“Delisting? No, grazie Più forti con lo scudo”

Julia Giavi Langosco

…vola in British Columbia. A prestare supporto diplomatico alla rappresentanza italiana ai giochi invernali per tutta la durata della competizione olimpica. Nattino senior sa di potersi permettere la full immersion sportiva. C’è chi presidia palazzo Altieri, sede romana della banca. Dal maggio scorso il figlio Arturo è salito di un altro gradino nella linea di comando, passando dal ruolo di direttore generale a quello di amministratore delegato.  Passi misurati nell’acquisto, tempestività nella vendita, applicando queste regole Arturo è riuscito non solo a consolidare i rapporti tradizionali con il governatorato che sovrintende sulla finanza vaticana e con le floride Scottish Widows, le vedove scozzesi, il cui fondo previdenziale fa gola a tutti i gestori, ma si è guadagnato una posizione di interlocutore bancario primario del ministero dell’economia nelle grandi operazioni di securitisation e più in generale nella finanza immobiliare. Gli anni del grande slam con il Tesoro sono stati il 2006 e il 2007. Poi gli analisti, in particolare quelli di Banca Aletti, che copre il titolo BFE, quotato allo Star, hanno prefigurato per Banca Finnat una fase più difensiva. Addirittura qualcuno arriva oggi a ipotizzare il delisting del titolo. Arturo Nattino ha le sue idee.

Remi in barca? Con meno business dal Tesoro uscirete dallo Star?
Sgombriamo subito il campo. Di delisting non se parla proprio. Di acquisto azioni proprie, sì. Comunque il 2009 e ancora il 2010 sono anni di investimento nel core business. Noi siamo focalizzati sui grandi patrimoni, che siamo in grado di gestire a 360 gradi, dall’attività bancaria, al private banking, alla finanza aziendale, ai beni immobili. È questo che ci differenzia dalle banche commerciali. Il nostro è un servizio completo, ma con un target di mercato ben identificato nella fascia alta.

Tornate più sul private banking dunque.
Non si tratta di un ritorno. Si tratta della valorizzazione di nuove opportunità. Negli anno ‘90 il 70% del nostro lavoro era pura intermediazione. Poi è intervenuta la diversificazione con la gestione dei grandi patrimoni, l’advisory, la finanza corporate.

Parlando di opportunità si riferisce allo scudo fiscale?
Ne abbiamo effettivamente un buon riscontro. Già dalla prima fase i nostri comparti e in particolare l’attività fiduciaria hanno registrato un afflusso di 500 milioni. Ma lo scudo in seconda battuta alimenta anche la finanza aziendale in cui noi siamo attivi.

Il prolungamento dei termini serve davvero?
Per le banche è particolarmente importante perché le procedure burocratiche sono risultate complesse e molte operazioni non si sono potute concludere entro il 15 dicembre per questa ragione.

Nella seconda parte del 2009 avete guadagnato soprattutto con le commissioni. Ma veniamo alla finanza immobiliare che vi ha creato un alone da “fornitori della real casa”, intendendo per tale il ministero retto da Giulio Tremonti. Forse che l’attività alimentata dal comparto pubblico si sta esaurendo?
Tutt’altro. Intendo piuttosto dire che proprio in forza di alcune iniziative di governo si sta allargando il ventaglio delle opportunità per operatori come noi. L’attività di finanza immobiliare legata alle grandi dismissioni per noi è incominciata nel 2001…

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