Lawson (Aberdeen Standard Investments): “Fiduciosi sull’Europa nel breve termine, cauti nel lungo periodo”

«L’Italia è un paese per cui l’adesione all’Eurozona è stata una benedizione, ma solo a metà. Come parte del blocco monetario, l’integrazione economica dell’Italia con gli altri membri è cresciuta, l’inflazione è stata più moderata e i costi di finanziamento sono stati inferiori rispetto al periodo in cui la lira è stata inserita nel meccanismo di cambio europeo». A parlare è Jeremy Lawson, capo economista del colosso del risparmio gestito Aberdeen Standard Investments, 681 miliardi di euro di masse in gestione e 10mila dipendenti, incontrato a Edimburgo durante l’European Media Forum 2017 dal titolo «Investing for a New Era». Continua: «tuttavia, in mancanza di riforme per rendere più efficace i mercati del lavoro e dei prodotti, l’adesione ha reso più difficile l’adattamento agli shock economici, la crescita media è stata molto bassa e il tasso di disoccupazione è inaccettabilmente elevato. In queste circostanze non è sorprendente che una grande minoranza degli elettori sia insoddisfatta della situazione attuale, così come dei politici, e che stiano cercando alternative».
Italia vs eurozona. C’è di nuovo un vento contrario, a sentire molti degli osservatori del mondo del risparmio gestito internazionale, sulla solidità dell’Italia. Continua Lawson: «a breve termine, pensiamo che un’uscita italiana dall’Eurozona sia un rischio basso. Di certo i costi economici e finanziari di lasciare il blocco sarebbero estremamente elevati, spingendo i tassi di disoccupazione a nuovi livelli e erodendo in modo significativo il valore reale dei risparmi degli italiani. Sebbene il Movimento Cinque Stelle sia nominalmente euroscettico, alcuni dei suoi leader stanno insistendo di meno sull’ipotesi di uscire dall’euro, sostenendo che bisognerebbe invece cercare di riformare l’area euro. Come tale, anche se dovesse venire fuori un governo euroscettico dalle elezioni del prossimo anno, pensiamo che sia probabile un approccio più cauto alla questione della moneta, soprattutto in considerazione delle elevate barriere costituzionali all’uscita». Detto questo, i rischi di un’uscita sono più elevati nel lungo periodo. «Se la zona euro non dovesse riuscire a fare le riforme adatte e non dovesse trovare un modo migliore di gestire le crisi, o i politici italiani si mettono ad attuare le riforme e quindi lottano per dare avvio a una crescita interna sana, o la frustrazione dei votanti potrà aumentare ulteriormente nel tempo, alterando per davvero il calcolo politico ed economico», conclude.
Positivi sull’Europa con uno sguardo alla valuta. La visione del colosso del risparmio gestito è più positiva che negativa sull’Europa come economia e come piazza finanziaria su cui investire. «Quando ho detto che siamo stati positivi nei confronti dell’Europa nel breve termine, mi riferivo principalmente all’economia. C’è una vera e propria ripresa ciclica in atto dopo le difficoltà del periodo 2008-2013, con una crescita in corso e il tasso di disoccupazione che si sta abbassando rapidamente nella maggior parte delle economie. Persino l’Italia vede una crescita migliore della sua media durante buona parte degli ultimi 15 anni, mentre altri paesi periferici stanno facendo ancora meglio: il nostro ottimismo non è dunque limitato all’asse franco-tedesco. La nostra fiducia nel contesto economico a breve termine, il fatto che esista ancora un vuoto da colmare sulla produzione in Europa e, di conseguenza, che i margini non siano sottoposti a pressioni, nonché la nostra previsione che la Bce ritirerà gradualmente il QE ci fa dire che, in prospettiva, l’Europa è un buon posto tattico per rischiare». E sottolinea: «tuttavia, stiamo monitorando con attenzione la valuta, perché un ulteriore apprezzamento dell’euro potrebbe minare la performance degli azionisti, pur riuscendo a non sbagliare il timing. Ad essere sinceri abbiamo fiducia nelle prospettive di più breve termine: la nostra visione a lungo termine è di cautela perché se è vero che l’Europa ha ancora una crescita potenziale rispetto alle altre grandi regioni del mondo, è altrettanto vero che c’è una grande frammentazione e che le istituzioni europee hanno bisogno di molte riforme. Non si esclude infatti il rischio di una prossima recessione globale. E bisogna arrivarci preparati».
Si punta sui clienti italiani, tra retail e private. Il gruppo Standard Life Aberdeen, intanto, frutto dalla fusione di Aberdeen Asset Management e Standard Life Investments avvenuta a metà agosto 2017 è una delle maggior società di investimento finanziarie al mondo e ha una capitalizzazione di 11 miliardi di sterline. Sta puntando sull’Italia che è il terzo mercato, dopo Germania e Svizzera «perché la quota di risparmio privato continua a essere molto consistente e il mercato retail italiano è molto interessante per noi», ha raccontato a Bluerating Campbell Fleming, responsabile della distribuzione del gruppo. Ed ecco che in Italia, a breve, la sede milanese di via Mazzini 10 si trasferirà in una nuova dalle dimensioni decisamente maggiori, in via Dante, dove saranno operative nove persone tra sales e marketing.

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