Robeco: con il QT si accorcia il “miglio verde” delle società zombie Usa

CAMBIAMENTI IN CORSO – Nel settore corporate statunitense è in corso un cambiamento significativo: sono sempre meno società a produrre una percentuale crescente del totale degli utili, fa notare Lukas Daalder, chief investment officer di Robeco Investment Solutions. Nel 1975 era necessario considerare le prime 109 società per raggiugere una quota pari al 50% degli utili, mentre nel 2015 – secondo uno studio degli economisti Kathleen Kahle e René Stulz – per raggiungere questa percentuale erano sufficienti le prime 30. Non si è ancora arrivati alla situazione del “winner-takes-all” (“chi vince prende tutto”), ma ci si sta avvicinando sempre di più. È opinione diffusa che questo trend sia conseguenza dei nuovi modelli di business portati avanti da società come Facebook, Airbnb e Amazon. Per queste aziende basate su una piattaforma, il volume dei clienti è stato dei fattori critici di successo. Visto che il coincidere di domanda e offerta è più efficace sulle piattaforme che presentano il maggior numero di clienti, il principio del winner-takes-all si applica in maniera evidente alle società di internet, piuttosto che a quelle tradizionali. Lo studio, inoltre, dimostra anche come la concentrazione sia in aumento per via dei numerosi processi di fusione e acquisizione, che hanno ridotto il numero di società quotate.

UN TREND PREOCCUPANTE – Indipendentemente dalla causa, questo trend desta alcune preoccupazioni. L’aumento della concentrazione potrebbe portare a condizioni di monopolio, con tutte le conseguenze negative che seguono, tra cui prezzi più alti e una ridotta flessibilità. Questi timori di un mondo controllato da mercati monopolistici non è ovviamente nuova, né sembra particolarmente rilevante allo stato attuale delle cose. Prima di tutto, perché il mondo non è un sistema chiuso e quindi è sempre presente la competizione cinese o europea. Inoltre, le aziende leader di settore, come Apple per gli smartphone, non sono certamente tali grazie a una posizione di monopolio. Esistono infinità di opzioni più economiche sul mercato, e anche un gigante come Apple potrebbe essere punito se dovesse sbagliare il prezzo degli iPhone. Forse il rischio reale è di tutt’altra natura. L’aumento del numero di società che guadagnano di più, sembra sia coinciso con quello delle cosiddette “società zombie”, la cui sopravvivenza dipende interamente dalla disponibilità dei creditori a estendere i finanziamenti in grado di tenerle a galla[1]. In questo caso, a essere a rischio non il potere di imposizione del prezzo tipico dei monopoli, quanto piuttosto il dinamismo produttivo dell’economia nel suo insieme. Secondo uno studio dell’OCSE “una crescita del 3,5% delle società zombie è associata a una riduzione dell’1,2% della produttività del lavoro in generale”. Se questa fosse davvero la principale causa dell’ascesa dei top earners, la soluzione sarebbe semplice: le banche centrali dovrebbero porre fine al periodo di politiche monetarie accomodanti per sradicare queste società zombie. Considerata l’attuale inerzia della crescita, questo potrebbe essere un momento tanto buono quanto un altro per attuare questa manovra, ma molto dipende da come le banche centrali intendono gestire la spinosa questione di un contesto di bassa inflazione riscontrabile in buona parte dell’economia globale.

[1] Secondo la definizione della BIS (Bank for International Settlements), sono così definite le società i cui interessi da pagare sul debito superano i ricavi lordi – prima di interessi e tasse.

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