Torna la voglia alternativa

Secondo la IX Indagine globale sugli investimenti alternativi, pubblicata da Russell Investments, gli investitori istituzionali di tutto il mondo, tra cui fondi pensione, associazioni caritative, fondazioni e compagnie di assicurazioni, prevedono un rinnovato ricorso agli investimenti alternativi, nonostante le tensioni di mercato registrate nel 2008 e nel 2009.
In particolare, secondo l’indagine, gli investitori istituzionali prevedono per i prossimi 2-3 anni (in media) un aumento di un terzo (da 14% al 19%) della loro allocazione in strumenti alternativi. Il settore immobiliare, il private equity e gli hedge fund rimangono dunque le tipologie di strumenti preferiti, ma si prevede che le materie prime e le infrastrutture registrino sensibili aumenti, pur partendo da percentuali attualmente molto basse. L’indagine ha permesso di rilevare che gli investitori istituzionali hanno aumentato i requisiti per alcuni aspetti come la liquidità e la trasparenza. Ben l’84% degli intervistati ha modificato l’approccio alla gestione del rischio, o intende procedere in tal senso, e quasi due terzi stanno aumentando il grado di sofisticazione delle procedure di governance e dei processi decisionali interni.
Contemporaneamente è aumentata la loro consapevolezza del ruolo giocato dagli investimenti alternativi nella diversificazione del portafoglio e nella gestione del rischio. Più in dettaglio gli hedge fund, come sottolineano anche gli esperti di Credit Suisse, non hanno risentito in maniera devastante la crisi. Dopo un 2009 positivo, periodo in cui i rendimenti si attestavano in media al 18,6%, nella prima metà del 2010 i rendimenti medi si sono attestati intorno allo 0,6%, una valore piuttosto basso ma pur sempre positivo. Secondo l’indice realizzato dalla banca svizzera con Dow Jones, sui primi sei mesi dell’anno quattro hanno realizzato risultati positivi. L’andamento comunque positivo del settore è stato reso possibile dalle politiche protezionistiche dei gestori che con l’arrivo della crisi hanno preferito ridurre il rischio presente all’interno dei loro portafogli. Come messo in evidemza da Credit Suisse, all’interno dell’industria degli hedge fund la maggior parte dei settori ha generato risultati soddisfacenti.
È il caso dei fondi speculativi di tipo Fixed Income Arbitrage che hanno realizzato ritorni medi del 5,5%. Bene anche i Global Macro (+4,2%) e gli “hedge” Event Driven a +1,8%. Ci sono però anche settori che invece sono stati caratterizzati dal segno meno come il Long/Short Equity e gli Emerging Markets. Anche se i risultati sono in calo (ma pur sempre positivi), quello che fa ben sperare gli addetti ai lavori è la caratteristica degli hedge fund di recuperare velocemente. Alla fine del 2009, secondo quanto spiega Credit Suisse, il settore dei fondi speculativi aveva recuperato il 76,7% delle perdite del 2008. Rispetto a due anni fa, la quota è ancora aumentata nei primi sei mesi del 2010. Ora è stato recuperato circa l’80% di quanto perso in precedenza. Per capire quanto gli hedge abbiano sentito meno la crisi, basti pensare che il mercato azionario, dal 2008, ha riacquistato solo il 31,9% delle perdite. Inoltre, a pesare sull’industria degli hedge fund c’è stata l’attesa per l’approvazione delle nuove regole sui fondi speculativi. Martedì 19 ottobre, dopo settimane di negoziati, Didier Reynders, ministro delle Finanze belga e presidente di turno dell’Ue, ha annunciato che un accordo è stato trovato. Dopo aver spiegato l’importanza della direttiva, che coinvolge attori attraverso i quali passa «oltre il 50% delle transazioni sui mercati finanziari», e dopo aver ricordato che, finora, i fondi speculativi «non erano oggetto di alcuna sorveglianza specifica, essendo falliti tutti i tentativi precedenti», il commissario europeo Michel Barnier ha ribadito che il testo di direttiva su cui si è raggiunta l’intesa a Lussemburgo prevede «regole nuove e robuste» per «rafforzare la trasparenza e la gestione dei rischi». Sulla questione del passaporto europeo, su cui si è incentrato lo scontro tra Francia, capofila della “linea dura” contro i fondi speculativi, e Gran Bretagna, sede dell’80% degli hedge funds europei, il commissario ha spiegato inoltre che l’accordo prevede una licenza per i fondi ed i gestori dei Paesi terzi, secondo quelle che erano state le proposte dell’esecutivo Ue. «E gli elementi essenziali» del lavoro della Commissione sono stati mantenuti, ha rivendicato Barnier: «una copertura molto ampia, regole solide, un’accresciuta trasparenza, una migliore protezione degli investitori. Questo accordo», ha concluso, «se sarà confermato dal Parlamento, sarà la base di una regolamentazione efficace ed intelligente per i gestori dei fondi alternativi».

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