Beck (Franklin Templeton): “Nell’obbligazionario occorre muoversi oltre il breve periodo”

“In un contesto di crescita economica globale ragionevolmente forte permane il rischio dell’aumento dei tassi d’interesse, ma sembra altrettanto probabile che le banche centrali mantengano il controllo sui mercati obbligazionari globali”.

 Prevedere la direzione dei mercati obbligazionari globali nel 2018 non è facile. Da una parte, con l’economia globale che cresce al ritmo più veloce degli ultimi anni, la diminuzione della capacità in eccesso delle economie più sviluppate dovrebbe far aumentare la domanda di capitale e quindi spingere in alto i tassi d’interesse. Tuttavia, le previsioni degli anni scorsi relative ai tassi in crescita si sono costantemente rivelate premature, principalmente a causa dell’assenza generale di pressioni inflazionistiche, determinando una propensione accomodante nella politica monetaria tra le principali banche centrali. Le percezioni degli investitori circa le intenzioni delle banche centrali, piuttosto che i fondamentali economici rimarranno probabilmente i driver centrali dei mercati obbligazionari.

Ciononostante, pur riconoscendo che uno spostamento verso l’alto nei tassi d’interesse di lungo termine finora si è rivelato elusivo, manteniamo la nostra convinzione che i tassi hanno maggiore potenziale di salire che di scendere. In molti paesi i tassi d’interesse sono rimasti relativamente vicini a minimi storici, e l’estensione della duration che si è verificata nei mercati obbligazionari globali dalla diffusa adozione del quantitative easing delle principali banche centrali ha significativamente incrementato il rischio di tasso di interesse.

 

L’equilibrio delle condizioni economiche potrebbe limitare cambiamenti significativi della politica monetaria

 Analizzando l’economia globale, le prospettive per la crescita appaiono ampiamente positive, con le principali economie destinate a proseguire la loro espansione. La minaccia di deflazione ora sembra remota, eccetto per il Giappone, anche se eventuali cambiamenti economici strutturali di lungo periodo – delle dinamiche demografiche e della concorrenza globale – potrebbero mantenere l’inflazione bassa. Sembra probabile che la crescita negli Stati Uniti rimarrà costante seppur moderata, sostenuta dal consumo interno e dagli investimenti. La nomina di Jerome Powell come prossimo presidente della Federal Reserve ha fornito una certa rassicurazione che il contesto della politica monetaria USA probabilmente non cambierà significativamente nel 2018, anche se diverse altre posizioni chiave alla Fed rimangono aperte ed il tono attuale della politica potrebbe evolversi nell’anno a venire.

Anche l’economia dell’eurozona sta crescendo, dimostrando la performance migliore dalla crisi finanziaria globale di un decennio fa. Riteniamo che questi progressi si manterranno. Ma con pochi segnali di ripresa dell’inflazione, la Banca Centrale Europea rimane impegnata a significativi livelli di quantitative easing fino almeno a settembre 2018, quindi la sua posizione accomodante potrebbe limitare lo spazio per un aumento dei rendimenti delle obbligazioni europee. Tuttavia, gli sviluppi politici – per esempio, una impasse nelle trattative sulla Brexit – potrebbero far aumentare la volatilità nei mercati, e gli investitori dovrebbero essere pronti a trarre vantaggio da tali opportunità.

  

Le incertezze di breve periodo potrebbero risultare in distrazione dai trend di più lungo periodo

La politica fiscale statunitense appare l’area di maggior incertezza dato che l’amministrazione Trump e i Repubblicani del Congresso proseguono con i loro sforzi per approvare la riforma fiscale che include la corporate tax più bassa e il rimpatrio di profitti esteri. Se unito con un approccio più leggero dai regolatori statunitensi, un pacchetto fiscale sostanziale potrebbe aumentare la crescita negli USA, facendo sì che gli investitori in tutto il mondo rivalutino le loro opinioni circa l’inflazione e la politica monetaria. Ma la prospettiva di accordo su tale normativa rimane in certa misura ancora distante e a nostro avviso potrebbe rivelarsi troppo difficile da raggiungere.

Sembra probabile che la geopolitica  – come la penisola coreana che rappresenta un’area di focalizzazione – aumenti  la volatilità nel 2018. Mentre monitoriamo gli sviluppi, la nostra view generale è che è quasi impossibile prezzare il worst case scenario in queste situazioni, e gli investitori obbligazionari dovrebbero focalizzarsi su schemi a più lungo periodo – ed analizzare ad esempio l’evidente insoddisfazione tra gli elettori in molti paesi con lo status quo politico. La causa principale potrebbe essere la diffusa stagnazione degli stipendi nel corso dell’ultimo decennio, anche se la disoccupazione è scesa drasticamente durante lo stesso periodo. Tale opinione populista potrebbe accrescere le pressioni sui governi a rispondere incrementando la spesa pubblica. Quanto queste richieste di risposta fiscale guadagneranno popolarità influenzerà l’andamento dei mercati, in particolare, quello dei Treasury bonds e dei Bund tedeschi che sono stati tradizionalmente visti come i porti più sicuri per gli investitori. Influenzerebbe anche i calcoli delle principali banche centrali, dato che essi cercano di ridurre ulteriormente le misure accomodanti intraprese per controbilanciare gli effetti della crisi finanziaria globale.

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