Bnp Paribas Am: i toni delle banche centrali tendono a convergere, ma prevale la propensione al rischio

TORNA LA PROPENSIONE AL RISCHIO – Malgrado le nuove tensioni con la Corea del Nord, durante la settimana scorsa la propensione al rischio è tornata a prevalere sui mercati finanziari, spiega Colin Harte, head of research, active asset allocation, multi asset solutions di Bnp Paribas Am. L’uragano Irma ha causato meno danni del previsto e – dopo aver tirato un sospiro di sollievo – gli investitori statunitensi hanno spinto l’indice azionario S&P500 a nuovi massimi. I mercati azionari internazionali si sono comportati bene. Le obbligazioni hanno invece subito un’ondata di vendite, mentre altri beni rifugio e i cosiddetti bond proxy – come le utility e i titoli immobiliari – hanno registrato performance inferiori al mercato. Sui mercati valutari, il dollaro USA è parso in ripresa dopo un periodo di debolezza prolungata, come anche la sterlina. La valuta britannica ha recuperato le perdite del mese scorso dopo la svolta restrittiva della Bank of England, che ha innescato un forte rialzo dei Gilts penalizzando l’indice azionario FTSE 100. Nel comparto delle materie prime, il rialzo del greggio ha rispecchiato l’ottimismo dei mercati e la riapertura di numerose raffinerie che erano state chiuse a causa dell’uragano. Il clima di mercato ha beneficiato anche delle speranze di un prolungamento dei tagli alla produzione OPEC, che al momento vengono negoziati in seno all’organizzazione.

 BANCHE CENTRALI: INASPRIMENTO PIÙ VICINO? – La Bank of England ha sorpreso gli operatori di mercato, prospettando una svolta restrittiva nei prossimi mesi, prosegue Harte. La mossa della banca centrale britannica è riconducibile all’aumento dei prezzi al consumo, che ha spinto l’inflazione ai massimi dal dicembre del 2011 e ha fatto salire i rendimenti dei titoli di Stato. Tuttavia, gli investitori obbligazionari non erano preparati ai toni restrittivi della banca, e ciò ha spinto i rendimenti ancora più in alto. L’istituto centrale non ha escluso che “una riduzione degli stimoli monetari possa essere appropriata nei prossimi mesi” per riportare durevolmente l’inflazione vicino all’obiettivo fissato. Questo messaggio è stato corroborato dal membro esterno del Comitato di politica monetaria Gertjan Vlieghe, abitualmente dovish, il quale ha affermato che “l’evoluzione dei dati sta suggerendo sempre più chiaramente che il momento in cui sarà necessario innalzare i tassi si avvicina”. Questi segnali forti hanno innescato un’ondata di vendite delle obbligazioni britanniche, che ha favorito un rialzo dei rendimenti del Gilt decennale analogo a quello registrato dopo l’annuncio delle elezioni anticipate nel giugno scorso. Non siamo convinti che un rialzo dei tassi nei prossimi mesi risponda a una tempistica adeguata, poiché riteniamo che l’attuale tasso d’inflazione sia riconducibile al deprezzamento della sterlina. Tale effetto di trasmissione è di natura abbastanza temporanea e non dovrebbe avere la stessa persistenza delle pressioni inflative di matrice domestica. Per quanto riguarda gli USA, ricordiamo che il FOMC, l’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria, si riunirà mercoledì. Un annuncio relativo alla contrazione del bilancio della banca centrale sembra essere già stato scontato dai mercati, ma potrebbe ancora destabilizzare gli indici obbligazionari. Infatti, dobbiamo ricordare l’ondata di vendite di giugno dopo il discorso del presidente della BCE Draghi, sebbene gran parte della contrazione del bilancio adesso sia già stata scontata nei prezzi. L’inflazione è risultata superiore alle stime, mettendo fine a una serie di dati inferiori alle attese. Ciò non dovrebbe modificare l’atteggiamento prudente della Federal Reserve. In effetti, l’indice dei prezzi al consumo core è stato trainato soprattutto dall’accelerazione degli affitti, mentre i vertici della banca centrale di solito tengono d’occhio l’indice dei prezzi dei consumi personali, che dà molto meno peso alle locazioni. Tendiamo a escludere che il FOMC possa sorprendere i mercati, e dovrebbe mantenere un atteggiamento cauto e piuttosto espansivo.

RISCHI DI NATURA POLITICA DA TENERE SOTTO CONTROLLO – È poco probabile che le elezioni di domenica prossima in Germania possano deteriorare la situazione in Europa, sottolinea Harte. Tuttavia, non mancano altre fonti di preoccupazione, e quindi i rischi di natura politica restano un fattore importante per il clima di mercato a livello mondiale. Le Nazioni Unite hanno trovato un accordo per imporre nuove sanzioni alla Corea del Nord, ma la Cina e la Russia hanno fatto in modo che queste sanzioni siano relativamente lievi. A queste restrizioni commerciali, il regime coreano ha risposto moltiplicando le provocazioni. Negli Stati Uniti, pare che i piani per la riforma fiscale si stiano consolidando. Dopo il rinvio a fine anno del dibattito sull’innalzamento del debito, adesso l’amministrazione Trump si sta concentrando sulla riduzione al 15% delle imposte per le imprese. Tuttavia, l’aliquota fiscale finale non è ancora chiara, poiché i Repubblicani hanno espresso preoccupazioni per l’impatto di questo prevedimento sul disavanzo pubblico. Le prime proposte saranno presentate verso fine mese. Gli sgravi fiscali potrebbero rilanciare il cosiddetto Trump trade, ovvero la scommessa al rialzo basata sui provvedimenti promessi dal presidente, che potrebbe beneficiare in particolare le società a bassa capitalizzazione e i titoli bancari.

 ALLOCAZIONE DEGLI ATTIVI: LIQUIDATO IL SOTTOPESO AZIONARIO IN GRAN BRETAGNA RISPETTO ALL’EUROZONA – Nel comparto azionario, abbiamo abbandonato il sottopeso nel mercato britannico rispetto all’area euro. In effetti, questa posizione è stata penalizzata dal miglioramento dell’attività economica nel Regno Unito, favorito dalla debolezza della sterlina, mentre l’Eurozona ha dovuto fare i conti con la forza della moneta unica. Tale tendenza non sembra destinata a invertirsi nel breve periodo. Inoltre, le nostre stime relative ai profitti delle società britanniche sono meno sfavorevoli. Di conseguenza, questa posizione non ci è parsa più convincente, ed è stata liquidata con una perdita. Sul mercato delle valute, la posizione lunga in dollari USA ha dato buoni risultati la settimana scorsa grazie al rialzo dell’indice del dollaro. Nel medio periodo, prevediamo un rafforzamento della valuta statunitense, specialmente quando l’amministrazione Trump avvierà la realizzazione delle riforme e la Federal Reserve proseguirà il piano di normalizzazione della politica monetaria, conclude Harte.

 

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