Carmignac: Trumponomics e protezionismo, le chiavi del 2017

TRUMPONOMICS AL CENTRO – Dopo la conclusione di un anno difficile, ora i mercati (e non solo loro) sono concentrati sulla cosiddetta Trumponomics. Tutti a chiedersi, in altre parole, se il neo presidente degli Usa Donald Trump potrà davvero essere un fattore positivo per l’espansione economica Usa e mondiale, oltre che per gli utili societari, creando quindi un ambiente favorevole per le azioni. «Negli Stati Uniti gli utili sono in miglioramento, principalmente sulla scia del rialzo del prezzo del petrolio e del dollaro, otre che sulla fiducia in aumento dei consumatori. Se il presidente Trump riuscirà a mantenere interamente le promesse sulle imposte e la spesa pubblica, oltre a trovare un approccio costruttivo sul piano del commercio internazionale, non c’è motivo per cui il rally in corso non debba continuare», afferma da Parigi Frédéric Leroux, global manager di Carmignac Gestion, raggiunto in occasione del consueto Quarterly Meeting di inizio anno.  E aggiunge: «a giudicare dalla recente impennata della fiducia delle piccole imprese rilevata dai dati, Trump ha avuto un effetto incoraggiante sul mondo imprenditoriale e, finché persisterà questo clima, i mercati continueranno ad andare bene. Ma questo è un ragionamento di breve termine ed è ancora tutto da vedere». Precisa: «veniamo da dieci anni di bassa crescita, pressioni deflazionistiche. Ora si sta ritrovando la ciclicità economica, ci sarà meno politica monetaria e più politica fiscale. Questo è il contesto dove dobbiamo operare».

IL PROTEZIONISMO FA PAURA – Se da un lato Trump promette tagli di imposta, dall’altro non manca di menzionare i dazi commerciali. Gli occhi infatti sono puntati sulla Bat o Border Adjustment Tax (normativa per la tassazione differenziale sul reddito fra importazioni ed esportazioni). «Tutta questa incertezza non è positiva per il settore produttivo dei mercati emergenti e qualsiasi aumento del protezionismo legato a Trump può danneggiare gravemente le società che hanno catene logistiche globali. Si spera quindi in una politica di bilancio espansiva negli Usa e nella politica monetaria di Europa e Giappone. Il QE fuori dagli Usa contribuirà a tenere a freno i tassi, assicurando un ambiente ragionevolmente favorevole di basso costo del denaro e crescita».

L’ECONOMIA TORNA A ESSERE LEGGIBILE – Aggiunge Leroux: «la crescita, comunque, potrebbe alimentarsi dall’inflazione attesa che in America si sta facendo sentire sotto forma di pressione salariale, data anche dalla strategia di una bassa qualità del lavoro. E di certo l’indice dei prezzi al consumo è destinato ad aumentare. L’economia torna a essere leggibile e ha una sua dinamica. Non sono più le banche centrali a decidere tutto». Una crescita con un po’ di inflazione è l’unico modo di rilanciare il ciclo. L’inflazione inoltre può ridurre e mitigare le mosse della Fed che prima, non appena vedeva un po’ di debolezza, interveniva.

È ORA CHE L’AZIONARIO EUROPEO ESCA DALL’OMBRA – Secondo la banca d’investimento parigina  le prospettive economiche sono più incoraggianti rispetto agli ultimi due anni. Il tasso di cambio dell’euro è competitivo e nel prossimo futuro la politica monetaria dovrebbe mantenersi accomodante, anche tenendo conto della modesta riduzione delle iniezioni di liquidità della Bce nella seconda metà dell’anno. Il rischio di ulteriori sconvolgimenti politici è basso, quantomeno nel breve periodo. Si prevede una crescita a due cifre degli utili societari dopo la performance quasi piatta del 2016 e le valutazioni sono ancora allettanti. «L’economia europea dovrebbe migliorare, con la locomotiva tedesca a fare da traino, anche se al di là dell’Atlantico non lo credono molto possibile e sono piuttosto timidi sul fronte dell’investire nell’Eurozona a causa di da Brexit e di prospettive politiche molto complicate», ha detto senza mezzi termini il padrone di casa Edouard Carmignac. Sta di fatto che la casa intravede dei driver di performance. Tra questi ci sono le risorse naturali, i finanziari, l’industria del cemento, le compagnie aeree. Vale la pena, inoltre, puntare sui titoli più visibili in tema di tecnologia, Millenials e longevity. A cominciare da Facebook, Amazon e Tencent. La società vede positivamente qualche mercato emergente tra Russia, Brasile e Messico. Mentre come copertura dei rischi ci sono oro, posizione short su US T-note e short su yuan. In Giappone, infine, c’è il supporto di una valuta debole che tale dovrebbe restare, proprio nella speranza di ridare slancio all’inflazione. Yen ed euro dovrebbero rimanere deboli finché il dollaro non invertirà la rotta.

SI’ AL DEBITO SUBORDINATO DELLE BANCHE – All’inizio del 2017 le asset class più rischiose potrebbero risentire di un’ondata di vendite. Si prevede una riduzione degli stimoli delle autorità monetarie (programmi di acquisto di bond delle cinque principali banche centrali) da 1.700 miliardi di dollari nel 2016 a 800 miliardi nel corso del 2017. «La decelerazione dei prestiti da parte delle banche commerciali nelle principali economie pesa sulle condizioni creditizie. Il mercato del credito oggi è molto vulnerabile al rialzo dell’inflazione», afferma Rose Ouahba, responsabile del team fixed income. «Le banche europee restano il settore che beneficia a lungo termine di un processo di deindebitamento. Abbiamo una preferenza per il debito subordinato bancario e per i coco bond che possono offrire rendimenti interessanti soprattutto in momenti di incertezza politica», conclude.

LE PERFORMANCE DEL 2016 – In Carmignac il 2016 non è stato un anno particolarmente brillante per il segmento azionario: «il settore delle materie prime, uno dei responsabili di una certo buon andamento dei portafogli, non è stato cavalcato abbastanza. Avremmo potuto fare di meglio Del resto,l’anno è stato estremamente volatile e la velocità dei movimenti non ci ha fatto partecipare abbastanza ai rialzi», ha commentato Charles Zerah, fund manager global bonds. Mentre il mondo fixed income è andato piuttosto bene, a cominciare dal fondo Carmignac Portfolio Global Bond che ha chiuso l’anno a +9,46%. E il Carmignac Securitè a +2,07%. Conclude Didier Saint Georges: «mai come oggi bisogna gestire il rischio e concentrarsi più sulle dinamiche economiche più che sulla politica». Il gruppo oggi conta su 56 miliardi di euro di masse in gestione, 280 assunti, 18 strategie di investimento (27 fondi) e con una presenza in 14 paesi. Al momento, il 41,4% degli asset sono investiti in azioni mentre il 58,6% in obbligazioni. Di questa percentuale, il 12,6% è cash.

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