Jupiter: bond green, servono nuovi standard di mercato?

RICALIBRARE GLI STANDARD – Il discutibile impatto delle recenti emissioni di obbligazioni green ci porta a pensare che gli standard di mercato potrebbero dover essere ricalibrati, spiega Rhys Petheram, gestore del fondo Jupiter Global Ecology Diversified. Negli ultimi anni, la crescita del mercato dei green bond ha suscitato grandi entusiasmi; tuttavia mi preoccupa il fatto che un’eccessiva attenzione ad incrementare le dimensioni del mercato dei green bond potrebbe comprometterne il carattere etico, portando in ultimo a limitare la capacità di colmare il gap di finanziamenti rivolti agli investimenti sostenibili. A prima vista, il mercato è in piena salute. Le emissioni di titoli green son in crescita e l’anno scorso, secondo Bloomberg, hanno raggiunto circa lo 0,6% delle obbligazioni globali. Pur essendo ancora modesto, il tasso di crescita è stato superiore al 90% nel 2015. Tuttavia, a nostro avviso, il mercato è in ritardo su diversi fronti. Le società emittenti sono troppo poche e non abbastanza diffuse: fatta eccezione per alcune grandi emissioni, le aziende non sono entrate in questo mercato nella stessa misura delle grandi banche di sviluppo sovranazionali. Ad agosto, una nota di Fitch indicava che “la diversificazione è la principale sfida nella gestione di un portafoglio green… dato che il numero degli emittenti è limitato e si concentrano in settori specifici […] come le istituzioni sovranazionali, le utilities e gli enti locali, mentre settori come quello bancario ed energetico, che rappresentano gran parte del più ampio mercato obbligazionario, sono attualmente sottorappresentati”A questo proposito, Mats Andersson (ex ceo del fondo pensione AP4) ha dichiarato in un’intervista sul suo ruolo di responsabile della commissione di studio per la promozione del mercato dei green bond in Svezia: “Molti degli investimenti che oggi hanno sostenuto i green bond sarebbero stati portati avanti in ogni caso”. Dal nostro punto di vista, non solo le due questioni sono collegate, ma sono al centro della sfida che il mercato dei green bond deve affrontare.

UN PROBLEMA DI OFFERTA – Per noi, la radice del problema risiede nell’offerta, spiega Petheram. In nove casi su dieci, parlando negli ultimi anni con imprese che hanno emesso obbligazioni green, abbiamo osservato che i progetti finanziati attraverso questi strumenti – sia che si trattasse di energie rinnovabili, che di infrastrutture idriche, ecc. – sarebbero stati finanziati a prescindere dal fatto di essere green. In molti casi, infatti, essi vengono comunque finanziati: la prassi del mercato obbligazionario green prevede che l’emissione venga destinata ad un progetto o a gruppi di progetti di valore equivalente. Ad esempio, all’inizio di quest’anno l’epocale emissione green da 7,5 miliardi della Francia è stata storica sia per le dimensioni sia per la lunga scadenza, ma anche perché i progetti oggetto di finanziamento erano in gran parte già avviati. Riteniamo che questo sia un aspetto negativo perché, sebbene il rifinanziamento sia una caratteristica tipica dei mercati obbligazionari in generale, gli acquirenti di green bond sono in effetti attratti da essi come mezzo per generare rendimenti e al contempo favorire l’intensificazione degli investimenti in progetti sostenibili, come nel caso di progetti associati all’obiettivo di lotta al cambiamento climatico globale. Se i progetti sono stati già finanziati, gli acquirenti si interrogano naturalmente sull’eventuale impatto dell’investimento e sul fatto che esso sarebbe stato forse maggiore se rivolto altrove. Ciò frena anche i potenziali emittenti corporate, consci di possibili accuse di “green washing”. A nostro avviso, tanto più il mercato delle obbligazioni green sarà associato al finanziamento (o rifinanziamento) di iniziative già avviate, tante meno saranno le imprese che prenderanno in considerazione tale mercato come un incentivo a sviluppare progetti nuovi che altrimenti non avrebbero preso in considerazione. Non sorprende che Toyota – che mentre scrivo sembra si appresti ad emettere il quarto green bond – tenda a sottolineare che i profitti saranno utilizzati per finanziare le vendite in leasing di nuovi veicoli elettrici, piuttosto che rifinanziare i leasing sulle auto già in circolazione. Il finanziamento di nuovi progetti è un principio noto sul mercato come “addizionalità” dei green bond.Una delle modifiche introdotte nella versione 2017 dei Principi sui Green Bond (Green Bond Principles – GBP) è stata l’introduzione di un obiettivo generale che consiste nel “sostenere gli emittenti nella transizione del loro modello di business verso una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale”.  Sebbene l’obiettivo sia piuttosto vago e manchi di quantificare la propria ambizione, è comunque un’aggiunta positiva ai GBP e un punto di riferimento con cui misurarsi.  Per riuscire a raggiungere questo scopo, il mercato e i suoi partecipanti devono spingere verso una maggiore addizionalità.

GUARDANDO AL FUTURO – Riteniamo che si debba trovare un equilibrio tra il tentativo, da un lato, di sviluppare un mercato fiorente e, dall’altro, di scoraggiare e ridurre le emissioni di obbligazioni che siano diverse rispetto ai progetti d’ordinaria amministrazione. Anche se è più facile a dirsi che a farsi, ci sono alcuni elementi chiave che possono essere d’aiuto. In primo luogo, un’attenzione maggiore all’addizionalità dovrebbe far sì che, col tempo, i rifinanziamenti non saranno più visti come appropriati rispetto all’emissione di obbligazioni green. Un passo in avanti per gli emittenti è seguire buone pratiche e chiarire con maggiore trasparenza e precisione la quantità dei proventi destinati alle iniziative esistenti. Ciò riguarda un secondo punto che proponiamo agli emittenti: invece di concentrarsi esclusivamente sul rispetto dei Green Bond Principles – cioè dimostrare che i proventi sono stati tracciati – le società dovrebbero innanzitutto focalizzarsi sulla descrizione della loro strategia complessiva per la sostenibilità, sul loro adeguamento agli obiettivi a lungo termine (come l’obiettivo fissato a Parigi di ridurre di due gradi il surriscaldamento climatico) e, soprattutto, su come l’emissione green in oggetto contribuirà allo scopo. Partendo dal quadro generale si potrà far fronte – come osservato a luglio dalla Commissione Europea – al “dilemma tra […] l’emissione di green bond in linea con le buone pratiche del mercato in materia di trasparenza, ma percepiti come non all’altezza delle loro ambizioni di sostenibilità”. A nostro avviso, ciò contribuirà in definitiva a sviluppare il mercato preservandone l’integrità, portando in evidenza quelle aziende che cercano di finanziare le strategie che contribuiscono a raggiungere obiettivi di sostenibilità complessi piuttosto che aggiungerne di nuove. Siamo lieti di constatare che sottoscrittori come Credit Agricole forniscono agli investitori nuovi parametri di riferimento per contribuire a individuare questa distinzione, sperimentando in modo esaustivo l’addizionalità e allontanando gli investitori da misure discutibili di impatto. Questo costituisce un segnale positivo per gli investitori come noi per due motivi. In primo luogo, aiuta a farci un’idea più chiara sulle holdings del fondo Jupiter Global Ecology Diversified, che ho co-gestito sin dal suo lancio lo scorso anno (includendo tutti i bond, fossero essi etichettati come green o no). In secondo luogo, ci dà buone ragioni per pensare che le sfide che riscontriamo all’interno del mercato dei green bond in questo momento di transizione verso la prossima fase di crescita siano semplicemente sintomatiche delle normali difficoltà di assestamento di un mercato maturo con potenzialità di crescita nel lungo termine, conclude Petheram.

 

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