Columbia Threadneedle: un mondo troppo compiacente nei confronti dell’inflazione?

DIFFICOLTA’ PER GLI ASSET RISCHIOSI – In un mondo in cui una parte significativa dei rendimenti dei titoli di Stato continua a fluttuare in territorio negativo o quasi, in cui il ciclo del credito sembra prossimo al termine e il deprezzamento della sterlina è al centro dell’attenzione, prestiamo sempre maggiore attenzione alle difficoltà che si prospettano per gli asset rischiosi, nota Mark Burgess, chief investment officer EMEA e responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments. Immaginavamo già che la sterlina avrebbe subito forti pressioni a causa della fuga degli investitori globali, ma la valuta britannica si è deprezzata più di quanto gli analisti anticipassero e crediamo che si indebolirà ancora a USD 1,10 il prossimo anno. D’altro canto i mercati, sia azionari che obbligazionari, hanno evidenziato performance migliori del previsto, in gran parte per effetto della prosecuzione del quantitative easing e degli interventi delle banche centrali, sia della Bank of England che della Banca centrale europea.

DUBBI SULLE BANCHE CENTRALI – Tuttavia, come ho indicato lo scorso mese, vi sono crescenti timori che la teoria degli interventi delle banche centrali non sia in linea con la realtà, in quanto gli stimoli monetari in atto potrebbero fare tanto bene quanto male ai mercati, e di certo le misure di stimolo monetario stanno facendo poco per favorire la crescita della produttività. In questo contesto, se l’inflazione dovesse salire, e con essa i tassi d’interesse, potrebbero esservi conseguenze significative per gli asset rischiosi, se si considera fino a che punto un mondo privato di rendimenti è stato costretto a ricercare performance da qualsiasi altra parte, sottolinea Burgess. Le banche centrali hanno chiaramente avvolto in una “comoda coperta” estremamente rassicurante quelle che sembrano attività rischiose molto sopravvalutate; e ciò ha mantenuto alte le valutazioni, aiutandoci ad attraversare uno scenario macroeconomico e geopolitico difficile. Di conseguenza, la gente si è abituata a spiegare in altro modo quello che in termini assoluti e storici sembra essere una chiara sopravvalutazione, se si considera il mercato obbligazionario in qualsiasi periodo. Questa situazione mi sembra relativamente fragile e se a ciò si aggiunge il crescente riconoscimento del fatto che la politica monetaria sta producendo effetti non solo positivi ma anche negativi, unitamente alle tensioni socioeconomiche a livello mondiale, la necessità di una reazione delle autorità di politica fiscale si fa sempre più pressante.

USA, ELEZIONI ALLE PORTE – Negli Stati Uniti le elezioni sono alle porte ed entrambi i partiti sembrano più favorevoli a misure fiscali di quanto non sia avvenuto in passato, ma ciò potrebbe non verificarsi nel breve periodo data la polarizzazione politica in atto, cui si è aggiunta una campagna presidenziale improntata alla divisione che sfocerà probabilmente in un governo diviso, indipendentemente da chi sarà eletto. Il prossimo Autumn Statement potrebbe far emergere la prospettiva di politiche fiscali nel Regno Unito, dove il governo è stato piuttosto critico nei confronti della politica monetaria della Bank of England, mentre Europa e Giappone sono verosimilmente le economie che hanno più bisogno di misure di allentamento fiscale. Dal punto di vista dei mercati obbligazionari, in caso di cambiamento di regime a favore di misure di bilancio ci si aspetta un significativo irripidimento della curva. Pertanto, sebbene il nostro scenario di riferimento sia il mantenimento dello status quo e anche se continuiamo ad aspettarci una bassa inflazione, una crescita modesta e tassi d’interesse ridotti, siamo consapevoli del fatto che, qualora la crescita dovesse accelerare per effetto di maggiori stimoli fiscali, con conseguenti difficoltà per il reddito fisso, e le attuali valutazioni delle attività rischiose dovessero essere messe in discussione, potremmo assistere a turbative sui mercati. Ciò dipende in definitiva dall’aumento dei rendimenti obbligazionari, dal ritmo di tale incremento e dal livello finale su cui si attesteranno i tassi, ma lo scenario peggiore sarebbe che gli asset rischiosi venissero investiti dalle turbolenze nei prossimi sei mesi, spiega Burgess. Un aumento significativo dell’inflazione è un fattore che potrebbe mettere in discussione lo status quo, pertanto le nostre riflessioni si sono incentrate sulla possibilità che il mondo stia diventando eccessivamente compiacente nei confronti dell’inflazione. Nel Regno Unito, le spinte inflazionistiche legate al calo della sterlina stanno indubbiamente penalizzando i fornitori e si stanno trasmettendo ai distributori; inoltre abbiamo già osservato che a settembre l’inflazione ha superato le aspettative degli analisti. Negli Stati Uniti, sono presenti moderate pressioni “stagflazionistiche”, con una crescita stabile o in rallentamento e l’accumularsi di spinte sui prezzi derivanti sia dall’aumento dei costi del lavoro sia da marcati effetti base che potrebbero tradursi in un raddoppio dell’inflazione al consumo complessiva al 2% entro fine anno. Ciò potrebbe spingere la Fed ad avere il coraggio di innalzare i tassi a dicembre, cosa che farebbe probabilmente aumentare la volatilità di tutti gli asset rischiosi.

CAUTELA SULLE AZIONI – In questo contesto rimaniamo neutrali e cauti nei confronti delle azioni. Ciò detto, abbiamo individuato sacche di opportunità, in particolare nelle azioni dei mercati emergenti asiatici. In questa regione, ravvisiamo prospettive di crescita migliori e più stabili, in quanto la maggior parte delle economie emergenti si è adeguata a un rallentamento del commercio, vi sono margini per interventi monetari e fiscali a livello locale, i timori per la Cina si sono ridotti e gli afflussi di capitali stanno aumentando. Particolarmente importante è il fatto che le valutazioni siano interessanti, con gli utili favoriti dai fattori descritti sopra e previsioni sui ricavi in aumento nel 60% dei paesi in Asia. Ravvisiamo quindi opportunità tra le società emergenti asiatiche a più alto rendimento e in più rapida espansione, pur prestando attenzione ai rischi connessi a un eventuale rialzo dei tassi d’interesse USA e all’impatto del dollaro statunitense. Questo è il mio ultimo aggiornamento prima delle elezioni negli Stati Uniti, e quale che sia l’esito del voto, la storia ci ha mostrato che vi è in genere una breve e violenta correzione delle azioni per un breve periodo di tempo quando viene eletto un nuovo presidente e poi il mercato ritorna allo status quo. Tuttavia, quello che è forse preoccupante è che i mercati e la volatilità non sembrano scontare affatto una vittoria di Trump, che potrebbe quindi rappresentare un rischio qualora questo evento inatteso dovesse verificarsi.

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