Fondi promossi

…vuoi per le strette del mercato, vuoi per le correzioni che la manovra ha apportato, comunque sia il settore sembra non avere più lo sprint di un tempo. A confermarlo è anche un recente studio condotto da Nomisma che mette in evidenza come nell’ultimo anno sono proseguite le difficoltà soprattutto dell’industria dei fondi quotati, che non è stata in grado di ridurre lo sconto rispetto al NAV, nota dolente del segmento. Infatti nei primi mesi dell’anno tale sconto si era in parte attenuato, ma il recupero ha ricominciato a prendere piede tra aprile e maggio di quest’anno. E’ da evidenziare comunque come nota lo studio di Nomisma che le società di gestione nonostante le difficoltà congiunturali non si sono tirate indietro e hanno continuato a distribuire dividendi e rimborsi anche nella prima parte del 2010 per un totale di 33,35 euro per quota contro i 48,5 euro circa per quota del 2009.
Dal punto di vista dei risultati in particolare delle performance, l’industria può essere promossa, in quanto la performance media dei fondi testimonia la capacità di quest’ultimi di tenere il settore rispetto alla crisi. Già nella prima parte del 2009 alcuni fondi evidenziavano una timida ripresa nonostante la lieve flessione della performance (-0,2%) e soprattutto dimostravano uan maggior tenuta rispetto a quelli inglesi che segnavano perdite pari a circa il 15% e quelli europei che si attestavano a -9%. Anche se nella seconda parte dell’anno l’industria italiana non ha dimostrato la stessa dinamicità degli altri mercati nel recuperare terreno e mettere a segno performance a due cifre.
Secondo il rapporto di Nomisma tale incapacità è legata ancora una volta alla minore volatilità del sottostante dei fondi italiani che in momenti di difficoltà, è vero che è stato in grado di attenuare le perdite, ma dall’altra parte, non ha consentito la spinta delle performance oltre una certa soglia.
Che sia un difetto dell’asset allocation dei fondi? Non sembrerebbe. Infatti andando ad analizzare il portafoglio medio dei fondi italiani si scopre che la quota di investimenti nelle attività commerciali continua ad aumentare, essendo passata dal 17 al 19,1%, così come quella in segmenti come il turistico (da 4,6 a 5,1%) o quello direzionale (fermo al 51% circa). Un approccio sicuramente più conservativo rispetto a quello dei fondi europei, ma solo in parte più penalizzante. E se nel confronto con i prodotti esteri i fondi italiani possono essere accusati di eccessiva cautela, di certo sono promossi nel confronto come l’altra forma di investimento immobiliare: ossia i titoli delle società quotate. Il settore delle quotate a Piazza Affari continua ad essere poco appetibile, soprattutto a causa della scarsa disponibilità di veicoli, oltre che la contenuta capitalizzazione del comparto.

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