Hedge Fund: causa o vittime della crisi?

Nel momento in cui, nel settembre 2008, la Presidente della Camera dei Rappresentanti americana Nancy Pelosi ha dichiarato che “la festa è finita”, a Wall Street si è aperta di fatto la caccia agli stregoni del mondo della finanza.

Trovare i colpevoli della crisi ha delle virtù ben più tranquillizzanti che cercarne le cause. L’eccessiva leva, la mancanza di trasparenza, l’assenza di regolamentazioni e una frode colossale come ciliegina sulla torta sono i giusti ingredienti per attribuire ai gestori di hedge fund la paternità della crisi.

Ma chi è il vero responsabile?

All’origine, la cultura dell’imprenditore…Il primo fondo alternativo fu lanciato da un giornalista. Siamo nel 1949. Alfred Winslow-Jones (a destra) prepara un reportage sui grandi gestori di Wall Street e non sembra molto impressionato dalle loro affermazioni, soprattutto quando ammettono di basarsi sui risultati degli incontri di football tra le università di Yale e Harvard per prevedere l’andamento dell’indice Dow Jones.

Il nostro Jones opta per l’umiltà: sprovvisto di sfera di cristallo o dell’ovale in cuoio adatti a disegnare la curva futura dell’omonimo indice, il giornalistagestore, in compenso, si stima in grado di poter identificare delle società il cui corso in borsa sia sottovalutato.

Fin li, niente di molto originale. Al contrario, diventa veramente innovatore nel momento in cui decide di sfruttare le sue analisi vendendo allo scoperto quelle società che risultavano sopravvalutate. Alla sua fortuna di 40.000 dollari aggiunge un importo equivalente raccolto attraverso i suoi parenti, per lanciare il primo fondo longshort.

Conoscerà un successo fenomenale e diventerà quel famoso Jones “that nobody can keep up with” (con cui nessuno riesce a stare al passo), allusione al fatto che riusciva sempre a registrare i migliori rendimenti sul mercato.

Oltre all’intuizione di combinare questi due strumenti potenzialmente rischiosi che sono la vendita allo scoperto e la leva per creare una strategia caratterizzata da una scarsa volatilità, Alfred Jones ha il grande merito di nutrirsi della stessa pietanza che serve ai propri clienti. Ossia impegna interamente la propria fortuna nella gestione che propone a
terzi. L’allineamento degli interessi del gestore del fondo con quelli dei suoi clienti diventa il simbolo della gestione alternativa e il principale elemento di differenziazione rispetto alla gestione tradizionale.

Performance deludenti?

Le performance dei gestori alternativi sono state deludenti dall’inizio della crisi? I mercati azionari lo sono stati ben di più, come testimonia il grafico che paragona l’indice degli alternativi CS/Tremont all’indice azionario mondiale MSCI World negli ultimi tre anni. Si può constatare come le due curve siano evolute di pari passo durante la fase rialzista fino all’agosto 2007, e che il calo che è seguito è stato molto meno pronunciato per la gestione alternativa che per quella tradizionale.

Ad ogni modo, non è stata tanto la performance degli hedge fund a porre il problema durante questa crisi, quanto piuttosto l’ondata di riscatti forzati effettuati dalle banche d’investimento preoccupate di ridurre la propria leva (spesso di gran lunga superiore a quella degli alternativi) e dei clienti finali avidi di liquidità. Questo doppio “effetto imbuto” ha reso necessario il ricorso a uscite a scaglioni per meglio canalizzare l’uscita dei clienti ed evitare che ciò penalizzasse coloro che rimanevano investiti.

A priori, potremmo pensare che le strategie alternative meno performanti siano state quelle che hanno subito, durante la crisi, il maggior numero di riscatti. Non è affatto vero. Ad esempio le strategie CTA hanno registrato in media una performance del 16% nel 2008, ma questo risultato eccezionale non le ha tuttavia messe al riparo da un flusso di
riscatti comparabile a quello che ha sommerso le strategie azionarie long-only, che hanno perso il 30% in quello stesso periodo.

Paradossalmente è la liquidità elevata delle strategie CTA a penalizzarle, nel momento in cui i gestori di fondi di fondi alternativi si sono visti costretti ad aumentare la parte liquida per far fronte alle domande di rimborso dei loro clienti.
Prima della crisi, alcuni pensavano che i gestori alternativi avrebbero provocato una crisi bancaria sistemica dovuta all’amplificazione delle perdite, risultato di una leva eccessiva. E’ successo esattamente il contrario: l’obbligo per le banche d’investimento di ridurre drasticamente la leva in seguito alle perdite in cui sono incorse a causa dei subprime, ha provocato una crisi nell’industria degli hedge fund legata all’esaurimento dei finanziamenti delle loro strategie. Gli hedge fund sono stati molto più le vittime che la causa della crisi finanziaria.

Il futuro rimane promettente

L’industria della gestione alternativa al momento sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione che ha tutta l’aria di un processo darwiniano a cui solo i gestori più solidi potranno resistere. La gestione alternativa ha subito uno sfalsamento tra la liquidità degli investimenti sottostanti e quella offerta ai clienti. In futuro, lo scarto non esisterà più:
l’industria tornerà ad adottare strategie più liquide come long-short, macro e CTA.

Altre strategie, come le distressed securities, saranno accessibili attraverso dei prodotti in cui la liquidità sarà adeguata a quella dei sottostanti, sull’esempio di quanto offre oggi l’altro grande timone dell’industria alternativa, il private equity.
Alla fine, la liquidità di un investimento è rappresentata dalla fiducia che l’acquirente ripone nella propria capacità di rivendere lo strumento in questione. Come dimostra la bolla che tutti noi abbiamo conosciuto con il nome di subprime, questa certezza può svanire in un lasso di tempo record. Le banche d’investimento sono state, per la maggior parte, salvate dalle banche centrali.

I gestori di hedge fund non hanno avuto questa possibilità e hanno dovuto realizzare perdite importanti, ovvero fatali per la loro esistenza in seguito all’interruzione dei finanziamenti da parte delle banche di investimento e dei rimborsi ai loro clienti. Crediamo che il ritorno progressivo della fiducia sui mercati finanziari e la maggiore liquidità dei prodotti permetterà ai fondi pensione di valutare al meglio il rapporto rischio/rendimento che risulta incontestabilmente migliore per la gestione alternativa rispetto a certe asset class tradizionali come le azioni.

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