JCI Capital Limited: l’imprevedibilità del rischio politico

POLITICA AL CENTRO – Mentre entriamo nell’ultimo trimestre del 2016 sembra probabile che l’attenzione degli investitori possa spostarsi dall’azione delle banche centrali e dalla congiuntura economica ad accadimenti più prettamente politici, spiega il Weekly Outlook a cura di JCI Capital Limited. I dati macroeconomici risultano altalenanti e confermano uno scenario di crescita tutt’altro che entusiasmante ma non sufficientemente debole per alimentare con forza timori recessivi. Le principali banche centrali hanno cercato di telegrafare con anticipo le mosse future (ECB e BoE), hanno da poco introdotto nuove misure che solo con il tempo potranno venir adeguatamente giudicate (BoJ) o accompagneranno un’eventuale azione non del tutto scontata con una comunicazione prospettica in grado di controbilanciare gli effetti di breve periodo sul mercato. È il caso di un eventuale rialzo Fed a dicembre che rimane attualmente il nostro scenario base. Da questo punto di vista le nuove informazioni che riceveremo nelle prossime settimane da dati economici e esternazioni dei policy makers sono destinate ad avere un impatto limitato sui mercati, comunque inferiore rispetto all’incertezza radicale rappresentata da una serie di eventi politici che popoleranno l’agenda da qui a fine anno. Bisogna inoltre ricordare che per gli analisti e gli investitori la difficoltà di prevedere il processo politico è di un ordine di grandezza superiore rispetto al tipico modello previsivo macroeconomico. Le elezioni, così come altre dinamiche che appartengono alla sfera socio – politica, possono rappresentare una rottura con il passato così significativa che l’analisi statistica basata su dati storici o l’elaborazione di scenari basata su situazioni passate può risultare inutile o comunque seriamente limitata nella sua rilevanza. Già nel 1921 l’economista Frank Knight dell’università di Chicago aveva teorizzato la differenza tra il rischio, che può venire calcolato, e l’incertezza. Nel primo caso l’esito di una situazione è sconosciuto ma governato da una distribuzione delle probabilità nota. Nel secondo non è solo l’esito ma è la stessa distribuzione di probabilità che lo governa ad essere ignota, rendendone inutile una modellizzazione e assai più complicata una previsione. Sono passati quasi 100 anni ma la natura del rischio politico rispetto a quello economico non è certo cambiata: incertezza non governabile rispetto a rischio calcolabile. È quindi opportuno ricordare brevemente quali sono gli appuntamenti significativi in questo senso nelle prossime settimane.

ELEZIONI USA – 8 NOVEMBRE – A cinque settimane dal voto la corsa rimane aperta. Hillary Clinton sembrerebbe aver arginato la rimonta di Trump con una buona performance nel dibattito iniziale di lunedì scorso e rimane favorita anche se il suo margine appare limitato. Dovessimo stimare le probabilità che al momento il mercato assegna a una sua vittoria, sarebbe circa il 60%. L’incertezza resta comunque assai elevata. Le dinamiche elettorali potrebbero essere simili a quelle che abbiamo già vissuto in occasione del referendum inglese. La vittoria della Brexit era stata infatti favorita dalla minore affluenza al voto di categorie maggiormente favorevoli al Remain, soprattutto le coorti più giovani. Un fenomeno che potrebbe ripetersi anche negli Stati Uniti dove, similmente, il voto Democratico è demograficamente meno anziano. Un’ulteriore dinamica in grado di favorire Trump rispetto ai sondaggi è il fatto che il nocciolo duro dei suoi sostenitori (la classe media e medio-bassa bianca) è sovra-rappresentata in alcuni swing state (Ohio, Pennsylvania, Wisconsin, Iowa) mentre il voto ispanico (strutturalmente contrario al magnate newyorkese) è più concentrato in stati che sono storicamente già assegnati: Texas (stato repubblicano), New York e California (stati democratici). Non è un caso infatti che lo statistico Nate Silver veda le probabilità di una vittoria di Trump con la (irrilevante ai fini del risultato) sconfitta nel conteggio del voto popolare come cinque volte più probabile dell’accadimento opposto (Hillary Clinton alla Casa Bianca nonostante un Trump vincente nel voto popolare).

REFERENDUM COSTITUZIONALE ITALIANO – 4 DICEMBRE – Schematizzando il mercato vede tre possibili esiti. Elencandoli dal migliore al peggiore (per gli asset finanziari): vittoria del Sì e rafforzamento della posizione di Renzi, vittoria del No e premier che rimane in sella ma indebolito, vittoria del No con caduta del governo e elezioni anticipate. Torneremo ad analizzare più in dettaglio gli scenari possibili nelle prossime settimane.

EVOLUZIONE DELLA BREXIT – Il processo continua e sta subendo un’accelerazione e chiarificazione proprio in questi giorni durante i lavori della convention annuale del partito conservatore. Ieri il primo ministro Theresa May ha dichiarato che non ci saranno “ritardi non necessari” nel far partire le negoziazioni per abbandonare l’EU e che il famoso articolo 50 verrà fatto scattare entro fine marzo del 2017 dando un’indicazione chiara che il processo di uscita dall’Unione dovrebbe essere terminato entro l’estate del 2019. Ancora una volta il messaggio in stile “Brexit means Brexit” è arrivato particolarmente nitido: “The referendum vote was clear, it was legitimate, it was the biggest vote for change this country has ever known. Brexit means Brexit and we are going to make a success of it.” Nella scelta tra dare priorità all’avere accesso al mercato unico e, viceversa, al controllo sull’immigrazione (una scelta obbligata tra i due è sempre stata presentata come inevitabile dall’Unione Europea, fatto che non potrà essere solo un’affermazione negoziale o di facciata), l’orientamento è sempre sembrato quello di privilegiare il poter limitare a piacimento la libera circolazione delle persone. Un’impressione che riceve ora delle conferme e che avvicina ulteriormente l’ipotesi che la Brexit sia una ‘hard Brexit’.

LE PRIMARIE DELLA DESTRA FRANCESE – Con la sinistra francese allo sbando (indipendentemente se il candidato sarà Francois Hollande, Arnaud Montebourg o qualcun altro) la partita presidenziale, nella primavera inoltrata del 2017, si giocherà presumibilmente tra il candidato repubblicano e Marine Le Pen. Le primarie per Les Républicains si terranno alla fine di novembre e hanno attratto per ora 14 candidati. I più conosciuti sono Alain Juppé (sindaco di Bordeaux e in precedenza primo ministro nella presidenza Chirac), Nicolas Sarkozy, Bruno Le Maire (precedentemente capo di gabinetto nel governo di Dominique de Villepin) e l’ex primo ministro François Fillon. Secondo i sondaggi, per quello che possono valere molti mesi prima della scadenza elettorale, quello che ha più possibilità di uscire vittorioso da un ballottaggio con la Le Pen è Alain Juppé.

LE CANDIDATURE PER LE ELEZIONI TEDESCHE – Il vero quesito è se Angela Merkel si ricandiderà per un quarto mandato. Fino a qualche mese lo si poteva dare per scontato ma le elezioni amministrative di settembre (in Pomerania prima, a Berlino poi) hanno decretato un chiaro calo nel sostegno alla CDU. Angela appare indebolita al punto da essersi vista costretta a fare autocritica sulla politica di apertura ai rifugiati. Se la sostanza della scelta viene ancora difesa sono state invece apertamente ammesse delle carenze nello spiegare e preparare adeguatamente i tedeschi ad una simile strategia. Il supporto dalla base appare ora un po’ vacillante, specialmente da parte della CSU (la CDU bavarese) che è sempre stata meno allineata sulle politiche favorevoli all’immigrazione. Le dinamiche interne al partito non hanno certo ancora raggiunto un punto di ebollizione ma ci si sta certamente muovendo su un terreno più instabile e non si può dire che ci siano certezze in vista del congresso del partito che a dicembre presumibilmente deciderà le candidature per le politiche dell’autunno 2017. Con la percezione del rischio politico destinata a salire nelle prossime settimane, continuiamo a pensare che questo finale di 2016 possa rappresentare una problematica corsa ad ostacoli per gli asset finanziari (azionario americano, governativi globali, mercati emergenti) che nei mesi passati hanno continuato a salire nonostante fondamentali non sempre così solidi, conclude la nota.

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