Al contrario negli Usa il sistema bancario, che è sempre stato strutturalmente più diversificato internazionalmente, ha già compiuto il suo aggiustamento ed è pronto ad ampliare il suo raggio d’azione globale cogliendo le diverse opportunità che si potranno creare. Se ci aggiungiamo che l’euro, al contrario del dollaro, ha sposato un regime di tassi negativi – che per gli investitori rimangono un anatema – è ragionevole ritenere che il trend continui ad essere di dominanza di dollaro in un regime di sempre maggiore diversificazione con pochi spazi di ulteriore espansione per l’euro, che probabilmente continuerà a cubare solo 1/5 dei volumi medi internazionali. Più difficile dire se a questi trend di rilevanza internazionale possano associarsi anche trend di forza relativa del cambio. Nel breve e medio periodo crediamo di no, poiché le forze che determinano i movimenti valutari sono molteplici. Ultimamente poi sono emerse con forza le volontà di condizionamento delle autorità che stanno cercando di condizionarne i movimenti, al pari di quanto accade per tanti altri strumenti finanziari. Non crediamo, cioè, che a questo mezzo fallimento dell’Euro rispetto ai suoi obiettivi e aspettative iniziali si possa necessariamente associare un futuro di estrema debolezza valutaria per l’euro. Abbiamo infatti capito che un dollaro troppo forte non sarebbe economicamente digeribile per gli Usa e “geopoliticamente” digeribile per l’indebitata Cina e crediamo anche che la Bce abbia capito il limitato potenziale di deprezzamento del cambio euro/dollaro, come si può leggere tra le righe dell’ultima conferenza stampa Bce”, conclude la nota di Consultinvest.

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